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Elezioni R.s.u. 2015 piattaforma unitaria

sicobas facchini logistica

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Anche questa volta il rinnovo delle RSU cade in un momento di violento attacco al mondo del lavoro e, in particolare, al pubblico impiego.

 

Alla questione salariale derivante dal blocco dei contratti e quindi degli stipendi si è aggiunto il peggioramento normativo previsto dalla Riforma Madia che attraverso il demansionamento, la mobilità obbligatoria entro i 50 Km e la possibilità di licenziamento ha di fatto introdotto la filosofia del Jobs Act anche nel pubblico impiego, portando avanti una politica economica mirata all’annientamento dei diritti e, più in generale, delle conquiste ottenute negli anni ’70.

 

I margini per una lotta sindacale per la difesa del salario e degli stipendi e il mantenimento (perché di questo si tratta oggi) dei diritti dei lavoratori nell’ambito dei luoghi di lavoro, si sono ristretti a dismisura negli ultimi 20 anni, quando il sindaca-lismo confederale ha appoggiato senza esita-zioni le manovre, governa-tive-confindustriali, di svendita dei diritti dei lavoratori a seguito dell’acuirsi della crisi capitalistica.
L’abolizione della scala mobile, nel lontano 1992, ad esempio, è stata un pretesto per lasciare il posto al salario accessorio, perché, secondo i confederali la difesa del salario doveva essere garantita dalla loro contrattazione.

 

Oggi vediamo dove ci hanno portato tali scelte: i criteri per mantenere i salari al passo con l’inflazione si sono però concretizzati in un colpo basso verso i lavoratori, perché da allora non hanno fatto altro che firmare accordi in pejus legati con uno stretto cordone ombellicale.

 

Orario di lavoro e occupazione.

 

Con gli accordi dell’11 febbraio 2011 e del 30 giugno 2013 la gestione dell’orario è legata sempre più alla contrattazione decentrata e le RSU confederali accettano di aumentare l’ambito orario a parità di personale.
Tale aumento si concretizza, in alcuni settori, in un prolunga-mento dell’orario di lavoro.
Nella sanità si lavora dalle 8 alle 18 e anche alle 22 (vedi ambulatori aperti), allungando la settimana lavorativa da 5 a 6 giorni con lo zuccherino dei soldi in area a pagamento.
Negli enti locali o nel parastato invece vi è la tendenza ad aumentare i carichi di lavoro, in assenza di straordinari o con straordinari elargitiin modo clientelare.

L’aumento dell’intensità lavorativa è conseguenza anche dell’erosione della base occupazionale perseguita attraverso il blocco del turn-over che si prolunga da anni e che in numerosi casi ormai si traduce in peggioramento di qualità/quantità dei servizi al cittadino.
Rilanciare il discorso delle assunzioni nel pubblico impiego e la stabilizzazione di tutti i precari occupati dalle pubbliche amministra-zioni è oggi una delle priorità per coniugare la lotta dei lavoratori pubblici per difendere le proprie condizioni di lavoro con la difesa dei servizi pubblici e del diritto al lavoro.

 

Salario.

 

L’aumento contrattuale nazionale è bloccato dal lontano 2008 e il blocco proseguirà negli anni futuri a tempi indefiniti dettati dalla crisi.
Il salario accessorio ha subito in questi anni una continua erosione perché se da un lato l’ammontare complessivo del fondo incentivante viene diminuito in seguito alla riduzione del personale, dall’altra si attingono da quel fondo sempre più risorse destinate ad altri scopi, come le indennità pagate a capi e capetti o come le spese di accorpamento degli Enti (come è successo nel processo di unificazione di INPS-ENPALS-INPDAP in cui sono state prese dal fondo incentivante le risorse per l’adeguamento retributivo delle retribuzioni dei lavoratori dei tre enti).
La dinamica imposta dalle varie normative contrattuali alle risorse economiche del fondo incentivante fa sì che esse si riducano “automaticamente” ogni anno in sintonia con la riduzione degli organici, accorciando sempre più una coperta già corta e vanificando la stessa contrattazione decentrata.
Anche in questo caso non vi è alcuna opposizione da parte dei sindacati collaborativi in nome della crisi.
Il nostro ruolo, come sindacati di base, deve essere quello di rimettere al centro delle lotte la questione salariale che significa non solo ottenere lo sblocco dei contratti ma anche l’inglobamento del salario accessorio all’interno della retribuzione per evitare la sua erosione o la sua distribuzione in modo clientelare attraverso il falso meccanismo della meritocrazia.

 

Fondi pensione.

 

I governi di destra e di sinistra, dopo aver affossato il sistema previdenziale pubblico con le varie riforme delle pensioni (da Amato a Dini, da Maroni a Fornero) hanno introdotto l’assicurazione previdenziale privata anche nel pubblico impiego, ben supportati dai confederali che così gestirebbero i soldi dei lavoratori.
Nella sanità e negli enti locali c’è il fondo Perseo, nelle scuole il fondo Espero, negli Enti pubblici non economici il fondo Sirio.
Al momento questi fondi non sono obbligatori ma i confederali si stanno però attivando per far aderire i lavoratori che sino ad ora si sono giustamente mostrati diffidenti a rinunciare al proprio TFR per giocarlo inborsa.

