SCIOPERO DI MASSA
Ferme anche le catene di montaggio della tonale.
Lo sciopero degli operai si diffondere a macchia d’olio dalla panda alla tonale fermi tutti gli impianti dalle 15 alle 18 di oggi pomeriggio.
Gli operai stanno lottando con coraggio e tenacia, lo sciopero di massa a pomigliano e chiaro, dimezzare la fatica sulle catene di montaggio, eliminare i sabato di straordinario, basta cassaintegrazione e rotazione di tutti gli operai in Cigs, ripristinare il salario pieno.
Alla Fiom gli operai hanno dato un chiaro mandato.
Gli scioperi sono esclusivamente su queste richieste punto.
Il SI Cobas Stellantis Pomigliano sarà dalla parte degli operai e dello sciopero sempre.
Ora i fatti…
AVANTI FINO ALLA VITTORIA
NB, in queste ore non ci risulta che Fiom abbia fatto comunicati stampa, l’ultimo è di ieri 20 maggio.
Invitiamo la fiom a divulgare alla stampa la magnifica e massiccia adesione del secondo turno di oggi allo sciopero di due ore.
Ad ora non ci risulta.
Il SI COBAS STELLANTIS POMIGLIANO
DICHIARA SCIOPERO PER SABATO 13 MAGGIO
PER TUTTI I TURNI DI LAVORO
COMPRESO IL TURNO DI NOTTE
11 maggio 2023,
SI Cobas Stellantis Pomigliano
Riceviamo e pubblichiamo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso questo contributo, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Forte sciopero operaio alla Stellantis di Pomigliano
contro ritmi di lavoro insopportabili
E’ un piccolo evento in campo operaio. E – indipendentemente dai suoi sviluppi – va registrato con grande soddisfazione, fatto conoscere al più ampio giro possibile, e sostenuto.
Per tre giorni di seguito, e in crescendo, gli operai della Stellantis di Pomigliano d’Arco hanno attuato uno sciopero massiccio sulle linee di produzione della Panda e della Tonale. Ad indirlo è stata la FIOM, tuttora esclusa dai tavoli di contrattazione aziendali, secondo la linea Marchionne. A farlo riuscire in pieno, forse prendendo alla sprovvista gli stessi promotori, sono stati gli operai al colmo di un’esasperazione che si è espressa nella parola d’ordine gridata con rabbia nei cortei interni: “dignità, dignità, dignità”.
Il che significa che nella percezione finalmente lucida di questi proletari, l’azienda, il padrone, si è spinto in questi anni nelle sue pretese schiavistiche fino a calpestare la stessa dignità degli operai con l’imposizione di ritmi sempre più frenetici, con la riduzione ulteriore dei margini di sicurezza, lasciando degradare le condizioni igieniche dello stabilimento (i cessi luridi) pur di ridurre i costi di produzione nel momento in cui, provvisoriamente, il mercato dell’auto sta riprendendosi.
Dietro questa improvvisa esplosione di rabbia operaia c’è una storia lunga decenni di progressivo ridimensionamento degli organici, lunghi periodi di cassa integrazione che hanno fatto precipitare il salario di migliaia di operai al di sotto dei livelli di mera sussistenza obbligandone tanti al lavoro in nero, provocatori spostamenti a Cassino, l’istituzione di un reparto-confino a Nola per i lavoratori più riottosi ai comandi padronali o affetti da patologie prodotte dall’iper-sfruttamento. Per avere un’idea del livello parossistico di questo iper-sfruttamento, basta citare una stima di fonte FIOM: sarebbero oltre 1.000 gli operai della fabbrica di Pomigliano ad avere contratto patologie muscolo-scheletriche, ben più di 1 su 4 (dal momento che nei poco più di 4.000 dipendenti sono inclusi impiegati, dirigenti e altri dipendenti non in produzione).
Una vicenda di lento, inesorabile logoramento oggettivo e soggettivo del tessuto operaio, favorito anche dalla firma di accordi sindacali che è poco definire vergognosi, come quello che prevede il “recupero produttivo obbligatorio” al sabato nel caso di “lavoro non eseguito”. Ma poiché FCA-Stellantis, forte delle infinite sovvenzioni statali per la cassa integrazione, non ha rinunciato a fare profitti a Pomigliano e nei suoi residui stabilimenti italiani, le migliaia di operai rimasti in produzione (lo stabilimento di Pomigliano ha tuttora poco più di 4.100 dipendenti) sono stati sbatacchiati in una brutale dinamica di periodi alternati: fuori dallo stabilimento o al lavoro uno-due giorni a settimana, con 600-700 euro mensili di salario, nei periodi di bassa produzione, salvo poi nei periodi di ripresa, o di forte ripresa, essere richiamati al servizio militare in fabbrica con pretese asfissianti di massimi livelli produttivi e turni 24 ore su 24.
