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[ITALIA] Dietro il paravento del “codice etico” la COOP nasconde insensibilità e macelleria sociale!

Dietro il paravento del “codice etico” la COOP nasconde insensibilità e macelleria sociale!

La contesa è entrata nel vivo con il licenziamento collettivo di 20 dipendenti del deposito di Rivalta provenienti da Marocco, Algeria, Filippine, Ghana, Senegal, Egitto, India ecc.

Nessuna divisione etnica, culturale o religiosa è stata di ostacolo ad unire le forze ed alzare la bandiera della dignità e dell’orgoglio operaio.

La lotta è difficile perchè le forze in campo sono impari ma i lavoratori hanno dimostrato di avere riserve di energie per continuare lo scontro.

La lotta è iniziata da molti mesi, già all’inizio dell’anno si sono delineati atteggiamenti di forte radicalizzazione con un raid dei caporioni della CLO per impedire volantinaggi con contorno di minacce e intimidazioni.

A marzo, in coincidenza con lo sciopero da noi proclamato per l’8 marzo, si è registrato il primo intervento repressivo delle forze dell’ordine per rimuovere i blocchi, vi furono lanci di lacrimogeni e le prime denunce ai solidali accorsi a dare man forte.

Lo sciopero fu la nostra risposta allo stillicidio di provvedimenti disciplinari, ben 150.

La CLO, che ha in appalto il magazzino di Rivalta, non ha mai riconosciuto la nostra rappresentanza sindacale, senza però limitarsi a questo, ma dando vita ad una serie di misure e atteggiamenti antisindacali.

Abbiamo filmati di caporali che salgono sulle pedane e a gran voce insultano i nostri iscritti.

Un vero e proprio campionario di umiliazioni – questa era la regola.

I nostri lavoratori hanno chiesto il riconoscimento di livelli di qualifica superiori, come è previsto dagli automatismi contrattuali, ma la CLO ha usato questa rivendicazione come strumento di discriminazione: infatti l’avanzamento viene riconosciuto a tutti, ma non ai nostri iscritti.

E’ un chiaro avvertimento agli altri lavoratori a non aderire alla nostra organizzazione.

Seguono convocazioni individuali, e inviti a ritirare l’iscrizione.

Dopo la giornata dell’8 marzo si è aperta una fase di relativa pace e più volte siamo stati convocati, ma questi incontri non hanno mai un carattere di ufficialità.

Man mano diventava chiaro che questo modo di procedere fosse solo una melina per continuare a fare una pressione obliqua finalizzata a scompaginare le nostre file.

A novembre arrivano i licenziamenti di 5 lavoratori.

È solo il preludio al licenziamento collettivo di altri 20 lavoratori messi alla porta in questi giorni.

La motivazione è che hanno scioperato ed effettuato il blocco delle merci.

Nelle intenzioni della CLO questo licenziamento di massa dei lavoratori più combattivi doveva mettere a tacere definitivamente la resistenza dei lavoratori.

Così, non è stato.

I blocchi sono continuati a sorpresa e in considerazione di licenziamenti e minacce di licenziamenti ventilate in altre aziende dell’alessandrino in cui siamo presenti, si è proclamato lo stato d’agitazione per tutta la provincia in vista di scioperi e altre forme di lotta.

Collateralmente all’azione sviluppata ai cancelli, si è iniziato il boicottaggio dei punti vendita del committente, la COOP.

Ci sono stati presidi e irruzione nei centri commerciali di Torino, Genova, Alessandria e in diverse altre città.

Ad Alessandria i lavoratori si sono “accampati” con tende e tappeti presso le casse sin dal mattino.

Si è voluto denunciare in tal modo la COOP per quello che realmente è: la mandante del lavoro sporco appaltato alla CLO.

Dietro il tanto vantato codice etico, che rimbalza in tanti spot pubblicitari, solo insensibilità sociale e repressione per procura.

La natura politica della repressione opera in un contesto di forte sviluppo di tutta l’area che funge da base per la veicolazione di merci per tutte le regioni del nord-ovest.

La filiera della logistica è fittamente connessa con la filiera agro-alimentare e della grande distribuzione.

Confinare queste lotte nell’ “eccezione” della logistica sarebbe riduttivo.

