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La repubblica.it: lavoratori occasionali contro licenziati scoppia la guerra tra i figli della crisi

Se le sono suonate. E anche un bel po’ . Compagni e crumiri, fuori dalla fabbrica. Il picchetto e i sostituti con la stessa tuta e le stesse mansioni e senza le stesse qualifiche. I centri sociali e le camionette. Le guardie giurate e le bandiere. Il presidio e la Digos. I volantini e la cooperativa. Come in un vecchio film, cambiano solo i colori e i nomi: a dare battaglia c’ è il bruno della pelle di Moussa e l’ olivastro di Luisito, di là c’ è l’ ebano dei capelli di Sadafe Shakeer, di Ahmed e Constantin, manovalanza pakistana, romena ed egiziana d’ occasione perché le guerre tra poveri di oggi sono inevitabilmente globali. Anche qui, Limito di Pioltello, via Giambologna 1, piazzale davanti ai cancelli dello stabilimento logistico della Drogheria. Più in là la Salumeria e il reparto Carni, Pesce e Pollame. Seicento operai in totale, interamente di cooperative in appalto. Sullo sfondo il giallo intenso con la banda rossa dell’ Esselunga. Botte festive. L’ ok Corral di uno sciopero che dura dal 7 ottobre va in scena di domenica. Il nuovo picchetto, promosso dai sindacalisti di base del S. I. Cobas, durava da mezzogiorno di sabato 26. Camion bloccati all’ entrata, produzione ferma, e stavolta niente blindati dei carabinieri o funzionari Digos – quelli che il blocco precedente, lo scorso 18 novembre, lo avevano interrotto d’ imperio – intorno. Fino alle 16 dell’ altro ieri. «È arrivato il dirigente della Safra, Onorio Longo, con la sua Mercedes – raccontano sotto la tenda rossa – e con lui una cinquantina di operai. Quaranta non li avevamo mai visti. Si sono presi sottobraccio, in cordone, hanno cominciato ad avanzare, a spingere. Un’ azione paramilitare, squadrista». Anche la protesta è organizzata. Chi sciopera ha ricevuto in queste settimane la solidarietà del Vittoria, del Baraonda, del Comitato Antirazzista, della Panetteria. Molti antagonisti sono presenti. Lo scontro è duro. I contusi si conteranno tra i venti e i trenta. Un operaio pakistano va in ospedale con una frattura allo sterno, un altro indiano si ustiona il gomito con un fumogeno. Le bastonate sfiorano anche un dirigente Esselunga presente sul piazzale. La Digos ha acquisito i filmati e sequestrato una mazza. «È un tubo per spaccare la legna che bruciamo la sera», precisano dal presidio, le denunce arriveranno a breve. Alla Drogheria, ieri, lavoravano crumiri ed ex scioperanti, tutti. O quasi. Fuori, restano i cobas, quelli già licenziati. Già. Ridurre la lotta dell’ Esselunga di Limito a un fatto di ordine pubblico, a una scazzottata retrò, non ne onorerebbe il senso. C’ è gente che ha perso il salario e nemmeno può più entrare a ispezionare le condizioni di lavoro degli ex colleghi perché i metronotte li fermano ai gabbiotti. E ne fa ancora una questione di diritti, di condizioni usuranti, di dignità. Luis Seclen è peruviano, ha 55 anni e due figli: «Siamo mulettisti o prelevatori. In una giornata da 6-7 ore di lavoro arriviamo a caricare 5mila chili di merce, tre volte quanto prevedono i contratti. Subiamo abusi fisici e psicologici, i caporali menano, gli operai si ammalano di ernia, si beccano l’ esaurimento nervoso, in un caso la tbc. Ci spaccano e ci cacciano. Soprattutto noi dodici delegati sindacali, messi prima in ferie forzate e poi mandati via perché colpevoli di presunte aggressioni». Guadagnava poco, Luis, ora niente: «Mai oltre i mille euro al mese – spiega – perché le cose le dico a muso duro. Se mi fa male la schiena non lavoroe loro mi tengono a casa un altro giorno per punizione. Così al posto mio lavora un collega più morbido, che arriva a prendere 1.800 al mese». Jeremy Beyissa arriva dal Camerun, ha 36 anni, quattro figli. Luisito, filippino, e gli altri lo canzonano: «Sempre esagerati voi africani». Ghigna, Jeremy. Si fa serio subito, quando racconta: «Fino a due anni fa entravamo tutti a lavorare. Da allora hanno cominciato a cercarci quando andavamo in bagno, a contare i bancali che facevamo. A convocarci in ufficio: ehi, sei sotto di uno oggi, domani stai a casa. Se l’ azienda chiede 38 bancali, la cooperativa te ne impone 45, o stai a casa. Se chiedi un permesso, altro giorno a casa di punizione». Vorrebbero l’ intervento di Esselunga gli operai. Succede tuttoa casa loro, nell’ interesse loro, dicono. Impossibile che non sappia, l’ azienda di Bernardo Caprotti. Che al momento, a parte una silente indignazione per gli scontri di domenica, non prende posizione: questione interna alla Safra. Non è bastata la lettera aperta dell’ ex sindaco pd di Pioltello, Mario De Gaspari, né quella dei consiglieri comunali di Lista per Pioltello. Silenzio. Per ora. E resistenza. Anche con un volantinaggio di boicottaggio dei prodotti Esselunga nei supermercati milanesi. «Abbiamo aperto una cassa di solidarietà – aggiunge Luis – e chiesto aiuto alle parrocchie di Pioltello. Che si stanno mobilitando. Anzi, stanno salvando la pelle a quindici famiglie». Si parla di panettone, fuori dalla tenda rossa. La previsione è di stare qui almeno fino a Natale. Sarà un inverno freddo – diceva quel film – sarà cupo e tetro. E sarà lunghissimo.
di Massimo Pisa da repubblica.it del 29.11.2011