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Lavoratori cultura in lotta 3 – Lettera aperta alla città

Gli ex lavoratori delle portinerie non vanno lasciati da soli!

In questi giorni si va profilando l’ipotesi per una eventuale soluzione al problema degli ex lavoratori della coop. Biblos impiegati fino allo scorso 30 novembre nella gestione delle portinerie per conto dell’Univeristà Ca’ Foscari di Venezia.

Garante di questa operazione è la Prefettura che, attraverso la formazione di un “tavolo mediale” al quale sono chiamati a partecipare Comune, Provincia e Ca’ Foscari, raccoglie la proposta di risoluzione amichevole del contenzioso formulata dal consorzio milanese, l’ A.T.I. Guerriero – Prodest, attuale detentore dell’appalto per il servizio di front office presso l’Ateneo veneziano.

La proposta consiste nel sommare agli attuali dipendenti impiegati presso le varie portinerie (circa 20) gli ex operatori Biblos che al momento del cambio d’appalto sono stati lasciati a casa dall’ATI (circa 42) per poi ridistribuire le 86.800 ore messe a disposizione dall’Ateneo per i 16 mesi rimanenti alla conclusione dell’appalto. Risulterebbe così un quoziente di 3 ore e mezzo giornaliere per ciascun lavoratore.

L’accordo, se sottoscritto, sancirebbe anche l’abbandono della tipologia contrattuale adottata dalla consortile, il lavoro discontinuo, per una corretta impostazione del “multi servizi”. Tuttavia, malgrado la garanzia di una occupazione a tempo indeterminato, la divisione oraria comporterebbe una retribuzione procapite inferiore a quella che gli ex lavoratori Biblos avrebbero percepito qualora avessero aderito al diktat aziendale del “discontinuo” per l’appunto.

Così il sacrificio che l’autorità prefettizia, sotto dettatura del consorzio milanese, chiede agli ex dipendenti è la rinuncia ad ore di lavoro che, a seconda dei casi, varia dal 30 al 50% rispetto al contratto stipulato con la Coop. Biblos, a cui farebbe necessariamente seguito una riparametrazione in busta paga intorno ai 500€ lordi al mese (una vera e propria truffa!). La conseguente ristipula dei contratti individuali, inoltre, rettificherebbe la perdita definitiva del monte ore di ogni lavoratore tale che in occasione di cambio d’appalto questi non avrebbe la possibilità, nemmeno per via legale, di recuperare quanto precedentemente sancito nel contratto con Biblos.

Per di più l’ATI vorrebbe tutelarsi da possibili strascichi giudiziari subordinando l’accettazione della vergognosa proposta alla rinuncia dei procedimenti legali intentati dai lavoratori ingiustamente non assunti, che sono dovuti ricorrere al Tribunale del Lavoro per veder riconosciuti i propri diritti.

Va infatti ricordato che le ordinanze di marzo ed aprile 2010 emesse dai giudici del Tribunale del Lavoro di Venezia dispongono il reintegro immediato di tutti e 42 i dipendenti da parte dell’ATI Guerriero – Prodest alle condizioni contrattuali antecedenti all’entrata nell’appalto del consorzio milanese (30-11-2009).

Con simili premesse non è possibile alcun tavolo mediale.

I lavoratori esigono il rispetto delle ordinanze emesse dai giudici.

Una mediazione accettabile non può essere impostata chiedendo la decapitazione etica e sussistenziale dei lavoratori.

Chi oggi, come fa la Prefettura appoggiata da Comune, Provincia e Ca’ Foscari, intenda imporre agli ex lavoratori delle portinerie ulteriori sacrifici pur di poter rientrare nel posto di lavoro dice chiaramente che il consorzio milanese deve continuare ad operare in questa città a discapito di una situazione insostenibile creata artatamente per fiaccare le doverose rivendicazioni salariali.

Non importa dunque se l’ATI Guerriero – Prodest:

1. non ha ottemperato all’art. 4 del CCNL multi servizi che dispone la riassunzione automatica di tutti i lavoratori in occasione di cambio d’appalto.

2. ha applicato la tipologia del contratto ad orario discontinuo pur essendo stata sconfessata da ben due ordinanze del Tribunale del Lavoro.