E’ evidente che solo la lotta per la difesa del sistema previdenziale pubblico, attraverso lo smantellamento della legge Fornero e delle altre “controriforme” delle pensioni che l’hanno preceduta potrà mettere al riparo i lavoratori dal cadere nella trappola dei fondi pensione privati, nell’illusione di garantirsi una pensione futura che sia decente.

 

Rappresentanza.

 

Il pessimo accordo sulla rappresentanza firmato il 10 gennaio 2014 dai sindacati confederali e CONFINDUSTRIA per il settore privato che limita ulteriormente il diritto di sciopero e la possibilità di organizzare lotte sui posti di lavoro non verrà per fortuna esteso nel pubblico impiego, lasciando ai sindacati di base un minimo di liberà di azione.

In presenza però di una serie di leggi che lasciano sempre di più mano libera all’amministrazione nella gestione del rapporto di lavoro con il dipendente, l’unica forma reale di opposizione resta quella della lotta organizzata che dipenderà dalla forza che i lavoratori metteranno in campo con la partecipazione attiva.
Dobbiamo quindi utilizzare le RSU come uno strumento di agibilità politica senza dimenticarci che solo con la mobilitazione dei lavoratori è possibile ottenere dei risultati concreti.

 

Mobilità obbligatoria e messa in mobilità.

 

Gli ultimi accordi nazionali e i successivi interventi legislativi hanno peggiorato l’istituto della mobilità obbligatoria (spostamento entro i 50 Km), che diviene un elemento in più in mano alle amministrazioni per ricattare i lavoratori.
La messa in mobilità (due anni all’80% dello stipendio base e poi il licenziamento), un tempo riservata a lavoratrici e lavoratori che rifiutavano il trasferimento ad altra sede, ora viene proposto in casi di ristrutturazione di enti e amministrazioni, traducendo in questa forma il Jobs Act del privato.
Ancora dobbiamo “ringraziare” i servitori confederali per aver firmato tanta grazia.
Occorre opporsi alla mobilità selvaggia e fare controinformazione sulle conseguenze anche per i cittadini della ristrutturazione o soppressione di alcuni enti che significano, nella maggior parte dei casi, riduzione o soppressioni di servizi pubblici.

 

Esternalizzazioni.

 

Le esternalizzazioni sono state il cavallo di troia che ha consentito alle imprese e alle aziende pubbliche di ridurre gli stipendi e ottenere la massima flessibilità dai lavoratori che, ricattati da appalti e subappalti, si ritrovano a perdere una serie di diritti e subiscono condizioni di lavoro di super sfruttamento.
Contrastare le esterna-lizzazioni e chiedere la reinternalizzazione dei servizi pubblici ceduti a privati, dovrà essere una delle priorità delle lotte dei prossimi anni per evitare la perdita di diritti per i lavoratori e la privatizzazione dei servizi con aumento delle spese per i cittadini.

 

Diritto di sciopero.

 

Prendendo a pretesto l’iniziativa dei vigili urbani di Roma, il governo prepara nuove limitazioni al diritto di sciopero.

Già ora organizzare uno sciopero efficace nel pubblico impiego è un percorso a ostacoli.
Con la rinnovata propaganda sui “fannul-loni” si intende vanifi-care del tutto la possi-bilità di effettuare scioperi che non siano “concertati” con le amministrazioni.
Lottare per il manteni-mento del diritto di sciopero è fondamentale perché è l’unica forma di difesa che resta al lavoratore.

 

Sicurezza sul lavoro.

 

Lavorare in una pubblica amministrazione non vuol dire essere esenti da rischi, e la sicurezza sul lavoro deve essere un argomento importante.
Troppo spesso nei luoghi di lavoro la sicurezza è un optional, troppo spesso le amministrazioni monetizzano sulla pelle dei lavoratori.

Creare una cultura della sicurezza, stabilire relazioni durature e scambi di informazioni fra gli R.l.s. dei vari enti, può e deve essere un obiettivo da raggiungere.

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La necessità di opporsi in modo frontale all’attacco in corso contro il pubblico impiego e, più in generale, il mondo del lavoro ha spinto alcune realtà milanesi del sindacalismo di base ad elaborare una piattaforma e un percorso unitari di lotta. Tale percorso, vista la globalizzazione dell’economia e le politiche dettate dalla Banca Centrale Europea, non potrà prescindere anche da un confronto con i sindacati di base europei anche al fine

di creare fronti comuni di lotta.

 

Perché la lotta sia efficace occorre però la consapevolezza da parte di tutti i lavoratori che solo attraverso la partecipazione attiva e il rifiuto della delega ai sindacati concertativi e clientelari sarà possibile salvare se stessi e le generazioni future dalla perdita totale dei diritti.

 

E’ questo lo spirito con cui oggi i sindacati di base si presentano alle elezioni RSU, aprendo la lista anche a lavoratori indipendenti e chiedendo a tutte/i di avere un ruolo attivo nel contrastare le politiche devastanti di questi ultimi anni.

 

A marzo non delegare la difesa dei tuoi diritti, auto-organizzati con i sindacati di base

 

VOTA S.I. COBAS