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LA LEZIONE DI DIGNITÀ DEI FACCHINI DI PIACENZA

Vuoi avere uno straccio di salario con cui potere vivere e mantenere i tuoi cari? Vuoi guadagnarti il pane senza dover infoltire le fila della manovalanza criminale?

Bene, devi accettare di ammassarti ai cancelli dell’azienda, dove i caporali sceglieranno chi quel giorno avrà il “privilegio” di spaccarsi la schiena in mansioni di facchinaggi? Devi accettare che il contratto nazionale di lavoro diventi carta straccia. Devi accettare uno stipendio molto “moderato” e molto “flessibile”, pagato in gran parte in nero, senza tredicesima, quattordicesima, ferie pagate e nemmeno indennità di malattia.

Devi accettare di lavorare in un luogo dove c’è un cesso per oltre 300 lavoratori (gli altri servizi igienici sono stati sigillati, centinaia di facchini non ne meritano più di uno e anche su questo si può risparmiare…) e dove la tua permanenza in bagno viene cronometrata. Devi accettare gli insulti e le umiliazioni inflitte dagli addetti alla sicurezza. Tutto questo non si verifica in chissà quale distretto industriale cinese o in un maquiladora messicana. Succede alla TNT di Piacenza, Italia 2011.

Né si tratta di una situazione isolata, circoscritta, una disgrazia limitata ai lavoratori, in massima parte nordafricani, impiegati nelle cooperative che operano nel sito piacentino. Che siano gli storici impianti Fiat, dove dilaga la cura Marchionne, i centri commerciali dove alle vistose promozioni si accompagna l’oppressione dei lavoratori o i cantieri edili in cui si può morire senza dare troppi disturbi burocratici, la borghesia è lanciata a sfruttare fino in fondo il momento storico, i rapporti di forza ad essa favorevoli, anche a costo di ridurre i lavoratori in condizioni che purtroppo, vista la loro diffusione, non si possono nemmeno più definire “ottocentesche”.

Molti si scoraggiano. Il padronato è oggi troppo forte, ha tutte le carte migliori in mano (e all’occorrenza nella manica), c’è il mutuo da pagare, la famiglia, bisogna piegare la testa, chi osa protestare può essere troppo facilmente sostituito…

Eppure a Piacenza gli operai che lavorano alla TNT hanno alzato la testa, non si sono fatti spaventare, non si sono fatti imbrogliare, non hanno dimenticato che la necessità di avere un salario non deve significare la rinuncia alla dignità umana. Brillanti manager, raffinati economisti, il lussuoso circo della politica borghese santificano lo sfruttamento, i facchini nordafricani di Piacenza hanno impartito una lezione di civiltà! E non solo. La loro lotta è una lotta di tutti i lavoratori, di tutti i proletari. Guai a considerarla come un fenomeno da extracomunitari, come una faccenda di “marocchini”. Difendendo loro stessi, gli ultimi della lista, nemmeno protetti da quel poco che può garantire la cittadinanza italiana, stanno difendendo tutti i lavoratori, anche quelli italiani. Solo impedendo che il padronato possa far leva su strati deboli di lavoratori, possa usare le loro condizioni di ricattabilità per poi ricattare gli altri lavoratori, il proletariato italiano può costruire un argine contro il degrado delle proprie condizioni. Solo lottando perché anche il più calpestato dei facchini di Piacenza, il più vilipeso dei braccianti stranieri possa vedersi riconosciuto quel minimo di diritti che la classe operaia italiana ha ottenuto in decenni, i lavoratori italiani potranno impedire di venire a loro volta calpestati.

Nulla di retorico, nessun parolone, ma quel sano, ragionevole rifiuto di una logica di divisione dei lavoratori da cui potrà uscire vincitore solo il padronato. Anche questa profonda, forte lezione ci viene dalla lotta dei lavoratori di Piacenza.

Prospettiva Marxista

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