Lo si vede anche in questi giorni con le lotte nelle Marche (a Fermo), in Calabria (a Rosarno), in Puglia (a Foggia), in Campania (a Castelvolturno) che vedono protagonisti, proprio all’interno di questa complessa e ampia filiera, migliaia di lavoratori immigrati e non.

La conflittualità, come spesso accade, è la resistenza all’accentuarsi dello sfruttamento di aziende che per difendere i propri margini di profitto, intaccati dalla crisi e/o ridotti dai propri committenti, ricorrono a forme brutali, insostenibili di spremitura del lavoro.

Vanno giù pesante con la complicità di tutto l’apparato istituzionale che spesso si identifica con quello repressivo.

Ma quando i lavoratori incrociano un sindacato che è un vero sindacato di lotta come il SI Cobas, è inevitabile lo sprigionarsi delle scintille della conflittualità.

Metodo, forme e obiettivi.

Se si potessero risolvere i contrasti con fiorellini e le belle parole, sarebbe un mondo da favola.

Non è così.

Le modalità, i tempi e gli obiettivi ci sono imposti dalle condizioni oggettive che vedono soggetti antagonisti con margini di mediazione molto ristretti.

Recentemente un titolare di una azienda genovese, la New Gel, ha preso a schiaffi un lavoratore, nostro iscritto.

Cosa facciamo: chiamiamo un giudice di pace o scioperiamo?

Se a Rivalta licenziano 25 lavoratori tutti iscritti al SI Cobas, facciamo un appello, una sfilata, una tavola rotonda, un’ennesima assemblea contro i Decreti Sicurezza 1 e 2?

Se i lavoratori decidono di ingaggiare la lotta, noi siamo con loro; se loro sono con noi, organizziamo la lotta.

Solo così bisogni immediati e coscienza di classe possono saldarsi.

La chisura padronale alle rivendicazione avanzate da noi è stata totale.

La lotta si è politicizzata su entrambi i fronti.

Sono piovute denunce e fogli di via, di fascista memoria, che l’alternanza di colore delle compagini di governo ha preservato come attestato di fedeltà al sistema di sfruttamento.

Noi siamo stati costretti a misurarci in questo quadro ricorrendo alle sole misure capaci di mettere in crisi il padrone, colpendolo nei suoi interessi e cioè andando a bloccare la fonte dei profitti, bloccando la movimentazione delle merci.

La coscienza di classe dei padroni ha un solo punto fermo: il profitto.

Noi dobbiamo sviluppare la nostra coscienza con la lotta.

La loro paura è che la resistenza di classe possa essere un virus capace di contagiare tutti gli altri lavoratori.

Va rilevato, è importante, che nessun segno di ostilità è venuto dai lavoratori che non hanno scioperato.

Molti di loro sono solidali, ma sono frenati dal ricatto e dalla paura.

Lo prova il tentativo, miseramente fallito, messo in atto dei caporioni della CLO di assoldare crumiri da lanciare contro gli scioperanti.

Hanno ripiegato nell’arruolare una cinquantina di capetti e lecchini da Milano spesati e deportati con pullman per inscenare un’opposizione, ma costoro sono debitamente rimasti al riparo dei celerini.

C’è stato anche un altro episodio: hanno inscenato una prova di forza venendo all’assalto del picchetto sventolando vessilli aziendali, con i celerini silenti e discosti che lasciavano fare.

La lotta può essere vincente solo se si manifesta una solidarietà concreta, come hanno fatto i lavoratori della IN’s e della GLS di Tortona che sono venuti a dare manforte ai picchetti.

E così pure hanno fatto tanti solidali della sinistra variamente declinata.

Con questi compagni è necessario organizzare una catena di solidarietà tesa a sostenere i boicottaggi nei centri vendita e organizzare eventi per finanziare la cassa di resistenza.

L’antifascismo, l’antirazzismo e l’anticapitalismo, se non vuol essere solo un vago sentimento umanitario, deve abbracciare anzitutto i lavoratori in lotta che provengono dai quattro angoli della terra.

E’ questo il severo test da superare.

Questo abbraccio può generare una forza che nessun decreto-sicurezza è in grado di arretrare.

E’ un movimento reale, piccolo, ma capace di incendiare le praterie su cui scorrazzano i predoni del capitale.

Alessandria, 12.12.2019

Coordinamento SI COBAS Alessandria-Tortona