Dopo la forte manifestazione
del 27 ottobre:
e pensare in grande.
Ma questa volta – a differenza del 24 febbraio – si è trattato di un corteo più “misto”, con una presenza di lavoratori e lavoratrici italiani decisamente più consistente, anche se ancora troppo limitata, e con la partecipazione attiva di movimenti per la casa, di disoccupati e gruppi di studenti.
Nel quale le svariate migliaia di dimostranti hanno espresso tutta la rabbia che il decreto-Salvini ha suscitato in loro e denunciato l’intera politica del governo Lega-Cinquestelle, attaccata dagli speaker del corteo per il suo globale carattere anti- proletario.
Al centro, dall’inizio alla fine, c’è stato il tema dell’unità tra i lavoratori immigrati e i lavoratori italiani, la comunanza di interessi, di bisogni, di prospettive tra tutti gli sfruttati.
“Solo due razze, sfruttati e sfruttatori”, così uno striscione srotolato da un balcone a metà del percorso, ha sintetizzato il messaggio del corteo.
Gli slogan gridati hanno aggiornato e arricchito quelli del 24 febbraio.
Il classico “chi tocca uno, tocca tutti”, è stato ritmato prima sul lavoratore immigrato, poi sul lavoratore italiano; e sono stati ricordati i licenziati FCA di Pomigliano, colpiti da fogli di via e però egualmente, in altro modo, presenti.
Energica è stata anche, in alcuni interventi, la denuncia della dominazione imperialista sui paesi del Sud del mondo, delle guerre e del saccheggio neo- coloniale che hanno tra i loro effetti l’emigrazione forzata di massa.
E non è mancata neppure la critica alla funzione anti-operaia dello stato e al sistema capitalistico in quanto tale, sia nei testi distribuiti dai collettivi politici e dalle organizzazioni internazionaliste presenti, che negli interventi dei compagni del SI Cobas.
Ed è un altro aspetto della indiscutibile crescita quantitativa e qualitativa che la manifestazione di sabato segna rispetto a quella di febbraio.
Il 26 ottobre, uno sciopero ben riuscito nella logistica e in alcuni settori dei trasporti e del pubblico impiego, con diversi cortei cittadini partecipati anche da studenti. Il 27 ottobre, l’ancor più riuscito corteo di Roma: il primo corteo nazionale contro il governo “fasciostellato senza se e senza ma”, nel quale sono stati sempre appaiati nella denuncia Salvini e Di Maio, gratificati di sonori cori di “vaffanculo”.
Il SI Cobas può rivendicare con orgoglio il cammino percorso negli ultimi dieci anni, dalle prime lotte in singoli magazzini alla capacità di coinvolgere una importante minoranza attiva multinazionale dei proletari della logistica, trascinando dietro di sé anche altri organismi sindacali dai tratti non proprio coincidenti con quelli di un combattivo sindacalismo
E può rivendicare in aggiunta il ruolo di supplenza politica svolto negli ultimissimi anni nel sollecitare una risposta politica militante alla guerra in atto contro gli emigranti e gli immigrati.
E però né il SI Cobas, né noi che siamo stati politicamente solidali con tale cammino di lotta, possiamo attardarci a guardare indietro.
Prime contraddizioni si stanno aprendo tra la demagogia “populista” e “sovranista” dell’esecutivo e settori del suo elettorato “popolare” e specificamente proletario.
Il TAP si deve fare, lo pretendono gli Stati Uniti di Trump per ridurre la dipendenza dell’Italia dalle forniture di gas russe, lo vogliono l’ENI, la BP, la Enagas, la Axpo, chi se ne frega degli abitanti di Melendugno anche se hanno votato 5S.
Stessa storia per l’Ilva, i suoi dipendenti e la salute dei cittadini comuni di Taranto: cosa volete che contino, per Di Maio e i suoi soci di governo, davanti agli interessi di Arcelor-Mittal e alle “raccomandazioni” dell’UE?
In precedenza a Ventimiglia e a Catania, in seguito a Riace e a Lodi, ci sono state proteste contro l’infame politica di Lega-Cinquestelle verso gli emigranti e gli immigrati.
