Riceviamo e pubblichiamo più sotto il contributo “18 maggio, sciopero generale in Palestina, dal fiume al mare!“, già disponibile sul sito della redazione Il Pungolo Rosso (vedi qui).
Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.
Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.
Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.
Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.
Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.
L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.
S.I. Cobas
18 maggio, sciopero generale in Palestina, dal fiume al mare!
Nella giornata di domani è stato convocato uno sciopero generale dei lavoratori palestinesi dell’industria, dei trasporti, in tutta la Palestina storica per rispondere con una grande mobilitazione corale di massa alla nuova sanguinaria aggressione dello stato di Israele alla popolazione di Gaza, dove i feriti si contano già a migliaia e i morti, di ogni età, a centinaia – la spietata censura militare delle tv israeliane magnifica la “precisione” dei colpi della aviazione, mentre oscura la devastazione umana che producono -, e per rispondere ai nuovi affondi della pulizia etnica messa in atto da anni dai governi Netanyahu e dalle bande dei coloni ultra-sionisti, protagonisti a Jaffa e altrove anche di linciaggi a morte di palestinesi e di distruzione dei loro negozi e abitazioni, in stile paranazista.
Ma questo sciopero generale va molto al di là della drammatica contingenza odierna, perché rivendica a gran voce, con la forza di un’azione di massa quale non se ne vedeva una pari da oltre due decenni (e che dovrebbe coinvolgere dentro i confini formali di Israele oltre un milione e mezzo di palestinesi), la totale liberazione della Palestina dal dominio coloniale di Israele. Un obiettivo rivoluzionario che impatta con tutto l’odierno ordine internazionale del capitale, tant’è che non c’è un solo stato nel mondo, uno di numero!, che faccia eco a questa rivendicazione. La mossa di Erdogan di dare dell’assassino a Biden perché complice di Israele (ovviamente l’accusa ci sta), è un gioco troppo sporco per essere credibile, dal momento che le mani di Erdogan sono altrettanto sporche del sangue di quella popolazione oppressa del Medio Oriente, la massa dei curdi senza proprietà e senza nazione, che ha una vicenda storica per molti versi rassomigliante a quella palestinese; per non dire, poi, delle relazioni accortamente dissimulate in altre aree che la Turchia di Erdogan ha con lo stato di Israele (e, tanto per dire, con la Nato).
Sotto la proclamazione di questo sciopero generale, e la fissazione della sua parola d’ordine centrale – From the River to the Sea Palestine will be free –, c’è l’impetuosa sollevazione di queste settimane, molto forte anche dentro Israele (in realtà per noi – anche se siamo gli unici ad affermarlo, poco importa – c’è dietro anche un intero decennio di grandi sollevazioni popolari e proletarie che hanno scosso la Tunisia, l’Egitto, la Siria, il Bahrein, lo Yemen, il Libano, il Sudan, l’Iraq, l’Algeria...).
Un po’ tutti, in Palestina, si sono dichiarati per lo sciopero generale, non potendo fare diversamente: da Fatah alle organizzazioni sindacali, dal complesso dei partiti politici ai comitati popolari e al movimento di sostegno ai prigionieri politici. Ma è evidente che le posizioni di queste componenti sono eterogenee, e che alla vecchia leadership di Fatah, molto screditata proprio per il suo smaccato collaborazionismo con l’occupante, non basterà qualche gesto formale per riaccreditarla davanti alle masse oppresse e sfruttate. E forse non è l’unica rappresentanza ufficiale ad essere sentita lontana da questa nuova generazione proletaria e semi-proletaria in campo, se è vero che essa non fa alcuna ostentazione di simboli religiosi.
Come afferma il comunicato della Rete di solidarietà con i prigionieri politici palestinesi (vedi qui sotto), in fondo sono stati i palestinesi stessi a chiamare lo sciopero, e a fare appello al sostegno internazionale ad esso, internazionalizzando una volta di più, consapevolmente, la loro lotta, la cui valenza internazionale non è mai stata così tangibile, e alta. Qui in Italia l’appello a fare iniziative martedì 18 è pervenuto un po’ in ritardo per riuscire a dar vita a qualcosa di significativo, ma non mancheranno occasioni per manifestare, chi la sente, la solidarietà internazionalista militante per questa nuova, grande sollevazione palestinese.
As Israel is continuing its massacres in Gaza, its attacks in Jerusalem and settler mob violence throughout occupied Palestine from the river to the sea, Palestinians have called for a general strike!
Samidoun Palestinian Prisoner Solidarity Network joins the call of Palestinians in Palestine and across the world for actions and mobilizations in support of the call for a general strike in Palestine on Tuesday, 18 May, and the escalation of organizing and resistance until liberation and return for Palestine.
This call has been supported by the Palestinian prisoners’ movement and popular movements, youth organizations, labor unions, political parties, and other mobilizations from the river to the sea inside occupied Palestine, and the call is expected to grow even further. As Palestinians are united with the #PalestineStrike, Samidoun calls on all labor movements, unions and syndicates around the world to support the Palestine Strike. Please share with us your endorsements, actions and solidarity statements so that we can publicize them widely.
Join in the call to action!
#PalestineStrike from the river to the sea!
The Arab High Follow-Up Committee has declared a general strike and associated demonstrations in Arab communities across Israel on May 18; the strike will reportedly include all businesses and industries except for private education. Furthermore, the committee announced that it will coordinate peaceful protest activities nationwide with the assistance of local municipalities and activists. The purpose of the labor action and protests is to condemn alleged Israeli aggression against the Gaza Strip and East Jerusalem. Members of the High Follow-Up Committee are demanding an end to violence against Arabs, both in the Palestinian Territories and throughout Israel.
Strike-associated demonstrations are possible at popular protest venues, including public squares and near government buildings. Security forces will likely deploy to monitor any protests that may materialize. Clashes between authorities and protesters are possible if demonstrators ignore orders to disperse or are overly disruptive. Heightened security, as well as localized transport and business disruptions, are likely in Arab communities across Israel for the duration of the labor action.