Morti sul lavoro: alcuni dati INAIL
Escono i numeri degli infortuni e dei morti di lavoro, spaventosi come sempre, contabilizzati dall’INAIL: nei primi 4 mesi di quest’anno 47 vittime, uno ogni 72 ore, solo in Lombardia.
L’ultima sabato scorso, un lavoratore deceduto a Rho, durante l’allestimento dei padiglioni per la Fiera del Mobile, visitati da migliaia di persone probabilmente ignare di quanto appena successo.
In generale un aumento del 54% rispetto al 2021.
In Italia le vittime, nel primo bimestre 2022, sono state 114, il 10% in più rispetto all’anno scorso.
Non va meglio per gli infortuni (quelli denunciati): secondo l’INAIL in Lombardia sono 49.531 le denunce, con un incremento del 32,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
A livello nazionale, tra gennaio e febbraio, le denunce sono state 121.994, con un incremento del 50% rispetto al bimestre del 2021.
Una spaventosa normalità, tranne quando le morti avvengono in gruppo e allora conquistano per due o tre giorni l’attenzione di media e politici, che in questi giorni si stanno accapigliando sulla direttiva dell’Unione Europea sul salario minimo che la UE chiede a tutti i paesi di adottare (l’Italia è uno dei 4 paesi dell’Unione che non ha questo istituto): l’ipotesi più gettonata nel nostro paese è quella di 9 euro lordi all’ora, anche se Confindustria, per bocca del solito Bonomi del quale è quasi impossibile capire il reddito, la vuole solo per i lavoratori “fragili” (quelli che hanno patologie preesistenti certificate dalle autorità sanitarie, definizione che risale ad decreto dello scorso agosto in materia di Covid 19).
Domanda: quando avremo la “sicurezza” – e il “diritto umano” – di non morire più sul posto di lavoro?
MAI, perché finchè l’unico vero diritto riconosciuto sarà quello dei padroni a fare profitti, continueremo a morire ogni giorno.
Perché morire sul lavoro non è questione di “cultura” (i lavoratori non avrebbero la cultura della sicurezza come ormai, sindacati collaborazionisti compresi, affermano industriali, professori universitari e fuffa varia) ma di aumento dello sfruttamento, con ritmi e condizioni di lavoro sempre più bestiali e selvagge.
Oggi, come ieri del resto, nessuno rappresenta gli operai e i lavoratori: se non ci auto-organizziamo per difendere la nostra vita e la nostra salute continueremo ad ammalarci e a morire per il profitto di pochi, che guadagnano miliardi sulla nostra pelle e sul nostro sangue e si permettono anche di affermare che 9 euro lordi all’ora sono troppi.
Ecco quanto valgono le nostre vite per i padroni.
Basta lacrime e chiacchiere vuote, ci servono organizzazione e lotta.
Ricordando che “a condizioni di morte non si lavora”.
8 giugno
Centro iniziativa popolare “Tagarelli“