Cobas

[ROMA] Ospedale Umberto I: l’internalizzazione é l’unica strada, nessuno deve perdere il posto di lavoro!

ALL’OSPEDALE UMBERTO I DI ROMA
CIRCA 800 LAVORATRICI/TORI
DI UNA COOPERATIVA
RISCHIANO DI PERDERE IL POSTO DI LAVORO

La direzione del policlinico il 30.05.2018 ha bandito una nuova gara per il reclutamento di personale esterno all’Azienda.

Infermieri ed OSS dell’Umberto I di Roma rischiano la non riconferma del loro contratto a tempo determinato.

Coinvolti in questa ennesima macelleria sociale sono circa 800 lavoratori arruolati dalla cooperativa OSA.

L’internalizzazione dei lavoratori è l’unica strada per garantire qualità, continuità, umanizzazione dell’assistenza e per garantire pari diritti, salario e dignità a tutte/i le/i lavoratrici/tori della sanità.

Si ripropone in sanità uno schema già abusato nella logistica che attraverso continui appalti esterni attua la sistematica riduzione dei salari e il peggioramento delle condizioni di lavoro.
Facchini, driver e magazzinieri come documentato dal libro “Carne da Macello” a cura del S.I. Cobas, si sono sottratti alla mattanza con lotte che si susseguono da dieci anni e in molte situazioni hanno portato a conquiste significative come la clausola di solidarietà che impegna le ditte che subentrano a confermare tutti i lavoratori della impresa uscente.
 
Il 17 novembre del 2017 in una locandina che indice l’assemblea con i segretari regionali di CGIL CISL UIL campeggia: “Fermiamo la macelleria sociale”.
Oggi non solo non si oppongono all’espulsione (così pure la Regione Lazio) ma addirittura si pongono contro la internalizzazione dei lavoratori e di fatto aprono la strada a incerte riconferme e possibili licenziamenti.
L’internalizzazione dei lavoratori è l’unica strada per garantire qualità, continuità, umanizzazione dell’assistenza e per garantire pari diritti, salario e dignità a tutte/i le/i lavoratrici/tori della sanità.
Nella stessa locandina veniva altresì ribadito: “I posti di lavoro e le professionalità non si toccano”.
 
Le attività assistenziali che sono la ragione d’essere degli istituti sanitari, nella delibera vengono rubricate come “attività di supporto”.

Supporto a chi?

Grave è la responsabilità di IPASVI, e sindacati di regime.

Dopo aver illuso con la retorica della autonomia professionale che da sola avrebbe preservato condizione sociale e progressioni di carriera (meglio se puntellati da master) alla prova dei fatti si scopre che l’orgoglio professionale non e nulla se non accompagnato dall’orgoglio di lavoratori salariati che cercano nella lotta l’unità con gli altri lavoratori: interni, esterni, precari e aziendali, del privato e del pubblico.

Ai mercanti della salute interessa solo il profitto e non la qualità dei servizi e tantomeno le condizioni delle/i lavoratrici/tori della sanità.
L’obbiettivo prioritario deve essere la rivendicazione di un contratto collettivo nazionale che sia esteso a tutte/i le/i lavoratrici/tori della sanità!

Non è più tollerabile che in una stessa struttura sanitaria ci possano essere lavoratrici/tori di uguale categoria ma contrattualizzati con diversi salari e dritti.

Siamo solidali con le/i lavoratrici/tori sotto attacco e siamo d’accordo con la costituzione del “Coordinamento Lavoratrici Lavoratori Policlinico” per realizzare un fronte unitario di lotta, perché di fronte al nemico bisogna mettere da parte appartenenze politiche e sindacali.

E’ una formula da generalizzare perché questi processi di affossamento della sanità pubblica investono tutti.

Dobbiamo scambiarci certamente fraterna solidarietà ma dobbiamo anche trovare forme di collegamento per evitare che l’attacco generalizzato del padronato pubblico e privato ci colga indifesi e impreparati.

Isolarci per colpirci, ospedale dopo ospedale è la loro strategia.
L’unità va ricercata a maggior ragione in questa fase perché lo stillicidio delle misure repressive assume caratteri massivi.

Ci sono nostri compagni colpiti solo per aver denunciato le disumane condizioni dei turni di lavoro.

E’ successo al Galliera di Genova, allo Spallanzani di Roma, allo stesso Policlinico Umberto I e in molte altre città.
Sempre siamo usciti con prese di posizioni e volantini di solidarietà.
Non può bastare!

Dobbiamo dare corso organizzato al principio: “toccano uno toccano tutti”.

(Si allega la locandina di un’iniziativa del Coordinamento Lavoratrici Lavoratori Policlinico.)

17 giugno 2018

SI COBAS