Da sempre i padroni giocano sulla povertà, sulla precarietà e sulle paure della classe operaia, soprattutto quella immigrata, imponendo salari da fame e condizioni di totale sottomissione, facendo crescere insieme ai loro profitti un settore parassitario (le finte cooperative che imperversano ovunque) il cui unico vero ruolo è stato quello di esercitare il massimo controllo sugli operai stessi per impedirne qualunque forma di opposizione sindacale Grosso modo questa è la storia anche alla Rhiag di Siziano (hinterland di milano-sud), hub di smistamento nazionale di pezzi di ricambio auto destinati a raggiungere concessionarie in tutta Italia. Qua gli operai lavorano da anni a 900€ al mese (1350 se si fanno 11 ore al giorno sabato compreso) senza ferie, 13ma, 14ma, né indennità malattia.
Ma l’onda lunga del movimento dei facchini e della loro organizzazione nei Cobas raggiunge anche questo angolo di periferia producendo un primo sciopero a fine febbraio, con un picchetto sostenuto dagli operai della Dielle, della SDA e della DHL che ha paralizzato la Rhiag per quattro ore
Un duro colpo per l’economia e l’immagine aziendale, ma, soprattutto, per gli assetti politico-sindacali che ne salvaguardano gli interessi e che ruotano intorno alla compagine sindacale para-fascista dell’UGL, con tanto di caporali-rappresentanti sindacali pronti allo scontro fisico (anche se il giorno dello sciopero, manco a dirlo, hanno trovato pane per i loro denti)
Dopo essersi arroccata, insieme ai propri dirigenti sindacali dell’UGL, a difesa dell’ennesimo contratto capestro (uno dei tanti contratti pirata fuori legge), l’azienda decide quindi di passare al contrattacco, licenziando in tronco tutti i 13 iscritti al SI.Cobas promotori della ribellione sindacale per aver…danneggiato gli interessi societari
Una mossa apparentemente forte ma, in realtà, alquanto azzardata, palesemente illegittima e figlia della paura di vedersi rompere le uova (d’oro) nel paniere e di dover rispondere di oltre 8 anni di attività illegali non solo verso i lavoratori ma anche verso lo stesso stato borghese (il lavoro viene in buona parte retribuito con voci che sfuggono alla contribuzione fiscale, e si verificano assunzioni di persone sotto falso-nome)
Ovviamente il SI.Cobas ha già aperto la vertenza legale contro questi licenziamenti palesemente discriminatori, così come si sta promuovendo una causa per il recupero delle differenze retributive maturate dal 2010 ad oggi (parliamo di una media di 5.500€ annui di “estorsione salariale”).
Ma quel che più conta, come sempre, è saper affrontare i nodi politico-sociali che emergono dalla lotta di classe.
Una lotta che, giustamente, non fa distinzioni di colore politico nell’affrontare la classe padronale.
In questo caso però, ci sentiamo in obbligo di rafforzare l’appello alla solidarietà di classe con un accalorato invito a tutti i sinceri anti-fascisti affinché appoggino questa battaglia e rispondano alla chiamata che, nel giro di poco tempo, i licenziati del SI.Cobas faranno per sferrare, proprio davanti a quei cancelli, un duro colpo alla reazione di destra filo-padronale che, tra l’altro, non ha mancato di far giungere precisi segnali di guerra, con minacce dirette a delegati e dirigenti del SI.Cobas.
SI.Cobas
Milano, 13 marzo 2015