Mentre a Verona e in altre città cortei e assemblee di donne molto partecipati denunciavano il disegno di legge Pillon, l’ennesimo tentativo di vanificare la legge 194 e il ritorno in campo di una concezione della famiglia propria dell’epoca fascista.
Insomma, il “governo del popolo” inizia a mostrare la sua vera funzione di governo del capitale, dei grandi, medi e piccoli padroni del nord e del sud, di vecchia e nuova formazione – qui stanno le sue maggiori difficoltà, nel riuscire a contemperare gli interessi conflittuali di questi ambiti -, assai ben collegato con i grandi interessi capitalistici transnazionali (quelli dei boss gringos per primi).
Nello stesso giorno e nella stessa Roma, l’iniziativa di qualche decina di aderenti a Casa Pound è stata amplificata al massimo su tutti i giornali e tutte le tv, mentre svariate migliaia di rumorosi manifestanti sono stati totalmente oscurati dalla “libera informazione”, dopo essere stati opportunamente fotografati e schedati, se immigrati uno per uno, dalla polizia, che è stata presente poi con ingenti forze lungo tutto il percorso del corteo.
Per i poteri costituiti il potenziale magnetico di questo movimento di lotta è pericoloso, e va perciò occultato.
Il disfacimento della vecchia sinistra, l’allineamento di Cgil-Cisl-Uil al primato degli interessi delle singole aziende e dell’azienda-Italia, il pressoché totale mantenimento da parte del nuovo governo del Jobs Act e delle altre misure anti-proletarie varate negli ultimi decenni (altro che “governo del cambiamento”), aprono un grande spazio a un intervento politico e sindacale incardinato su linee di classe.
Puntare al massimo sviluppo della conflittualità sui luoghi di lavoro al di là della logistica contro il brutale sfruttamento del lavoro in corso in tutti i comparti della produzione e dei servizi, e fuori dai luoghi di lavoro contro la distruzione del welfare, la repressione, l’acutizzazione dell’oppressione sulle donne, l’ulteriore devastazione dei territori, etc.
Lavorare affinché la conflittualità già in atto e quella a venire confluisca in un fronte unico proletario anti-capitalista di massa, con l’obiettivo di modificare i rapporti di forza sui luoghi di lavoro e nella società, e far cadere questo governo reazionario dalla piazza;
L’avvento del governo Salvini-Di Maio è solo la concrezione italiana dell’avvento a scala mondiale di un nazionalismo sempre più aggressivo, a partire dagli Stati Uniti d’America.
Un nazionalismo che veste i panni “populisti” e “anti-sistema” per cercare di trascinare dietro di sé la parte più ampia possibile delle masse lavoratrici in una corsa sfrenata alla ri-spartizione del mercato mondiale.
L’ordine internazionale sancito dalla seconda guerra mondiale è morto e sepolto.
Una nuova, devastante recessione globale si avvicina a passi sempre più veloci.
E le borghesie dei singoli paesi imperialisti, tra esse quella italiana, si stanno attrezzando alle emergenze in arrivo cercando di spezzare preventivamente i legami tra lavoratori autoctoni e immigrati con l’arma del razzismo di stato, e i legami tra i lavoratori dei diversi paesi con l’intensificazione della concorrenza e dello sciovinismo.
Potremo opporci in modo efficace a questo corso dell’economia e della politica mondiale solo lavorando con metodo per un fronte unico proletario anti-capitalista, internazionale e internazionalista.
Un altro terreno da percorrere con convinzione sulla base dei contatti già avviati, è quello di una iniziativa contro il razzismo di stato alla scala europea che raccolga e si sforzi di centralizzare le molteplici proteste che si sono verificate negli ultimi mesi a scala continentale nei confronti della politica di Fortress Europe e delle discriminazioni razziali ai danni degli immigrati, ed esprima la solidarietà più incondizionata alle lotte operaie, contadine, sociali degli sfruttati del Sud del mondo, a cominciare da quelle in corso in Africa contro l’assalto neo-coloniale in atto.