Uncategorized

Ecco la fabbrica di Nichi…..

ricatto salute-lavoro

ricatto salute-lavoroPassate le primarie del PD che vedevano coinvolto Vendola come candidato della “sinistra”, sono arrivati gli arresti per la famiglia Riva, ovvero per i padri-padroni dell’Ilva. Proprio il leader carismatico di una nuova sinistra riformista, servile e anti-operaria è rimasto però invischiato nell’inchiesta che ha portato la magistratura a sequestrare l’area a caldo dell’Ilva di Taranto e a procedere ieri agli arresti.
Oltre al governatore della regione Puglia emergono dalle carte i nomi di agenti di Polizia, del sindaco di Taranto Stèfano (sempre SEL), del presidente della provincia Florido, del parlamentare PD Vico, oltre a giornalisti compiacenti, preti e funzionari del ministero dell’ambiente. Noi ci aggiungiamo anche la CGIL FIOM che ha ricevuto fondi da Riva per anni per la sede di Taranto e che ha firmato accordi capestro per i lavoratori, oltre alle ben note CISL e UIL. Insomma una bella combriccola schierata a guardia del capitale di una famiglia che per decenni ha tenuto in scacco una città per i propri profitti.
Così si spiega come una fabbrica di veleni posta a pochi metri da interi quartieri popolari sia potuta esistere tranquillamente per decenni: chi investe sul territorio ha diritto ad essere intoccabile e ad essere protetto da schiere intere di personaggi pubblici. D’altronde la questione non può essere analizzata come un’anomalia in questo sistema economico-politico, l’asservimento dei politici al capitale non fa che confermarci il loro ruolo di rappresentanti nelle istituzioni della classe borghese. Chi manovra l’economia nazionale può permettersi di utilizzare tutto ciò che è pubblico per il proprio tornaconto economico. Frasi per noi quasi ovvie, ma che non leggiamo su nessun quotidiano oggi in edicola.
Con lo stesso approccio crediamo sia giusto guardare alla questione ambientale, sia per il territorio che per i cittadini Tarantini. Così come è naturale che i politici coprano le schifezze degli industriali in nome della difesa di un economia nazionale che giova solo a loro, viene da se che lo sviluppo capitalistico dell’economia non è compatibile con l’ambiente. Certo Taranto rappresenta un caso estremo, un intera città tenuta al giogo da una famiglia, ma lo stesso problema lo possiamo riscontrare in altri luoghi su tutto il territorio nazionale e oltre. I profitti sono di pochi, le morti sono di tanti. Dentro e fuori i luoghi di lavoro.
L’Ilva è quindi oggi una questione politica, se da una parte non crediamo alla giustizia di questo stato che lascia sempre scampo ai padroni che ci cascano, dall’altro non possono certo essere i lavoratori e i cittadini dei quartieri popolari costretti a subire il sistema Ilva a chiederne la riapertura. La nostra sopravvivenza economica come classe non può passare dai profitti degli industriali, oggi a Taranto e non solo è necessario lottare per il salario garantito a chi è senza lavoro. Il ricatto padronale del lavoro ad ogni costo deve essere rimandato con forza al mittente.
Non esistono soluzioni facili per i lavoratori e i compagni tarantini conosceranno sicuramente meglio le giusta azioni da fare, ma sappiamo che il primo strumento in mano oggi a questi operai é l’unitá con tutti gli altri operai Ilva sul territorio nazionale, a partire da Genova, senza queste connessioni la lotta economica e territoriale non potrá essere sufficiente neanche per una vittoria sul piano economico.
E’ chiaro che non saranno mai le burocrazie sindacali o gli esponenti politici di una sinistra istituzionale ormai totalmente anti operaia a dare lo slancio verso la ricomposizione della classe per il superamento di questo stato di cose, proprio per questo oggi più che mai è dal basso che riceviamo gli esempi più significativi di lotta. A Taranto il comitato cittadini liberi e pensanti, con l’intervento attivo di fasce popolari lavoratrici e non, sta certamente remando nella direzione più corretta seppur difficile.
Declinare nei nostri territori queste modalità, utilizzando gli strumenti che la lotta di classe ci fornisce, è oggi il compito che la fase ci impone senza cedere alle vie opportunistedi chi propone referendum che hanno il solo scopo di lanciare la volata elettorale ai propri partiti (tra cui quello di cui è segretario lo stesso Vendola…) e che con ogni probabilità porteranno ad un arretramento ulteriore dei diritti e dell’unità dei lavoratori. Allo stesso modo dobbiamo rifiutare le chimere riformiste di chi propone la nazionalizzazione delle fabbriche in crisi come soluzione alla crisi. La classe operaia non puó piú seguire l’utopia del salvataggio dell’economia nazionale travolta da una crisi che supera i confini di stato e che colpisce il proletariato a livello globale, il nazionalismo è da sempre teoria avversa agli interessi di chi lavora, la storia contemporanea ce l’ha dimostrato nel secolo scorso con esiti drammatici per le classi subalterne.
Per questo dare un bel calcio nel sedere a tutti i Vendola della situazione e organizzarci per affrontare il sistema di sfruttamento e la crisi collettivamente è l’invito che allarghiamo ai lavoratori e agli abitanti dei quartieri vicini alla nostra sede, che deve essere popolare di fatto non solo nel nome. A partire dall’iniziativa del 13 dicembre che è da intendere come un primo momento di raccoglimento di forze senza intrusioni di politicanti o sindacalisti di comodo.
COLLETTIVO LA SCILORIA
Via Umbria 8, Rho
http://www.lasciloria.noblogs.org/