Esattamente due anni fa, ottobre/novembre 2014, la Titan attuò un programma di ridimensionamento, chiudendo quasi uno stabilimento intero a Bologna (Valsamoggia), lasciando lo stabilimento con solo36 operai e 16 impiegati, 85 licenziamenti e circa 70 trasferimenti nello stabilimento di Finale Emilia. Da questa vertenza ci fu un ampliamento dello stabilimento di Finale Emilia, nuovo capannone con trasferimento di 9 presse delle 16 di Valsamoggia; nuovo edificio per gli uffici; pochi investimenti concreti per ottimizzare la produzione…Tutto questo movimento di macchine e operai è stato definito in un accordo in regione, dove si prevedeva che la Titan di Finale Emilia dovesse essere il cuore produttivo della multinazionale con più di 5 milioni di euro d’investimento e un progetto industriale e occupazionale basato su un periodo minimo di 5 anni.
Neanche 2 anni e la Titan ritorna a mettere tutto in discussione con la scarsa disponibilità di chiudere le trattative per il rinnovo del contratto aziendale. Già dal primo tavolo di trattativa l’amministratore delegato negava la disponibilità di erogare il premio produzione perché variabile e da legare solo a risultati produttivi, e fin qui “ si può anche capire” , anche se i risultati produttivi gli operai li portano tutti i giorni marcando in entrata e facendo miracoli con vecchie macchine abbandonate e con poca manutenzione.
La proposta della direzione non si ferma alla negazione del premio produzione, attacca anche il premio feriale, un premio storico che entrambi gli stabilimenti prendevano nel mese di giugno, alla Siria (Finale Emilia) si davano 1200 euro e la Sirmac (Valsamoggia) 1608 riparametrato al 5° livello. Un premio che non è mai stato legato alla produttività ma al sostegno del reddito, esattamente come una quattordicesima.
La piattaforma votata da entrambi gli operai degli stabilimenti chiedeva di parificare i due premi feriali estendendo le 1608 euro a tutti i lavoratori e di dare certezze di parametri per un buon raggiungimento economico del premio produzione.
Le trattative erano arrivate a proposte insufficienti per noi operai, perché il premio feriale veniva integrato nella paga oraria prendendo la cifra più bassa (1200 euro), mentre il premio produzione garantiva solo 300 euro se il risultato produttivo rimaneva ai livelli dell’anno 2016. Se andava peggio neanche quelli, se andava un po’ meglio qualche euro in più. Rispetto alle 1000 euro storiche per Bologna e 1120 per Finale Emilia, si capisce che 300 euro se tutto va bene è una cifra misera.
La piattaforma sindacale non chiede la luna. Chiede solamente di mantenere gli stessi premi dello stabilimento di Valsamoggia, in modo da parificare i livelli salariali di tutti gli operai, non erogando neanche un centesimo in più per i lavoratori trasferiti e dando la possibilità nella durata del contratto di arrivare almeno per il premio feriale alla cifra di 1608. Mentre nelle trattative sta succedendo esattamente il contrario, tagliare 400 euro di premio feriale ai trasferiti e smantellare il premio minimo di 1200 euro, in modo tale da farlo scomparire per sempre come voce nella busta paga e non erogarlo neanche nei momenti più bisognosi, quando si soffre di ammortizzatori sociali che dimezzano il salario.
L’ultima assemblea di fabbrica bocciò la proposta di mediazione della FIOM FIM UILM perché sosteneva lo smantellamento del premio feriale e 300 euro di premio produzione se l’anno produttivo e’ pari al 2016, poi si prevedeva di chiedere altre 300 euro nel TFR, ma giustamente gli operai non erano d’accordo perché di quei soldi ne hanno bisogno subito.
Bocciata la piattaforma, al pomeriggio stesso la direzione annunciò la necessità di attuare la cassa integrazione ordinaria nei mesi di dicembre/ gennaio: una richiesta di 13 settimane. Questo fu subito uno dei contro attacchi del padrone, per cercare di mettere paura. In tutto questo, noi operai come al solito non vediamo niente di logico, ma una politica programmata per colpirci. L’azienda ha riempito lo stabilimento di Valsamoggia di semilavorati che dovrebbe fare il reparto presse, che sarà il primo ad andare in cassa integrazione, poi la direzione, il giorno prima dell’assemblea, per farci accettare la sua proposta di 300 euro di premio produzione, ci garantiva che il 2017 doveva essere sicuramente un anno che recuperava tutte le perdite: speranze illusorie, perché la cassa integrazione non ha basi di perdite di commesse ma probabilmente programmi di sovrapproduzione.
Mercoledì 16 novembre, il giorno prima dell’incontro, si sono attuate 2 ore di sciopero a singhiozzo, mezz’ora di lavoro e mezz’ora di sciopero intervallate durante la giornata in orari diversi tra i reparti; di fronte a questo nel pomeriggio la direzione ha portato avanti un ulteriore attacco, fece uscire un comunicato che rompeva il tavolo della trattativa facendo saltare l’incontro programmato per il 17 novembre.
