Cosa c’è da perdere quando non c’è più domani?
“Resistere alla seconda ondata di riduzione dei salari!
SCIOPERATE!
A Salario di merda Lavoro di merda!”
Così titolava il quotidiano l’unità nel gennaio del 1928 e così crediamo si debba rispondere oggi all’arroganza aziendale, decisa a tagliare i salari per recuperare quella parte di profitto assorbita dalle naturali flessioni del mercato e dalla strategia espansionistica del colosso svedese. Siamo alle solite, privatizzazione dei profitti e socializzazione di perdite e investimenti, mistificando il tutto mediante l’utilizzo di quel termine “crisi” divenuto negli anni agente giustificatore di misure politico-economiche devastanti per la vita delle persone.
Logiche queste che ben conosciamo, e che quindi con fermezza vanno rispedite al mittente. Lo sappiamo, combattere una guerra ha sempre un costo, e che di sicuro, per ora, quello più alto lo stanno pagando quei lavoratori e quelle lavoratrici che di sciopero in sciopero vedono ridursi la propria retribuzione alla fine del mese. Sappiamo altrettanto bene però, che non saranno i sacrifici richiesti oggi dall’azienda ad assicurare i livelli salariali come quelli occupazionali (basta guardare le varie false promesse fatte da gruppi come Fiat, Elettrolux ecc..). Anzi, “accettando di sacrificarsi oggi, non si fa che preparare i sacrifici (e la miseria) di domani”.
Detto questo, per evitare di illudere/illudersi, crediamo sia necessario analizzare quanto accaduto finora, come l’azienda abbia risposto con altrettanta fermezza, non facendo alcun passo indietro sulle proposte fin da subito fatte sul C.I.A. in cui si prospettano pesanti tagli salariali attraverso la riduzione dei premi di produzione e delle maggiorazioni per i turni festivi.
I padroni e i loro lacchè da anni cercano di convincere i lavoratori che l’arma dello sciopero sarebbe oramai inutile ed antiquata.
Mentono sapendo di mentire: l’efficacia degli scioperi e dei picchetti e’ dimostrata quotidianamente nel settore della logistica, dove migliaia di facchini dopo essersi uniti nel SI Cobas da anni con la lotta e i picchetti fuori ai magazzini strappano ai padroni importanti conquiste in termini salariali e di diritti.
Occorre mettere in campo forme di lotta che possano dispiegare la potenza necessaria per ribaltare i rapporti di forza attuali, che alla lunga potrebbero far divenire insostenibile il conflitto per i lavoratori e le lavoratrici, proprio in virtù dei costi di cui sopra accennavamo.
Esprimiamo quindi la nostra piena solidarietà e complicità alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno deciso di non abbassare la testa, di ribellarsi ai soprusi aziendali e di difendere quel salario conquistato quotidianamente in anni di lavoro sacrificando buona parte della propria esistenza.
20/08/2015
SI Cobas Napoli