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NO ALL’ART. 5 DEL “PIANO CASA” NO ALLA LEGGE BOSSI-FINI SI ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE PER IMMIGRATE ED IMMIGRATI

corteo roma articolo 5

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Lunedì 20 Luglio eravamo in molti ad occupare in presidio piazza Santissimi Apostoli, sotto la Prefettura di Roma: lavoratori della logistica organizzati nel sindacato conflittuale Si-Cobas, movimenti di lotta per la casa, militanti dell’assemblea di sostegno alle lotte della logistica e compagne e compagni di varie realtà di lotta. Una piazza eterogenea che per ore ha manifestato e protestato contro le gravi conseguenze di politiche governative che hanno il solo scopo di rendere le proletarie ed i proletari sempre più alla mercé di padroni e speculatori di ogni risma.

Le leggi sulla casa da poco introdotte attraverso il Decreto Lupi e l’abuso della Questura nell’applicare le leggi sull’immigrazione determinano una situazione di grave disagio per migliaia di persone. Una buona parte di queste sono in Italia da anni, molti sono lavoratori della logistica, delle pulizie, degli alberghi, sono operai agricoli, muratori e venditori ambulanti, badanti, colf e disoccupati che vivono in occupazioni abitative o non hanno regolare contratto di affitto. Negli ultimi mesi la Questura di Roma sta impedendo di fatto a moltissimi cittadini/e stranieri/e di rinnovare il proprio permesso di soggiorno chiedendo la residenza, requisito non previsto dal testo unico sull’immigrazione sia per coloro che hanno un permesso per lavoro, che per i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale. E allo stesso tempo ottenere la residenza è sempre più difficile. Da una parte l’art. 5 del Decreto Lupi toglie la residenza a chi vive in un’occupazione, rendendo la vita sempre più difficile a chi spesso non ha altra scelta se non occupare una casa. Dall’altra il Comune rifiuta di rilasciare la residenza come senza fissa dimora, a cui tutti avrebbero diritto. Questo meccanismo genera speculazioni di ogni tipo, per cui spesso si è costretti a pagare fino a 1500 euro per una residenza.

Per legge, l’ottenimento della residenza e del permesso di soggiorno sono necessari a chi lavora per avere un contratto. È quindi evidente come la lotta sui luoghi di lavoro – di cui quelle dei facchini nei magazzini di tutta Italia rappresentano l’esperienza più avanzata e vincente – sia necessariamente legata a quella per i documenti. Le leggi sull’immigrazione, legando il permesso di soggiorno ad un contratto, producono ricattabilità sui luoghi di lavoro. Gli abusi istituzionali e la discrezionalità delle Questure come dei Comuni sono parte integrante di un sistema che produce irregolarità e quindi sfruttamento.

Nonostante le risposte della Prefettura siano ben lontane da una reale presa in carico politica del problema, la risposta unita e compatta della piazza il 20 luglio dimostra che contro lo sfruttamento del sistema l’unione delle lotte sia il solo strumento possibile. Per questo siamo scesi in piazza, così come già ci siamo trovati insieme davanti ai magazzini o dentro le occupazioni, perché se toccano uno toccano tutti.

La nostra aspirazione è la trasformazione dello stato di cose presente. Come lavoratori e lavoratrici in lotta, occupanti in lotta, siamo convinti non solo che questa unione sia necessaria e urgente, non solo che sia possibile, ma che iniziative come quella sotto la prefettura ne rappresentano delle sperimentazioni concrete a Roma e non solo.