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[MODENA] Alcar Uno: un copione già visto

ALCAR UNO:

UN COPIONE GIÀ VISTO

La vertenza di Alcar Uno è ormai il simbolo della lotta allo sfruttamento nel comparto carni modenese: negli scorsi anni i lavoratori avevano manifestato per ottenere il riconoscimento del CCNL Alimentare (al posto di quello Logistica) e così iniziare ad uscire dal ghetto della schiavitù salariata, potendo vendere la propria forza lavoro con maggiore dignità.
La famiglia Levoni non voleva essere il primo anello della catena padronale a cedere: cercò dunque di contrastare la forza della classe operaia con tutti i mezzi che la ricchezza ed i legami politici potevano garantire.
I licenziamenti del 2016
Restiamo però solo a quanto attiene direttamente all’esperienza vissuta sulla pelle dai lavoratori.
I licenziamenti della passata esperienza avvengono per la scelta di chiudere una certo tipo di lavorazione e precisamente un nastro di lavoro presso Global Carni.

Questo è il risultato dello spezzettamento operato sul corpo operaio attraverso il sistema delle cooperative: prima gli operai erano tutti utilizzati attraverso uno stesso fornitore di manodopera, mentre nel corso degli anni si assiste alla moltiplicazione dei fornitori.

In caso di necessità – cioè in caso di rivendicazioni o sindacalizzazione – il padrone può sciogliere l’appalto con la cooperativa in cui sono presenti gli operai più combattivi: nel caso di Alcar Uno nel 2016 questo meccanismo permette il licenziamento di oltre trenta lavoratori iscritti al S.I. Cobas.

Oggi stiamo assistendo di nuovo ad una riproposizione dello stesso meccanismo?
Vediamo il succedersi degli avvenimenti.
La situazione oggi
Planet è una cooperativa fittizia operante in Alcar Uno che, dopo qualche anno, fallisce e cessa l’attività, svanendo nel nulla.

Succede così che una parte dei dipendenti di Alcar Uno si trovano ormai da quasi nove mesi senza le ultime buste paga, senza parte dei salari maturati, senza il pagamento del TFR, delle ferie e dei permessi maturati e mai goduti.

Il committente è corresponsabile in solido per queste pendenze (deve cioè pagare al posto della cooperativa fallita) ed è per questo che il nostro sindacato sta chiedendo da allora l’intervento di Alcar Uno per il pagamento di quanto è stato trattenuto ai dipendenti: è una modalità normale in questi casi, ma la trattativa si protrae oltre ogni ragionevolezza.

Mese dopo mese si passa costantemente di rinvio in rinvio, anche se dopo il primo sciopero attuato dai dipendenti della 3T Società Cooperativa, sembra che le intenzioni di Alcar Uno diventino più concrete e durante il mese di ottobre in un incontro tenutosi al Maranello Village, i legali della azienda dichiarano di essere disponibili al pagamento del 50% di quanto dovuto.
Si presuppone che sia possibile ottenere il benestare del curatore fallimentare prima di procedere al pagamento dell’intera somma e sull’impegno di produrre ogni documento possibile per raggiungere lo scopo, la trattativa resta sospesa sulla richiesta del sindacato di stabilire comunque una data finale scaduta la quale, a prescindere dalla possibilità o meno di ottenere detta risposta, si possa procedere al pagamento del restante 50%.
Ora facciamo attenzione alle date: l’incontro con gli avvocati di Alcar Uno avviene nella seconda settimana di ottobre e rispetto alla possibilità di avere una risposta per avere la certezza del pagamento del restante 50% entro una data certa, si stabilisce il termine massimo di venerdì 26 ottobre 2018.
Lunedì 29 ottobre il sindacato chiede chiarimenti attraverso l’invio di una lettera elettronica sulla mancata risposta: i lavoratori sono ancora una volta frustrati, hanno paura che li stiano prendendo in giro, ma portano pazienza ed attendono la risposta alla lettera.
Il 30 ottobre arriva la risposta dell’avvocato incaricato, che si scusa per non aver portato a termine il confronto con l’azienda e rimanda la risposta ad un incontro che si sarebbe dovuto tenere i primi giorni della settimana successiva.
Questi giochi di rinvio di settimana in settimana sono tipici dei rapporti con le aziende che devono pagare le pendenze e servono a delegittimare non nelle forme, ma nei fatti l’azione sindacale.
È chiaro che si crea una tensione tra il sindacato ed i suoi rappresentati, perché il sindacato è orientato a tenere aperta la trattativa, ma i lavoratori non ne possono più: il giorno 31 ottobre, esercitando un diritto sancito, l’assemblea decide di procedere allo sciopero spontaneo e di chiedere il pagamento delle spettanze.
La concomitanza con il processo ad Aldo Milani in cui è coinvolta la famiglia Levoni rischia di creare confusione sulle motivazioni dello sciopero, ponendo l’accento sulle motivazioni politiche, mentre è opportuno capire il punto di vista operaio.