Dal giorno dopo, giovedì 17 novembre, dalle 6.00 del mattino, sciopero ad oltranza con blocco dei camion. tutto il giorno in sciopero ma la direzione non ha dato un cenno di cedimento; nelle varie assemblee davanti ai cancelli, si decide di continuare lo sciopero con picchetto per tutto il venerdì. Nella stessa giornata la RSU fu chiamata dal capo del personale alle ore 13.30. Dopo aver minacciato la cassa integrazione e rotto il tavolo delle trattative, per continuare nei loro attacchi ai dipendenti confermano la cassa integrazione dal 12 dicembre e dichiarano di non voler più dare l’acconto dello stipendio di 200 euro a tutti i lavoratori che ne hanno bisogno, accennando anche la messa in discussione della tredicesima.
Dopo tutto questo i lavoratori non demordono, ormai hanno perso due giornate di salario per lo sciopero , decidono insieme alla RSU di continuare la lotta, picchettando i cancelli anche nel fine settimana e continuare il picchetto anche nella giornata di lunedì, dove con due ore di sciopero a squadre di reparti si continuerà a picchettare i cancelli ad oltranza.
La Titan è una delle poche aziende metalmeccaniche dove attualmente convivono 5 sigle sindacali, FIOM FIM UILM USB e SI COBAS.
Al SI COBAS dopo le dimissioni della vecchia RSU non è stato più permesso, in base all’accordo sul testo unico di andare alle elezioni, nonostante il sindacato avesse il consenso in fabbrica (50 iscritti e altrettanto di simpatizzanti, 100 firme di dipendenti).
Al SI COBAS è stato impedito di candidarsi per le elezioni della nuova RSU grazie al “testo unico del gennaio 2014” e anche grazie al fatto che FIOM FIM UILM non vogliono questo sindacato al tavolo delle trattative perché difende gli interessi dei lavoratori. Visto la impossibilità di far candidare degli operai alle elezioni RSU con la lista del SI COBAS, molti lavoratori, sfiduciati ormai da tempo dalla FIOM FIM UILM, fanno avere il loro voto alla USB . Senza entrare nel merito politico/sindacale, il SI COBAS, può affermare a testa alta, che oggi non è al tavolo della trattativa con la Titan, non perché sfiduciato dai lavoratori ma perché sfiduciato dai padroni e dai sindacati confederali. Se avesse avuto la possibilità di andare alle elezione avrebbe preso i voti di almeno mezza fabbrica e tutto cio’ faceva paura ai padroni e hai galoppini sindacali.
Il SI COBAS pur non avendo avuto la possibilità di avere dei delegati RSU, nei fatti rimane, con un delegato RSA ed è’ in prima persona ad appoggiare la lotta e l’unità dei lavoratori in fabbrica e all’occorrenza metterà in pratica la rete di solidarietà operaia che solo il SI COBAS fa perché è a sostegno di tutte le lotte che si svolgono nel territorio.
I lavoratori oggi non possono dimenticare lo sciopero ad oltranza dell’11 luglio, lo sciopero indetto solamente dal SI COBAS e che ha tenuto fuori dai cancelli tutti i lavoratori, tranne i delegati FIOM FIM UILM (solo un delegato FIOM partecipò allora allo sciopero). E’ stato uno sciopero importante per il nostro contratto e tutti oggi ammettono che forse era il momento giusto di intensificare allora la lotta ( da quello sciopero i tre porcellini hanno fatto una grande campagna di diffamazione contro il delegato SI COBAS: bugie e menzogne per fermare la lotta in atto) e non trovarci come oggi a lottare contro chi propone una cassa integrazione all’orizzonte.
Detto questo, ci viene da fare alcune riflessioni sulla lotta in corso: Se la Titan di Finale Emilia doveva essere il cuore pulsante del gruppo con investimenti e progetti industriali di 5 anni, oggi tutto ciò viene messo in discussione. L’azienda ha avuto i soldi del terremoto, il taglio di 85 dipendenti, e adesso, invece di investire sul personale e macchinari, minaccia di bloccare gli investimenti sui macchinari e di spostare ancora una linea in Turchia . Contemporaneamente disinveste e disincentiva gli operai, che sono il vero cuore di una fabbrica, tagliando i loro salari.
Allora le cose sospettiamo possono essere:
1. la fase di delocalizzazione in Turchia si sta velocizzando in modo esponenziale, bloccando ogni investimento tecnico nello stabilimento di Finale e permettendosi di disincentivare anche l’aumento del costo della forza lavoro;
2. questa direzione è incapace di portare avanti il progetto iniziale di investimento su questo stabilimento creando caos e paura tra gli operai.
Le nostre rivendicazioni economiche non possono essere tali da mettere in discussione la vita di uno stabilimento, si tratta di cifre minime che le direzioni precedenti avevano sempre erogato senza problemi, anche in periodi di magra quando tutti eravamo in cassa integrazione… Oggi invece no??? Intanto mentre i nostri dirigenti aziendali piangono miseria entrano ed escono dai cancelli con BMW e AUDI da 100.000 euro e chissà quanto altro lusso che noi non vediamo….
La nostra lotta sarà dura e difficile ma questa volta non ci fermeremo…
SI COBAS TITAN