3. ha costretto i nuovi assunti a turni massacranti di lavoro (sino a 13 ore al giorno in tutti questi mesi) non ottemperando al CCNL di riferimento, e senza che l’Ispettorato del Lavoro ne sapesse nulla.

Un tavolo mediale che imponga ai lavoratori “o prendere o lasciare” è soltanto l’espressione di potenti lobbies d’affari che vogliono imporre anche in questa città l’abbassamento del costo del lavoro, l’estendersi della politica delle esternalizzazioni (la quale, è risaputo, non comporta alcuna riduzione dei costi per la collettività), l’affermarsi della logica delle gare d’appalto al massimo ribasso, l’attribuzione di appalti a cooperative amiche dei vari schieramenti politici (i Musei Civici ne sono un esempio), etc.

Per agevolare questa operazione la crisi economica viene usata come scudo dalle varie istituzioni per giustificare tagli di organico negli appalti. La crisi viene sbandierata come spauracchio ai danni degli strati sociali più deboli che pur di sopravvivere sono costretti ad accettare i ricatti di agenzie e cooperative varie le quali incrementano il profitto a scapito degli operai. Come nei Cinema Comunali, dove ditte abituate a manipolare a proprio uso e consumo accordi sindacali o a ignorare gli istituti contrattuali, minacciano ad ogni occasione licenziamenti o ridimensionamenti dei livelli occupazionali invocando a casaccio lo spettro dei tagli.

Ricordiamo, se ce ne fosse ancora bisogno, che la forte riduzione del numero dei dipendenti delle portinerie messo in atto dalla logica falcidiante dell’ATI Guerriero – Prodest non è conseguenza diretta di quanto sta accadendo nei mercati mondiali (il lavoro in Ateneo c’è e l’appalto ha persino subito un incremento in termini di orario) bensì è frutto di una volontà di guadagnare stritolando i lavoratori.

Allo stesso modo, riferendoci alla 12ª Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, possiamo affermare che l’ente committente (forse non pago dell’aumento degli introiti dell’ultima edizione) intende far precedere l’assunzione di soli 54 guardasala rispetto ai 110 dell’anno passato, garantendone la praticabilità solo a patto che gli stessi entranti rinuncino al diritto di sciopero una volta assunti (questo è stato paventato nell’ultimo tavolo delle trattative).

Rimanendo così le cose, molti precari rimarranno senza lavoro e parecchi altri, sebbene assunti, non matureranno i requisiti minimi per beneficiare del sussidio di disoccupazione.

È di tutta evidenza, inoltre, che se gli ex lavoratori delle portinerie di Ca’ Foscari dovessero essere costretti ad accettare il responso dello “pseudo tavolo mediale” presieduto dalla Prefettura si troverebbero a dover subire il mobbing da parte della consortile, ovviamente intenta a prendersi la rivincita rispetto a 8 mesi di lotte e mobilitazioni che l’hanno arginata nel suo piano di spoliazione dei diritti dei dipendenti stessi.

Di fronte a quanto sta accadendo, come Coordinamento dei Lavoratori della Cultura in Lotta vorremmo porre una semplice domanda alle istituzioni tutte e ai partiti politici:

Che differenza c’è rispetto al Ventennio, quando lavorava soltanto chi era in possesso della tessera di partito e quanto accade al giorno d’oggi, se si può lavorare solo accettando passivamente condizioni contrattuali pessime e un salario assolutamente insufficiente per poter vivere?

A nostro parere NESSUNA!

Non è forse il caso di porre un argine forte contro tutto ciò proprio per riaffermare una migliore qualità della vita per tutta la classe lavoratrice?

Chi non lotta realmente (gli ex lavoratori di Ca’ Foscari con le due occupazioni di Consiglio comunale e Comune lo hanno certamente fatto) ha deciso di stare dall’altra parte. Di accettare le logica delle lobbies mafiose pur di goderne degli eventuali miseri cascami.

I sindacati sappiamo da che parte stanno!

Coordinamento dei Lavoratori della Cultura in Lotta     http://www.culturainlotta.altervista.org/index.php