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[PALESTINA] Solidarietà ai palestinesi in lotta, chi tocca uno tocca tutti!

 

 

A Gaza, la giornata di lunedì é stata quella con più morti e feriti dalla guerra del 2014 sferrata contro i palestinesi dallo stato d’Israele con l’operazione militare “Margine di protezione”.

Ieri, 14 maggio, mentre gli Stati Uniti (rappresentati dall’imprenditore ebreo Jared Kushner, marito della figlia Ivanka del presidente Donald Trump e di quest’ultimo consigliere) inauguravano a Gerusalemme la sede della propria nuova ambasciata (in precedenza ubicata a Tel Aviv) contro la volontà del resto del mondo, sulla Striscia di Gaza migliaia di persone manifestavano durante l’ennesima, durissima giornata della “Marcia del Ritorno”.

Come già nei giorni precedenti della “Marcia del Ritorno”, i soldati dell’esercito israeliano hanno aperto il fuoco, senza risparmiare nessuno e colpendo soprattutto alla testa, al petto e alle gambe.

Compiendo questa volta una vera e propria strage: i soldati d’Israele hanno infatti ucciso 61 persone di cui 6 minorenni (anche bambini), un disabile in sedia a rotelle e un soccorritore; oltre i morti, i feriti: almeno 3.000 persone, di cui un centiniaio gravi e più di una cinquantina gravissime. 

Tra i feriti, 225 minorenni (anche bambini), 79 donne, 17 soccorritori e 12 giornalisti.

Incominciata dal popolo palestinese il 30 marzo, la “Marcia del Ritorno” finisce oggi, 15 maggio, in concomitanza con lo sciopero generale proclamato dai lavoratori di tutti i territori palestinesi.

Con tale protesta di massa, questo popolo poverissimo ma mai sottomessso continua la sua lotta, nel ricordo dei 750mila palestinessi cacciati con violenza dalle loro città e dai loro villaggi nei territori di Palestina occupati dall’esercito israeliano subito dopo la proclamazione dello stato di Israele nel maggio 1948, nella giornata che a tuttoggi i palestinesi chiamano “Nakba”: parola che letteralmente significa “catastrofe” o “esodo”.

La “Marcia del Ritorno” é inziata il 30 marzo scorso perché lo stesso giorno, nel 1976, i palestinesi e gli arabi israeliani celebrarono la prima “Giornata della Terra”, organizzando uno sciopero generale del “settore arabo” e una manifestazione, che sfociarono in sanguinosi scontri per la repressione dell’esercito israeliano dei dimostranti scesi nelle strade e nelle piazze per esprimere il loro dissenso di massa contro la confisca di terre arabe per insediamenti ebraici nel nord di Israele (l’11 marzo 1976, infatti, il governo israeliano aveva pubblicato un piano per espropriare circa 5.250 acri di terreno in Galilea e il Ministero dell’Agricoltura aveva dichiarato apertamente che il suo scopo primario era quello di modificare la natura demografica della Galilea, al fine di creare una maggioranza ebraica nella zona).

Nel corso di quella storica e cruenta giornata di lotta, sei palestinesi furono uccisi, circa 100 feriti e molti altri arrestati.

42 anni dopo, i profughi palestinesi sono milioni: in totale, si calcola che più 5 milioni di palestinesi abbiano dovuto ababbandonare la propria casa e la propria terra, tuttora obbligati a un catastrofico esodo dell’esercito israeliano e dalle “politiche securitarie” dei governi d’Israele che non cessano di perseguire i propri colonialisti piani di espansione territoriale con l’appoggio delle potenze occidentali, in testa gli Stati Uniti.

Per tutte queste ragioni, la “Marcia del Ritorno” costituisce un’iniziativa tanto partecipata quanto potente, esprimendo l’energia del popolo palestinese e della sua classe lavoratrice in lotta contro lo sfruttamento, l’oppressione e l’imperialismo, attivando la solidarietà dei lavoratori e dei popoli in ogni Paese del mondo.

I tragici eventi di ieri rappresentano un’ennesima prova che Israele è uno stato violento, razzista e finanziato dagli altri stati imperialisti, che sta decidendo a fondo per l’eventuale genocidio del popolo palestinese.

Quando la classe lavoratrice dice “Chi tocca uno tocca tutti”, questo non è solo un grido di battaglia.

È la comprensione fondamentale che la liberazione di uno richiede la liberazione di tutti.

Se i palestinesi non sono liberi, non è nostro compito “liberarli”, ma essere solidali per riconoscere e agire in un modo che incorpori la loro liberazione con la nostra; una politica estera sbagliata ha portato troppo spesso morte e distruzione.

Che tutti i lavoratori e le lavoratrici, allora, mostrino la loro solidarietà oggi con il popolo palestinese, nel modo che è possibile: per mostrare all’imperialismo che non può fermare gli operai del mondo!

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Qui sotto, alcuni video e delle foto sulle proteste al confine tra la Striscia di Gaza e lo Stato d’Israele con i manifestanti palestinesi attaccati dall’esercito israeliano: