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Se non verranno rispettati i nostri diritti noi continueremo a bloccare l’attività dei magazzini

Ecco quello che sostengono con decisione i 51 lavoratori della Granarolo illegalmente licenziati nel mese di aprile per aver fatto due giorni di sciopero.  Ancora oggi, nonostante gli accordi presi dal Prefetto di Bologna con le organizzazioni padronali, nel mese di luglio che prevedevano la ricollocazione sul posto di lavoro di 23 facchini entro il 15 ottobre (termine in proroga a quello inizialmente stabilito del 30 settembre) e degli ulteriori 28, solo 9 lavoratori sono stati effettivamente assunti mentre gli altri si ritrovano ormai da sei mesi senza stipendio e senza cassa integrazione, che ancora non è stata erogata, a dover affrontare senza risorse il mantenimento di una casa (alcuni dei lavoratori hanno ricevuto la notifica di sfratto), di una famiglia e dei figli.
Ecco perché questa mattina a partire dalle ore sette si sono ritrovati di fronte ai cancelli della Cogefrin all’Interporto di Bologna per manifestare la propria rabbia e per reclamare il loro diritto a tornare nel posto di lavoro.
Dopo circa due ore di blocco il capo appalto di Cogefrin, l’amministratore del consorzio SGB, il direttore di Cogefrin e il responsabile dell’Interporto di Bologna insieme alle forze dell’ordine prontamente giunte sul luogo, si sono avvicinati ai lavoratori in lotta per chiedere lo sblocco dei camion e la rimozione del picchetto non solo senza offrire garanzia di rispetto dell’impegno (da loro sottoscritto davanti al Prefetto di Bologna) a reintegrare i lavoratori, ma prendendosi gioco di loro,  hanno avuto la faccia tosta di ripetere la solita canzone e cioè che da parte loro l’accordo è stato  rispettato e che loro comunque non sono responsabili per le vicende di color che sono rimasti fuori. A fronte della sfacciataggine dei padroni,  i lavoratori hanno avuto invece solidarietà da parte dei camionisti che non solo hanno dimostrato di condividerne le ragioni, ma hanno avuto anche un momento di convivialità con i facchini.
Il picchetto è stato smobilitato dopo 5 ore con difficoltà perché i lavoratori sono ormai stanchi di promesse vane e si sentono continuamente ingannati non solo da parte dei padroni ma anche dalle istituzioni che si sono fatte garanti del rispetto degli accordi siglati ma che effettivamente poi non sono intervenute con la dovuta decisione per sbloccare una situazione di illegalità di questa portata. Infatti non si capisce come sia possibile affrontare l’inserimento di tanti altri lavoratori che sono ancora fuori se ad oggi solo 9 lavoratori su 51 hanno trovato collocazione. E’ logico porsi allora degli interrogativi sulla buona fede con cui sono stati firmati gli accordi di luglio.
Ma nonostante tutto il SI Cobas e i lavoratori hanno deciso anche  oggi di interrompere la loro lotta fino al 6 novembre, giorno dell’incontro con il Prefetto di Bologna che dopo quattro ore di picchetto  ha contattato Aldo Milani, coordinatore nazionale del SI Cobas, per stabilire delle date CERTE  e a breve termine, per completare le assunzioni dei primi 23 lavoratori e dei restanti 28.
I lavoratori in agitazione hanno deciso di sospendere fino all’incontro col Prefetto lo stato di agitazione ma sono ben consapevoli che l’unica garanzia che hanno per tornare ai loro posti di lavoro è continuare a lottare di fronte ai cancelli di quei padroni che quotidianamente li hanno sfruttati e ingannati,  mentre erano loro dipendenti, e che li hanno illegalmente licenziati e privati oltre che del loro lavoro anche della dignità. 
A questo punto si attende l’incontro del 6 novembre col Prefetto.

31 ottobre 2013 – SI Cobas Bologna