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[INTERNAZIONALISMO] Lavoratori bielorussi in movimento

Seguiamo con attenzione la situazione bielorussa, in rapida evoluzione, auspicando che il movimento dei lavoratori, entrato con forza nella lotta politica, mantenga una propria indipendenza nel perseguimento degli obiettivi di cambiamento politico e sociale, senza farsi utilizzare dalle varie frazioni borghesi, interne e internazionali, rivali o alleate di Lukashenko.

Riportiamo di seguito un articolo inviatoci da Yurii Colombo, che ci ha inoltre fornito un elenco delle fabbriche e altre aziende dove i lavoratori hanno scioperato nei giorni scorsi.

S.I. Cobas


Lavoratori bielorussi in movimento

1. Ieri 16 agosto la situazione ha fatto un balzo in avanti. E lo ha fatto fare lo sciopero generale massiccio dalle fabbriche alla metrò fino ai musicisti della filarmonica. Non solo i lavoratori hanno scioperato ma hanno fatto spesso assemblee dentro le aziende e nei piazzali. Si va formando sulla base della relazioni umane dentro le aziende una leadership operaia di massa. Ci sono già gli appelli per formare comitati di lavoratori nelle regioni. Stiamo calmi non sono i soviet ma sarebbe un passo importante dove i sindacati indipendenti sono molto fragili e che fino a 3 giorni fa pur denunciando il regime di Lukashenko, invitavano, per paura, i lavoratori a non scioperare.

Per capire cosa ribolle in Bielorussia possiamo fare due esempi. Il 16 agosto doveva esserci una assemblea alla fabbrica di trattori con il capo del governo. E’ durata 5 minuti. Gli operai hanno posto come prima condizione le dimissioni di Lukashenko e il presidente è risalito sulla sua limousine ed è tornato da dove era arrivato. Gli operai, circa 500, hanno formato un corteo e si sono uniti alla gente che marciava verso il centro. I minatori di Soligorsk hanno cacciato via il vice direttore dall’assemblea quando questi ha detto che sì, si sarebbe prodigato per liberare i 7 lavoratori ancora in galera per le manifestazioni (ne erano stati arrestati in tutto 24 negli scorsi giorni) ma che lui non può prendere la posizione come vogliono i lavoratori di far arrestare Lukashenko.

Le altre rivendicazioni dei lavoratori sono quelle di questi giorni a cui si aggiunge che vengano pagati anche questi giorni di sciopero (i minatori sono stati tra i primi a scendere in sciopero già da lunedì. Esistono inoltre piccoli gruppi di estrema sinistra e di sindacalisti che stanno diffondendo volantini con rivendicazioni non solo democratiche ma materiali (no alle privatizzazioni e alla distruzione del misero welfare, aumento dei salari, ecc.) chiare parole d’ordine transitorie e apertamente rivoluzionarie. I sindacati e i partiti di sinistra dovrebbero avere come compito fondamentale sostenere e mettersi in contatto con il nascente movimento operaio e creare forme di dibattito e di organizzazione permanenti.

I rapporti con il movimento delle donne sono ottimi e questo è un ulteriore segnale in un paese dove fino a poco tempo fa dire la parola femminismo era sacrilegio. Non dimentichiamo mai che un grande movimento non è mai solo puramente operaio ma attraversa molti strati e figure sociali con cui ci si deve confrontare

2. Le parole d’ordine per ora sono democratiche ed è giusto che sia cosi: via Lukashenko e la sua banda, nuove elezioni, scioglimento dei famigerati omon, liberazione di tutti i detenuti. Ma si intravede nello sciopero di massa che gli operai non accetteranno tanto supinamente le ricette liberiste di privatizzazioni e taglio dei posti di lavoro. Teniamo presente che l’80% delle fabbriche in Bielorussia è ancora controllato dallo stato e gestito dai “direttori rossi” e questo può garantire un maggiore spazio – per ora – di lavoro sindacale. I candidati “borghesi” alle presumibili prossime elezioni faranno fatica a sostenere tali posizioni. Esiste uno spazio oggettivo per fare quel lavoro che in Polonia per molti motivi non venne fatto nel 1980.

3. Il fatto che il despota ancora resista è un vantaggio relativo. Dà più possibilità alle masse di organizzarsi. Ma è chiaro che anche l’Occidente e la Russia stanno muovendo le loro pedine per indirizzare la crisi a loro vantaggio. La Russia parte svantaggiata perché Putin con uno dei suoi autogol aveva riconosciuto lunedì Lukashenko (assieme alla Cina) ma ha dalla sua il fatto che l’export bielorusso si rivolge soprattutto verso la Russia e i legami storico-culturali. L’Occidente ha più appeal ideologico soprattutto tra i ceti medi ma farà fatica a proporre la sua unica ricetta: licenziamenti e privatizzazioni. Quel poco di sinistra politica e sindacale che c’è in Europa dovrebbe fare un lavoro massiccio verso le masse bielorusse in movimento, abbandonando tutti i ma e se.

Si combatte in campo aperto con i mezzi che si ha. Il fatto positivo è che gli stalinisti sono completamente screditati, anche se la conseguenza è che in ex-Urss pronunciare la parola comunista origina solo repulsione e fraintendimenti.