I lavoratori vengono raggiunti addirittura dai carabinieri, che certificano la condotta assolutamente corretta delle maestranze e che quindi lasciano svolgersi normalmente lo sciopero stesso.

Il 31 ottobre è anche il giorno in cui scade il mandato per la cooperativa 3T e la sera del 31 ai lavoratori arriva un messaggio drammatico in cui si dice che la cooperativa ha disdettato il suo impegno in Alcar Uno e che il giorno dopo non si lavora.
Alle 5.00 del mattino i lavoratori presenti sull’impianto di Alcar Uno si trovano con il badge disattivato ed alle 8,00 i 54 dipendenti di questa azienda vengono messi in ferie.
Qui si assiste ad una conferenza stampa rilasciata da un sindacalista di spicco di Cgil che denuncia su TRC che ad Alcar si sta compiendo l’ennesimo misfatto sulla pelle dei lavoratori.
Seguono trattative convulse tra Alcar Uno e 3T fino a che nella giornata di sabato arriva la notizia che la settimana successiva i dipendenti di 3T torneranno a lavorare la settimana successiva.
Il 5 di novembre è ancora giorno di ferie e i 54 dipendenti attendono mentre si svolge un secondo confronto tra Alcar e 3T.
Il giorno 6 i 54 dipendenti riprendono il lavoro ed i loro badge sono nuovamente attivi.
Ma come riprendono il lavoro?
Alla cooperativa 3T è stato riassegnato il lavoro solo al 75 %, cioè uno dei due nastri di sua pertinenza viene assegnato ad un’altra cooperativa e la cooperativa si trova con nove lavoratori in più.
Il nastro viene assegnato alla gestione della azienda Steer Disosso, che avevamo contestato per il licenziamento di tre lavoratori attuato nei mesi precedenti.
Tra l’8 ed il 9 di novembre iniziano ad arrivare le lettere di contestazione disciplinare ai lavoratori per lo sciopero attuato il 31 e si apre uno scenario inquietante: infatti se la cooperativa è stata posta artificialmente in uno stato di esubero ed arrivano lettere di contestazione la domanda che segue è semplice:
 
Che destino spetta ai dipendenti 3T?
 
Ancora una volta siamo di fronte alla costruzione artificiale di esuberi per colpire i lavoratori che solo e
semplicemente hanno chiesto i loro diritti?

Si sta nuovamente preparando il terreno per fare fuori il sindacato attraverso licenziamenti politici che porteranno all’ennesima ondata di scioperi?
Noi vogliamo evitare che si giochi ancora una volta una partita politica sulla pelle dei lavoratori.
Segue uno stralcio della risposta alla contestazione disciplinare:
<<Entrando comunque nel merito, il giorno 31 ottobre la frustrazione per il rinvio di ogni certezza relativa ad un diritto che dovrebbe essere inalienabile come quello di poter rientrare in possesso del proprio TFR, ci hanno indotto a mettere in atto uno sciopero spontaneo che rientra pienamente nel diritto costituzionale italiano, come si evince dal testo che segue:
<<…la proclamazione dello sciopero può essere deliberata dal sindacato, ma anche da una assemblea di lavoratori, da un comitato di lavoratori e non necessita di comunicazione preventiva al datore di lavoro,…>>

Fonte: www.prefettura.it/FILES/AllegatiPag/1137/SCIOP.doc >>

Vedi anche:

– http://www.tvqui.it/video/home/154561/si-cobas-nuovi-timori-per-i-lavoratori.html

– https://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2018/11/14/news/alcar-uno-l-ombra-dei-licenziamenti-e-salari-non-pagati-1.17458804