DAL PALCO DI #CGIL#CISL E #UIL
NON POSSONO PARLARE GLI OPERAI IN SCIOPERO
Abbiamo portato la nostra voce al presidio in Piazza delle Carceri indetto da CGIL, CISL E UIL.
Non siamo scesi in piazza per portare le nostre bandiere, e infatti non ne avevamo.
Siamo scesi in piazza per fare sentire una voce: la voce di chi in questo distretto a perso le dita delle mani, di chi si è bruciato con gli acidi, di chi nei rulli si è schiacciato le mani.
Eravamo in piazza per porre una domanda: quale “sicurezza” sul lavoro può esistere in fabbriche dove si lavora su turni di 12-14 ore al giorno per 7 giorni la settimana?
Quale “sicurezza” può esistere per chi lavora a nero o con contratti truffa come gli “apprendistati” o i finti part-time?
E’ in queste condizioni che migliaia di lavoratori in questo distretto lavorano, e rischiano di morire tutti i giorni.
Siamo sicuri che il problema sia che a questi operai serva “più formazione”?
Sì, perché se oggi piangiamo morti intollerabili, lo vogliamo ripetere, è perché negli ultimi venti anni si è tollerato di tutto facendo scivolare a picco il livello di diritti e sicurezza di chi lavora nel distretto.
A Prato si continuerà a morire come 50 anni fa finchè alle aziende sarà permesso sfruttare come 100 anni fa.
Ci saremmo aspettati di sentire parlare di questo dal palco del Castello.
E invece no.
Dai discorsi dei dirigenti confederali non abbiamo udito una parola su quella realtà di sfruttamento ed illegalità imprenditoriale che tutti i giorni i giornali raccontano nei trafiletti di cronaca dove si da il bollettino dei controlli giornalieri dell’Ispettorato: lavoro nero, turni massacranti, macchinari non a norma.
Abbiamo sentito parlare di questo distretto come “distretto delle eccellenze”.
Come se la morte di Luana e Sabri fosse un piccolo “neo” su un corpo meraviglioso. Insieme a generici ed astratti appelli alla “sicurezza”.
Quando gli operai della Texprint ha chiesto di intervenire dal palco la CGIL ha schierato il servizio d’ordine contro i lavoratori.
Che palco sindacale è quello dove gli operai in sciopero non possono parlare?
La verità è che c’è un distretto di cui nessuno vuole parlare e non vuole che si parli, neanche i sindacati “ufficiali”.
E’ il distretto che dove lavorano migliaia di lavoratori soprattutto migranti che da anni reggono sulle loro spalle la “competitività” delle filiere dell’abbigliamento e del “sistema Prato”.
E’ il distretto dove l’elusione di norme di ogni tipo è “normale”.
E’ il distretto dove gli “apprendistati” come quelli della Texprint e anche di Luana sono solo un modo per risparmiare su stipendi e contributi.
La lotta dei lavoratori Texprint, che da più di 100 giorni continuano il picchetto ai cancelli della fabbrica, dà fastidio per questo.
Perché sta facendo emergere la realtà che si nasconde dietro il “Made in Italy”.
Una realtà scomoda da raccontare?
Più scomoda da vivere per chi ci lavora.
“Piangeremo ancora morti intollerabili se si continuerà a tollerare di tutto”.
E sembra proprio che in molti tra quelli che oggi manifestano cordoglio siano ancora orientati a “tollerare”…
https://www.facebook.com/SiCobasFirenze/videos/462192861512923
S.I. Cobas Prato e Firenze
Come tutti i sabati continua la #scuola di #italiano al presidio permanente davanti ai cancelli della #texprint.
Anche così portiamo avanti la lotta per il riscatto dallo sfruttamento.
Gli operai migranti che lavorano nel distretto pratese spesso non hanno modo di conoscere la lingua del paese in cui vivono. Il motivo è semplice: con turni di 12 ore 7 giorni alla settimana si è condannati ad una “vita” tra le mura della fabbrica.
Lo sfruttamento si alimenta e si sostiene sulle condizioni di subalternità che esso stesso crea: siamo a questi cancelli da 120 giorni per rompere questa gabbia!
S.I. Cobas Prato e Firenze