Nel frattempo i sindacati giallissimi pronti a sottoscrivere tutto ciò che il padrone vuole (Fim – Uilm – Fismic – Uglm – Aqcfr), hanno siglato ben tre accordi di “fuoriuscite volontarie e incentivate” senza che siano previsti rimpiazzi – l’ultimo, firmato alla fine di febbraio, accetta la riduzione di ben 445 operai-impiegati (a livello nazionale sono oltre 2.000)! E sempre a Pomigliano si è aggiunta negli ultimi giorni la decisione aziendale di disfarsi, “cedendoli” ad altra azienda, di 28 lavoratori di FCA Services.
La proclamazione dello sciopero da parte della FIOM per giovedì 11 (insieme alla FIM, in questo caso) era, in realtà, per quest’ultima vicenda. Ma già dal pomeriggio di mercoledì 10 è partito lo sciopero al reparto montaggio, che poi si è esteso ieri ed oggi alle intere linee di produzione della Panda e della Tonale.
Con questo sciopero gli operai si riprendono la scena e danno un “chiaro mandato” alla FIOM (come nota un comunicato del SI Cobas Stellantis) a dimezzare la fatica sulle linee di montaggio, eliminare i sabati obbligatori di “recupero”, adottare la cassa integrazione a rotazione, ripristinare il salario pieno. Senza dubbio nel grido “dignità, dignità, dignità”, nel marciare in corteo con i pugni chiusi, per alcuni, con grande soddisfazione, se non allegria, per tanti, c’è l’attesa di questa svolta. Si può dire che la cosa era nell’aria. Perché se ancora alla fine di ottobre Il Mattino – il giornale padronale di Napoli – poteva registrare con soddisfazione la vittoria di Uil e Cisl alle elezioni dei delegati a Pomigliano, in realtà la netta crescita dell’astensione dal voto e le successive elezioni delle Rls davano segnali in senso contrario. Infatti ad aprile, in queste elezioni, la FIOM è risultata ampiamente il sindacato più votato. Il fatto che gli operai abbiano premiato proprio il sindacato che da dieci anni i padroni hanno escluso dalla rappresentanza RSU, è un segno inequivocabile del malcontento diffuso nei confronti di quel “modello Marchionne” ancora imperante in fabbrica nonostante il suo promotore sia da tempo passato a miglior vita.
Anche l’assemblea indetta dallo Slai Cobas per il 1° maggio aveva visto una discreta partecipazione.
Ora il dado è tratto. Con questo sciopero gli operai di Pomigliano riconquistano il rispetto di sé stessi, fondamentale nello scontro di classe. Ma ci permettiamo di suggerire loro di non dare cambiali in bianco alla FIOM. Perché a leggere anche senza alcuna malizia i comunicati recenti della FIOM, si trova la piena accettazione dell’obiettivo padronale di rendere più competitivo lo stabilimento di Pomigliano. La FIOM, ad esempio, critica le nuove uscite incentivate perché ad andarsene sono soprattutto i più giovani, e questo rende lo stabilimento “meno efficiente e competitivo”. Ma se si accetta il criterio della competitività, non c’è scampo alle pretese padronali. Per cui lamentarsi, come la FIOM fa, del “sostanziale peggioramento delle condizioni di lavoro in tutti i reparti” e contemporaneamente sottoscrivere in pieno il principio della competitività, è negare con una mano quello che si è già accettato di fare con l’altra. E non può produrre quella continuazione e generalizzazione della lotta decisa contro i ritmi insostenibili e per forti incrementi salariali che avrebbe oggi un’enorme eco non solo nelle fabbriche metalmeccaniche ma in tutto il comparto industriale – anzi la ostacola. Come si vede, del resto, anche nel comunicato della FIOM nazionale in cui i “problemi” degli operai della Stellantis di Pomigliano, comuni per l’essenziale a un’infinità di altri operai e salariati, vengono presentati come problemi specifici, particolari di quello stabilimento.
Perciò salutiamo con entusiasmo e partecipazione questo sciopero operaio, e nello stesso tempo ribadiamo che per uscire dai decenni dell’arretramento continuo della classe operaia e delle illimitate pretese padronali, è necessario farla finita con le deleghe alle strutture sindacali compromesse con le logiche padronali, e dare vita ad un autentico processo di auto-organizzazione e di autonomia di classe. Il ciclo di lotte nella logistica costituisce un esempio ed uno stimolo in questa direzione.