Lavoratori, lavoratrici, ci sono cinque ragioni forti per dire NO al contratto firmato da Fiom-Fim-Uilm.
- Questo contratto impoverisce i lavoratori. Non c’è alcun aumento salariale certo. E’ previsto solo il recupero dell’inflazione, cioè dell’aumento dei prezzi. Ma il recupero sarà soltanto parziale (per il 2017 8,87 euro lordi!) perché è escluso il costo dell’energia, che sta di nuovo salendo e farà salire tutti i prezzi. La sola cosa certa è che il potere di acquisto dei salari, da oggi alla fine del 2019, si ridurrà, come si è già ridotto nel 2016. I 41 euro in ‘welfare aziendale’ e formazione che Fiom-Fim-Uilm sbandierano come fosse aumento di salario, non sono reali aumenti di salario, non vanno in paga-base, non hanno effetti sul tfr, le ferie, etc., né sono garantiti a tutti. Inoltre, il contratto appena firmato abolisce i premi di produzione assicurati per molto tempo a prescindere dai risultati delle aziende, e questo comporta una netta riduzione del salario, come è già avvenuto con l’accordo aziendale ultimo di Fincantieri.
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Questo contratto incatena i lavoratori alle aziende. Infatti da ora in poi i ‘premi di risultato’ – che sostituiscono i vecchi premi di produzione – saranno totalmente variabili e dipendenti dagli obiettivi di produttività e di profitto che le singole aziende si daranno. Attenzione: non basterà che le aziende abbiano bilanci in attivo. Ci sarà qualche briciola per i lavoratori esclusivamente se le aziende centreranno gli obiettivi di profitto che si sono dati in modo unilaterale. Per avere un po’ di salario in più attraverso i ‘premi di risultato’, gli operai e gli impiegati dovranno lavorare sempre di più, di più, di più. E in molti casi non basterà. La sola cosa certa è l’aumento dello sfruttamento del lavoro attraverso l’aumento della produttività del lavoro, da sempre la prima pretesa della Confindustria.
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Questo contratto divide i lavoratori metalmeccanici tra le aziende e dentro le aziende. Infatti i premi di risultato potranno esserci, quando ci saranno, solo per le aziende che esportano e solo per le aziende più grandi. Nelle aziende che producono per il mercato interno e nelle aziende più piccole, che sono la grandissima maggioranza, ci sarà poco o niente. Inoltre, subordinando ogni effettivo aumento salariale agli obiettivi di produttività e profitto decisi dalle singole aziende, il contratto favorisce la massima concorrenza tra i lavoratori. A tutto e solo vantaggio dei padroni che puntano da anni al cottimo individuale, e ora hanno davanti a sé un’autostrada per arrivarci.
- Questo contratto regala ai padroni miliardi di euro. Lo fa attraverso il ‘welfare aziendale’ su cui le aziende non pagano tasse. In questo modo accresce il debito di stato, che è un debito di classe, fatto a vantaggio delle banche, degli industriali, dei padroni, delle classi possidenti, e scaricato sulle spalle degli operai e dei lavoratori salariati. Nello stesso tempo, fa nascere un potente fondo sanitario privato, e così dà un colpo durissimo al sistema sanitario pubblico e al ‘diritto alla salute’ garantito come diritto universale, già bombardato negli anni passati dai ticket. La Fiom, che si era sempre opposta alla privatizzazione della sanità voluta a tutti i costi dalle forze padronali, ora si inginocchia ai padroni e ai loro galoppini di Fim e Uilm. E con loro dà un altro colpo al sistema pensionistico pubblico, con ulteriori agevolazioni ai fondi pensione privati.
- Questo contratto abbandona gli operai degli appalti e delle cooperative – sempre più numerosi anche nel camparto metalmeccanico – nelle mani dei loro aguzzini. Infatti non dice una sola parola sugli appalti e sulla ‘clausola sociale’, che garantisce i lavoratori degli appalti in caso di cambio della ditta – una clausola che è stata imposta in diverse importanti aziende della logistica dalle lotte dei lavoratori immigrati organizzati con il SI-Cobas.
Si capisce perché i capi di Federmeccanica e Confindustria, e il loro portavoce Renzi, siano molto soddisfatti. Non hanno ottenuto il 100% di ciò che pretendevano inizialmente, ma hanno ottenuto tutto l’essenziale. Volevano un contratto “di svolta”, interamente nuovo. L’hanno avuto. E con esso hanno gettato le basi per una prospettiva di anni e anni di super-sfruttamento del lavoro, di impoverimento dei lavoratori e di loro crescente divisione, assicurandosi sostanziosi sgravi fiscali e misure coattive per aziendalizzare i lavoratori. Per i padroni di Finmeccanica è una grande vittoria politica perché sono riusciti a trasformare il contratto dei metalmeccanici, che dal 1969 è stato il contratto di riferimento in positivo per l’intera classe lavoratrice, in un contratto che apre la strada al peggioramento generale della condizione operaia in tutti i settori e sotto tutti gli aspetti: salari, orari, sicurezza sul lavoro, diritti.
Lavoratori, lavoratrici,
è importante rispondere con un compatto NO alla pretesa dei dirigenti di Fiom-Fim-Uilm di farci sottoscrivere la resa ai padroni, per la quale loro sono stati premiati con i 30 (o… 300) denari di Giuda, dato che andranno a co-gestire il fondo sanitario e altre misure di ‘welfare aziendale’.
Ma è altrettanto importante ammettere che l’esito così negativo del contratto è responsabilità anche dei lavoratori, per avere sperato di limitare i danni senza ingaggiare una dura lotta contro l’arroganza padronale delegando tutta la faccenda ai burocrati di Fiom-Fim-Uilm. Questi ora, dopo aver firmato un contratto-capestro, ci mettono davanti al ricatto: “o questo contratto, o il buio”. Ma è proprio il contratto sottoscritto da loro a preparare a noi e alle nostre famiglie un futuro più buio e incerto del presente!
Guardiamo in faccia la realtà. Siamo nel mezzo di una grandissima crisi del capitalismo globale, che prepara catastrofi di ogni tipo, incluse guerre sempre più ampie e devastanti. Con l’incitamento alla massima produttività e all’aziendalismo, i padroni e i burocrati sindacali ci propongono la gara, lo scontro, con i lavoratori delle altre imprese e degli altri paesi come il solo modo per mettere fine alle nostre difficoltà. Ma accettare questa proposta sarebbe un vero e proprio suicidio.
È venuto il momento di fare un bilancio di lunghi anni di arretramenti e di sconfitte, e di ritirare la delega a Fiom-Fim-Uilm. C’è un solo modo per uscire da questo tunnel senza fine di sacrifici e di incertezza: ritornare alla lotta, scendere in campo in prima persona, auto-organizzarci, rimettere i nostri bisogni, le nostre necessità, i nostri diritti calpestati al centro di tutto. Ritornare a una lotta vera, energica, unitaria – non l’unità dei bonzi sindacali tra di loro, che è servita a capitolare, l’unità dei lavoratori nella lotta all’aggressione padronale e governativa.
Il NO a questo contratto può e deve essere l’inizio di questo percorso di risalita! Così come il NO di tanti operai, precari, disoccupati al referendum-Renzi potrà dare risultati positivi per i lavoratori solo a condizione di essere il punto di partenza di una ripresa in grande delle lotte contro le politiche anti-operaie del governo uscente e di quello che andrà a sostituirlo.
6 dicembre 2016
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri – Marghera
SI-Cobas nazionale
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