Pubblichiamo più sotto l’analisi “Come fare una vera patrimoniale in questo Paese” dei compagni del Laboratorio Iskra e disponibile sulla loro pagina social.
Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.
Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.
Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.
Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.
Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.
L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.
S.I. Cobas
Facciamo il punto: come può essere fatta una vera #patrimoniale in questo paese?
Come possiamo veramente andarci a prendere i #soldi lì dove ci sono? Da dove arrivano questi #400miliardi?
Alcune risposte alle più frequenti domande per una discussione necessaria che deve proseguire.
1) Quando parliamo della ricchezza nazionale, intendiamo quella immobile o reale (abitazioni, terreni, auto, oggetti di valore, brevetti, etc.) e quella finanziaria (depositi, contante, riserve assicurative, azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni, titoli di stato).
2) In Italia, in generale (cioè riferendoci a tutta la società, a tutte le classi sociali), la ricchezza immobile è maggiore di quella finanziaria, grosso modo: 65/70 a 35/30. I dati del 2018 (anche quelli successivi avranno come riferimento il 2018) erano i seguenti: circa 7.000 miliardi il valore totale della ricchezza immobile, circa 4.068 miliardi il valore di quella finanziaria.
Attenzione: stiamo parlando solo della ricchezza censita in Italia, dal catasto italiano e dal sistema bancario e assicurativo italiano. Ma, se il 90, o forse il 99%, dei cittadini italiani all’estero non ha nulla, la cosa cambia radicalmente per l’1% più ricco, che ha depositi ovunque nel mondo (anche proprietà immobili, naturalmente, ma forse in prevalenza ricchezza finanziaria), specie nei paradisi fiscali, ma non solo.
3) È difficile sapere precisamente a quanto ammonta questa cifra. Tuttavia abbiamo una stima del Dipartimento per la fiscalità generale e l’unione doganale dell’UE che è, al 2016, di 142 miliardi di euro. Lo stesso Sole 24 ore del 12 ottobre 2019 ritiene che l’importo effettivo “va di gran lunga aumentato” perché la stima dell’UE non comprende gli immobili, le opere d’arte, i contratti di assicurazione sulla vita, e neppure i contanti e le criptovalute. A ciò bisogna aggiungere che, essendo soldi nascosti negli infiniti paradisi fiscali di cui è costellato il mondo, ogni stima, per definizione, è una sotto-stima. Se parliamo di svariate centinaia di miliardi di euro, di dollari, etc., non ci sbagliamo di sicuro: “le cifre elencate nel rapporto – dice l’articolo del Sole – sono soltanto delle cifre minime”. Se lo dicono loro…
4) Cominciando ora a scomporre i dati totali della ricchezza nazionale, va subito notato che più si sale nella “piramide sociale”, più grandeggia la ricchezza finanziaria su quella immobile. Le cifre (ballerine) dicono che il 70%, e forse qualcosa in più, delle famiglie italiane (in totale sono circa 26 milioni), vive in una casa di proprietà, mentre solo il 10% di esse possiede azioni, obbligazioni, quote di fondi di investimento, etc., e non è difficile identificare di quale classe sociale si tratta. Se poi andiamo a vedere quante sono le famiglie italiane che hanno un patrimonio finanziario (dichiarato) superiore a 500.000 euro, scopriamo che sono 630.000, cioè poco più del 2% del totale delle famiglie – se avessero tutte solo 500.000 euro sarebbero 315 miliardi di euro (ma, per fare un solo esempio, Monti ammise di detenere Bot per 10 milioni di euro, e non è certo tra i più ricchi del paese)
5) Va fatta una ulteriore precisazione: quando parliamo della ricchezza nazionale totale, dobbiamo distinguere tra gli attivi e i passivi. Perché se “in alto” calcoliamo solo gli attivi (in linea di massima), più si scende nelle mezze classi e in quelle popolari, più scopriamo anche i passivi (cioè i mutui, i prestiti – non tutti emersi, basta pensare a usurai ecc.). Quindi più scendiamo dal vertice della piramide verso la base, più troviamo famiglie popolari o di piccolo ceto medio che hanno dei risparmi in banca o alla posta, ma sono gravate da mutui e prestiti non indifferenti. Si è sempre parlato, per l’Italia, di “elevata propensione al risparmio”, ma una tale “propensione” è andata sistematicamente calando nel lungo periodo, mentre – per converso – è cresciuto l’indebitamento delle famiglie (l’indebitamento privato) che è arrivato, nel 2017, ad essere pari all’80% del reddito disponibile (che è quella parte del reddito guadagnato in corso d’anno che può essere impiegata nei consumi o destinata al risparmio).
6) Andiamo ora a vedere come si scompone la cifra di 4.068 miliardi di euro citata sopra, la ricchezza finanziaria italiana, o meglio, presente in Italia, al 2018. Biglietti, monete e depositi: 1.390 miliardi; riserve assicurative: 1.000 miliardi; quote fondi comuni: 486 miliardi; azioni: 900 miliardi; obbligazioni: 292 miliardi. Ora, tra queste 5 voci, solo nella prima abbiamo una consistente presenza di famiglie popolari e di ceto medio, nella seconda quasi solo di ceto medio, mentre nelle ultime tre questa presenza si assottiglia ancora (e scompare i più poveri). Dunque volendo attribuire la prima voce 50/50, 50% (classe capitalistica medio/alta), 50% (proletariato e classi medie); la seconda in una proporzione 70/30; le ultime tre a 90/10, abbiamo che la classe capitalistica medio/alta possiede una ricchezza finanziaria pari a 2.200 miliardi – a cui andrebbe aggiunta la gigantesca massa di plusvalore esportata all’estero, molto superiore ai 142 miliardi di euro visti sopra. Tenendoci ai minimi, possiamo concludere per una stima di minima intorno ai 2.500 miliardi di ricchezza finanziaria in possesso della fascia sociale da tosare. Se si considera l’ammontare totale della loro ricchezza (inclusi i beni all’estero) è meno anche del 10%.
7) Noi parliamo, in genere, del 10% più ricco della popolazione, ma è il caso di specificare che se questo 10% si è accaparrato il 40% circa della ricchezza nazionale totale (circa 4.000 miliardi di euro), l’1% ne ha centralizzata nelle proprie mani ben il 25% – quindi il restante 9% ne possiede “solo” il 15%. Per evitare di fare parti uguali tra ladri disuguali, si potrebbe anche graduare la percentuale, ma in ogni caso non manderemmo nessuno sotto i ponti.
8) Come fare “tecnicamente”? Intervenendo sul sistema bancario e assicurativo, e sulle borse con un decreto di emergenza. Oggi, però, bisognerebbe chiedere di bloccare immediatamente ogni trasferimento di capitali all’estero. I pescecani hanno fiutato l’aria che tira e hanno cominciato a fare donazioni, a bloccare la distribuzione dei dividenti delle banche agli azionisti (questa è una richiesta UE), ad auto-ridursi lo stipendio (vedi il caso dei giocatori della Juve).
Non siamo dei tecnici, ma crediamo fortemente che le diseguaglianze economiche sono ad oggi abissali, e che in un periodo di crisi come questo pesano ancor di più sulle spalle di milioni di lavoratori e lavoratrici, disoccupate e disoccupati. I soldi ci sono, ma sono nelle mani di pochi.
Nelle mani di molti c’è l’abbandono, la #precarietà e incertezza per il futuro, spesso anche la fame. Siamo ben consci che gli attuali strumenti normativi non prevedono queste misure, ma le leggi devono adattarsi alle esigenze sociali, e non viceversa.