Riceviamo e pubblichiamo la nota di commento del Il Cuneo Rosso
all’assemblea antirazzista internazionalista
del 23 settembre a Bologna (vedi qui l’appello)
L’assemblea antirazzista internazionalista del 23 settembre a Bologna: un punto di svolta
Per parte nostra aggiungiamo qui alcune considerazioni di ordine politico, che mettono questa iniziativa in prospettiva.
Ma si è distinto anche per avere preso iniziative a volte più politiche che sindacali, svolgendo un compito di provvisoria supplenza in una situazione in cui è tuttora assente un’organizzazione politica della classe lavoratrice.
L’assemblea del 23 settembre fa parte di questo continuo sforzo.
Uno sforzo che è tanto più rilevante, e da sostenere, in quanto cade proprio nel momento in cui sono in tanti a recitare la parte degli gnorri, facendo finta di non sentire, non vedere, non capire che le politiche anti-immigrati del governo sono soltanto il primo atto di un’offensiva anti-proletaria a trecentosessanta gradi a cui si deve rispondere senza ulteriori indugi.
L’aspetto più notevole di essa è stato senza ombra di dubbio la capacità dei proletari d’avanguardia intervenuti di spingersi oltre, molto oltre, l’orizzonte della lotta sindacale in direzione di una lotta al governo, soprattutto contro le sue politiche anti-immigrati e perfino oltre la stessa lotta al governo Salvini-Di Maio verso una battaglia all’intero sistema capitalistico.
La loro grinta ha segnato dall’inizio alla fine il livello di calore, decisamente alto, di tutta l’assemblea.
A cominciare dal filmato che l’ha introdotta, che ha preso le mosse molto opportunamente dal colonialismo storico, perché se si mettono tra parentesi il colonialismo e il neo-colonialismo, come fanno in tanti anche all’estrema sinistra, non si può capire un accidenti delle cause profonde e risalenti delle attuali emigrazioni (forzate) di massa.
E in maniera altrettanto netta l’azione di contrasto al razzismo è stata fissata non in termini etici, “umanitari”, di “mutuo soccorso”, come avviene in genere, ma nei termini di un anti-razzismo di classe, centrato sull’unità nella lotta tra proletari autoctoni e immigrati, sulla denuncia di tutte le discriminazioni ai danni degl’immigrati e sull’obiettivo della piena parità effettiva di diritti tra autoctoni e immigrati.
La contrapposizione alle politiche del governo Lega-Cinquestelle non poteva essere più decisa.
Né poteva essere più forte la determinazione dei proletari immigrati presenti a attivarsi anche sul piano politico.
Se l’Italia è all’avanguardia, oggi, nella guerra agli emigranti e agli immigrati, tant’è che l’intera galassia delle formazioni di destra più aggressivamente razziste (incluse quelle statunitensi) guarda con interesse a quello che succede in Italia, la battaglia contro il governo Salvini-Di Maio acquista un valore, un significato, una portata internazionale e internazionalista, che è stata colta e sottolineata dai compagni venuti dall’estero.
Braccianti, operaie dell’industria, salariate dei servizi, lavoratrici di cura, donne dannate alla prostituzione dai circuiti mafiosi italiani e stranieri (nonché dalle patologiche abitudini dei maschi nostrani), donne di casa: sempre si abbatte su di loro un di più di oppressione, sfruttamento, dolore, violenza specificamente riservato alle donne.
E nonostante questo, le donne immigrate, in larghissima misura proletarie, mostrano una straordinaria capacità di resistenza e anche di lotta (è stata ricordata la lotta alla Yoox), a cui bisogna fare eco perché non venga soffocata dai processi di atomizzazione e dalla indifferenza.
Tutti temi ripresi da diversi interventi, a cui va dato un coerente sviluppo, rompendo la consolidata abitudine a tacerne o a metterli all’ultimo posto.
Inevitabile è stato, a questo riguardo, il richiamo allo scontro che sempre più oppone SI Cobas e USB: con il SI Cobas incardinato su una linea di indirizzo internazionalista, e l’USB che all’opposto flirta con i Cinquestelle, identificandosi con la prospettiva nazionalista della creazione di un'”area euro-afro-mediterranea”, perfettamente capitalistica e fortemente concorrenziale con l’Europa franco-germanica.
Ci stiamo avvicinando a grandi passi a un aut-aut storico che travolgerà come castelli di carta le soluzioni intermedie, lasciando in piedi solo l’alternativa radicale: o la riorganizzazione di un capitalismo reso dalla sua senescenza sempre più brutalmente predatorio con la nostra classe, il genere umano e la natura; o la rottura rivoluzionaria di questo decrepito sistema sociale, e l’avvio della transizione a quello che un tempo fu chiamato socialismo internazionale, sapendo di cosa effettivamente si parlava (almeno a grandi linee), e oggi invece ci toccherà rispiegare da capo di cosa si tratta.
Nell’assemblea non si è discusso di questo aut-aut storico, ma sono emersi molteplici spunti di critica al capitalismo in quanto tale.
Pochissime, o zero, litanie sul neo-liberismo, a cui sempre fanno seguito finte soluzioni keynesiane, ancor più fintamente pro-lavoratori; ed invece un sano sentimento anti-capitalista, di un anti-capitalismo di classe denso di potenzialità.
Non è stata solo la presenza di delegazioni venute dalla Francia, dal Regno Unito, dagli Usa e di un messaggio augurale dalla Germania, né soltanto la presenza energica e cosciente di proletari di avanguardia di diverse nazionalità, primi protagonisti della fase più esaltante dell’assemblea, segno del carattere definitivamente multinazionale e multirazziale del proletariato italiano ed europeo; è stata l’atmosfera che si è respirata dall’inizio alla fine dei lavori a consentirci di dire che da anni, da molti anni, non si vedeva una iniziativa così segnata da un genuino spirito internazionalista proletario.
Merito anche a quanti hanno saputo raccogliere al volo questo appello anti-razzista, anti-capitalista, internazionalista.
A chi non c’era, mentre avrebbe potuto e dovuto esserci, rivolgiamo l’invito a rompere gli indugi e scendere in campo senza aspettare che suoni il gong dell’ultima ripresa.
Non si può più restare alla finestra.
Dobbiamo puntare ad arrivare al grosso dei lavoratori autoctoni, imparare a rispondere al loro scontento, alla loro rabbia, al loro sbandamento, alle loro paure con almeno altrettanta efficacia dei nostri nemici.
Dobbiamo riuscire ad arrivare alla massa dei giovani precari e degli studenti, incitarli e motivarli a rompere la loro lunga stasi.
Ce la faremo, specie se finalmente prenderà corpo, e si organizzerà, una tendenza politica internazionalista capace di essere all’altezza delle grandi sfide del nostro tempo.