La rabbia dei giovani esplode in ogni angolo del paese. Cortei, occupazioni di facoltà e monumenti storici, blocchi stradali, stazioni e porti bloccati, scontri con i cani da guardia dei padroni. Un fulmine a ciel sereno che sembra già aver inaugurato un nuovo ciclo di lotte in università.
A Firenze a fare da catalizzatore è stata la presenza della sottosegretaria alla presidenza del consiglio Daniela Santanchè all’università di Novoli per tenere una conferenza razzista. Centinaia di studenti si scontrano con celere e carabinieri che gli impediscono di entrare nel plesso universitario. Barricate vengono erette in viale Guidoni ed altri punti strategici del traffico bloccati. La mensa viene espropriata. Poche ore più tardi la facoltà di Lettere viene occupata, aggiungendosi così a quella di Scienze della Formazione.
Era l’ora!
Era l’ora che dalle inutili lagne si passasse all’azione; che dai “lotta dura sarà” si passasse ad un primo assaggio di conflittualità reale e di massa; che dagli spot mediatici si passasse al blocco metropolitano e selvaggio. Era l’ora che “la vostra repressione non ci fa paura… la nostra lotta sarà sempre più dura!” venisse urlato proprio in un momento in cui ai manganelli si rispondeva a testa alta rilanciando il conflitto ed alzando le barricate. Era l’ora che quelli del “noi la crisi non la paghiamo!” iniziassero a non pagare per davvero
Il potenziale conflittuale manifestatosi giovedì non si è esaurito, ma organizzato e moltiplicato: a dimostrarlo l’esproprio alla mensa di San Gallo del giorno dopo, i blocchi stradali selvaggi, il susseguirsi delle iniziative, i toni delle decine di assemblee.
Se nella giornata di sabato il movimento si guadagnava la propria visibilità mediatica con uno striscione calato dalla cupola del Duomo, lunedì si mostrava capace e determinato di bloccare per 95 minuti i binari della stazione di Rifredi provocando ritardi e soppressioni per 15 frecciarossa e frecciargento e 25 regionali.
Martedì, nel giorno in cui la riforma veniva discussa alla camera é partito un corteo lanciato da un’assemblea di 200 studenti e con un intenzione chiara: occupare l’autostrada, con l’intento di bloccare il flusso di merci e spezzare a metà l’Italia. Fin da viale Guidoni la polizia si è frapposta fra noi e il nostro obbiettivo. Di fronte allo sbarramento, centinaia sono stati gli studenti che si sono coperti il volto e hanno indossato i caschi. L’enorme dispiegamento di sbirri gli ha però impedito di arrivare all’obiettivo che si erano dati. Nel frattempo trenta “pacifisti” si sono frapposti fra il corteo e la polizia, credendo che “democraticamente”, a mani alzate, si possa far tutto e che l’autodifesa sia ostentazione di violenza e facinorosità.
In questi giorni le due “anime” del movimento si sono manifestate in modo drastico in tutta la distanza che le separa: da una parte una replica dell’Onda ancora intrappolata nell’ossessione mediatica, che guarda con speranza a politicanti e sindacalisti, chiusa nel ghetto studentista e incapace di vedere al di là del cosiddetto “mondo della formazione”; dall’altra l’espressione diretta di una rabbia che, dalle scuole e dalle università, si è manifestata nelle strade con un’irruenza tale da far deragliare i vecchi schemi fallimentari, limitati e frustranti della “protesta”. I blocchi, gli espropri a mensa, le occupazioni e le barricate di questi giorni ci parlano di una determinazione che si alimenta da un senso di frustrazione verso il presente e di inquietudine verso un futuro che si prospetta sempre peggiore
Per questo alla preoccupazione di “fare bella figura” sui giornali del giorno dopo si è sostituita una chiara parola d’ordine: “blocchiamo tutto!”.
Per questo nelle assemblee, nei discorsi e nei cori delle manifestazioni di questi giorni i tecnicismi della riforma sono spesso passati in secondo piano, inserendo questa in un contesto di attacco generalizzato da parte dei padroni che cercano di imporre condizioni di vita peggiori di quelle attuali (che già ci stanno strette).
Per questo inizia ad essere sempre più evidente come la crisi abbia evidenziato quella linea che divide la società in sfruttatori e sfruttati, dove i primi in nome del proprio profitto determinano le vite dei secondi.
Per questo una parte di movimento, dopo aver strappato con la lotta una prima piccola vittoria facendo rimandare l’approvazione della riforma a data indefinita, ha già deciso di rilanciare la mobilitazione dilatando i propri orizzonti politici, spaziali e temporali.
Per questo l’idea di una caduta del governo, e un eventuale cambio di poteri, non potrà appagare coloro che provano repulsione per tutte le forze parlamentari che fanno finta di farsi la guerra, condividendo invece lo stesso interesse: la difesa del profitto.
Per questo nel dibattito emerge la necessità di uno sciopero generalizzato che metta in ginocchio l’economia per uno, due, infiniti giorni.
Per questo nelle occupazioni emerge il bisogno di un nuovo protagonismo che nasce da una presa di coscienza individuale e che stimola l’esperienza collettiva attraverso l’autogestione. Questo clima ha delegittimato di fatto i tentativi delle varie organizzazioni studentesche di imporsi come unica “testa politica” del movimento, di propinare decisioni già prese e di soffocare ogni spinta verso l’autonomia reale.
E ora?
È ora di scegliere: sviluppare e organizzare questa tendenza conflittuale che si sta manifestando oppure esaurirsi nell’ennesimo movimento studentista. Non si tratta di scegliere tra un piano di lotta e uno di comunicazione, ma ripensare obiettivi di lotta e metodi e luoghi di comunicazione.
Crediamo sia passato il tempo delle passeggiate in un centro “museificato” sotto i flash dei turisti, dei cortei che ricercano il “luogo simbolo” (confindustria, prefettura ecc) riducendo il conflitto alla sua messa in scena.
Non deleghiamo la diffusione dei nostri contenuti ai media, arrivati a riproporre l’ “incubo Black Block” per criminalizzare tutte le espressioni di lotta più radicali del movimento nazionale di questi giorni. Portiamo la nostra rabbia e la nostra voce tramite la presenza diretta sul territorio.
Pensiamo che sia il momento di riappropriarci dei tempi, dei mezzi e degli spazi che valutiamo necessari per la nostra lotta; che si tratti della facoltà di Lettere Occupata (già punto d’incontro e laboratorio politico per studenti medi, universitari e giovani uniti dalla condivisione di uno stesso percorso, aperta ad allargarsi a chiunque altro), che si tratti di uscire dalle scuole, dalle università e dalle solite vie del centro per andare a incontrare i lavoratori e le persone negli spazi di vissuto reale della città-metropoli, dove vengono a cadere le mistificazioni e il falso benessere.
Non pretendiamo di sensibilizzare nessuno su problemi che spesso le persone vivono già sulla propria pelle, semplicemente di aprire una possibilità di confronto autonomo che possa poi portare ad una solidarietà concreta ed alla diffusione di un agire efficacie.
È giunto il momento di affrontare le contraddizioni, chiarirsi sulle prospettive reali, continuare pubblicamente il dibattito che vogliamo aprire con questo documento (sia qui a Firenze, sia confrontandoci con le esperienze delle altre città).
E’ giunto il momento di prendere posizione.
Firenze, 5 dicembre 2010 da 400colpi.org