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SENTENZA MELFI: LE ILLUSIONI DELLA DEMOCRAZIA!

Sul licenziamento in appello dei lavoratori fiat di Melfi potremmo, in questo caso senza alcun dubbio, parafrasare il presidente del consiglio dicendo: ci sono pezzi della magistratura che sono direttamente legati alla fiat e ai poteri forti.

Nella Repubblica democratica (tanto meno in quella apertamente fascista) prevale sempre chi ha il potere (in termini di soldi e di avvocati) e mai, o quasi mai, le ragioni dei lavoratori, che sono la parte più debole del sistema, si affermano.

Dicendo questo, siamo sicuri di non sbagliare anche alla luce di come si è svolto il processo di Melfi.

Sono stati ascoltati solo i testimoni della Fiat ( personaggi squallidi e noti per essere dei mentitori al servizio della Fiat) e non quelli indicati dai legali dei lavoratori. Il giudice nella sentenza ha fatto capire che i tre lavoratori, pur non avendo svolto un ruolo particolarmente lesivo verso l’ azienda, dovevano essere, però, licenziati lo stesso.

Quale sabotaggio (sempre negato dai tre operai) può essere il fermo di un carrello? Al massimo avrebbero potuto infliggere una sanzione disciplinare, ma il giudice ha voluto accontentare la Fiat, la quale fa politica attiva contro chi osa contrastare la sua linea (come è avvenuto negli anni passati a Torino, all’Alfa di Arese e di Pomigliano). Tutti devono sottostare alle sue prerogative: la sua “legge” contrattuale, a Napoli e Torino, per poter realizzare il massimo sfruttamento operaio e il massimo profitto aziendale; la sua libertà di spostare capitali per azioni speculative sul mercato.

La Fiom anziché scegliere la strada della lotta e della mobilitazione più ampia, ha scelto, e non poteva fare altrimenti vista la sua politica riformista, quella della legalità giudiziaria (che eventualmente dovrebbe essere di supporto alla lotta che coinvolge più operai nello scontro) che è quasi sempre perdente per i lavoratori.

Non a caso la seconda sentenza, emessa dai giudici di Torino sulle nuove aziende Fiat, dà ancora ragione alla Fiat, affermando che il potere economico prevale su tutto il resto delle parti sociali .

Il licenziamento di tre lavoratori è sempre qualcosa di drammatico per le conseguenze di vita che comporterà per loro e per il segnale negativo per gli altri lavoratori della Fiat e degli altri nel Paese; non possiamo quindi che augurare ai tre una vittoria in Cassazione (fra qualche anno) che annulli i licenziamenti dell’appello di questi giorni. Comunque vada nei tribunali, la Fiat non li farà in ogni caso più entrare in azienda.

Da queste esperienze, anche negative, gli operai devono saper trarre una lezione per una maggiore consapevolezza sul vero ruolo dello Stato e delle sue istituzioni: esse sono al servizio della classe borghese e dei suoi lacchè; i lavoratori possono contare solo su loro stessi e sulle lotte che sapranno mettere in campo.

I lavoratori, soprattutto quelli d’avanguardia, devono trarre insegnamento da questo ulteriore cedimento della FIOM e lavorare perché non ci siano le illusioni sulla democrazia dei padroni e dei loro tribunali, in modo da dare un contributo allo sviluppo di un movimento dei lavoratori sul terreno dello sciopero generalizzato favorendo, così, la rinascita di una ORGANIZZAZIONE SINDACALE E POLITICA DI CLASSE.                                                       S.I. COBAS