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[DOCUMENTO] Contro il Congresso delle Famiglie di Verona del 30 marzo: una strategia internazionale contro le donne, e non solo

Una strategia internazionale contro le donne, e non solo

L’internazionale del Mulino bianco, i paladini della famiglia felice che si riuniscono oggi a Verona si presentano come portatori della soluzione dei problemi che assillano le famiglie nel mondo, soluzione che si identifica con il ripristino della famiglia “naturale” ispirata ai valori “cristiani”.

La loro strategia si fonda sulla necessità di salvaguardare l’identità cristiana dell’Europa e dell’occidente tutto, evidentemente minacciata da altre identità culturali o religiose, e di riaffermare al tempo stesso i valori capitalistici “laici”: ordine, gerarchia, sottomissione, competitività, individualismo, a partire dalla cellula fondante della società: la famiglia, e nella fattispecie la famiglia “naturale”, in cui le donne siano rimesse al proprio posto una volta per tutte.

La famiglia “naturale” è una bufala

La storia umana ha visto nel corso dei secoli e millenni una grande varietà di forme di famiglia, (termine che non deriva da mamma papà e bambini, ma da “famulus” che significa servo) e altrettante ne vedrà, si presume, in futuro. 

La famiglia monogamica ne è solo l’ultimo esempio, funzionale alle esigenze del capitalismo, e si basa sul presupposto (condiviso anche dalla gerarchia cattolica) della “differenza” tra i sessi determinata dall’anatomia, e della loro complementarietà come base del matrimonio, differenza che è inseparabile dai ruoli sociali e culturali maschile e femminile che devono conformare anche la vita sociale.

E’ necessario, afferma papa Francesco in persona, garantire la certezza dell’identità femminile (l’attitudine alla cura, al servizio, alla sottomissione?

I molti compiti primari di moglie e di madre sono forse all’origine della sua inaffidabilità sociale?) e anche di quella maschile, con la sua attitudine alla vita pubblica, al lavoro extradomestico, ma anche con le sue funzioni di controllo sulla sessualità e sulla persona femminile, di mantenimento dell’ordine, di forza (e di violenza, reazione inevitabile in questo contesto quando questo ruolo viene messo in discussione dalle donne).

Cosa diventa “naturale” nella famiglia “naturale”

Innanzitutto, la centralità della maternità (incontrollata e non autodeterminata) nella vita della donna, e ciò si manifesta con l’obiettivo politico di rendere ancor meno operativa la legge 194 o di abolirla tout court; il controllo sulla sessualità femminile garantito dal matrimonio sempre più indissolubile nei fatti, come previsto dal progetto di legge vessatorio del leghista Pillon; controllo che ovviamente non riguarda la sessualità maschile, come dimostrano gli auspici di riapertura delle case chiuse.

Diventa inoltre naturale la divisione sociale del lavoro nella famiglia sulla base del genere, con l’erogazione del lavoro domestico e di cura gratuito da parte delle donne, e la conseguente svalorizzazione del loro eventuale lavoro extradomestico, che sarà sempre più collaterale e subalterno.

Le donne diventano così stabilmente dipendenti economicamente e socialmente subordinate all’uomo, a cui si offre la prospettiva di poter tornare a “comandare” “almeno” in casa propria, come compensazione alla barbarie imperante nei posti di lavoro e nei rapporti sociali in generale.

La famiglia naturale è dunque governata da istinti “naturali”, che si accompagnano ad altri istinti ugualmente innati: la legittima difesa, la legittima proprietà, la difesa della “propria” famiglia, della propria etnia, religione, patria, nazione…

Difesa da chi? 

Da tutti quei soggetti e comportamenti non a norma, che riguardano la cultura, la religione, l’etnia, la preferenza sessuale, ma soprattutto, in prospettiva, la scelta politica di campo e di classe, e che sono portatori di tutto ciò che può dividere la “nazione”, (la lotta contro l’ordine costituito, anzitutto e soprattutto) ed entrare in contatto con la più vasta umanità, non fosse che per semplice spirito umanitario.

È una strategia complessiva già sperimentata in passato, con la pratica nazista di rafforzamento della nazione tramite la demonizzazione e lo sterminio non solo degli ebrei, ma anche di comunisti, rom e omosessuali.

La famiglia tradizionale è in crisi

La crisi attraversa tutti gli aspetti del sistema sociale in cui viviamo, e dunque anche la famiglia “tradizionale” è in crisi.

Ad essa si sono via via affiancate le varie forme di famiglia reale, le varie forme di convivenza e di responsabilità genitoriale.

Donne sole con figli, coppie separate che realizzano nuove unioni, assumendosi le responsabilità genitoriali dei figli del compagno o della compagna, coppie omosessuali che aspirano a realizzare unioni stabili e alla responsabilità genitoriale, coppie che convivono e fanno figli prima di essere sposate, togliendo al matrimonio la sua funzione di autorizzazione alla convivenza e di legittimazione della filiazione: una pluralità di situazioni che si basa spesso sulla sincerità e gratuità dei rapporti piuttosto che sulla ratifica istituzionale degli stessi.

Un esercizio di responsabilità non “dovute” che nella prefigurazione di rapporti sociali liberati dal dominio del denaro e della merce si dovrebbe avvicinare sempre più alla responsabilità sociale, collettiva e condivisa, della crescita delle nuove generazioni.

Tuttavia le varie “famiglie” si scontrano anch’esse con problemi reali, che l’attuale crisi economica acuisce sempre più. 

Le donne devono fare figli come se non lavorassero e lavorare come se non avessero figli.

La metà delle 900.000 donne sole con figli che vivono in Italia sono a rischio di povertà, spesso di povertà assoluta.

Gli orari e i ritmi di lavoro non tengono conto delle mille esigenze legate al lavoro di cura, (basti pensare alle difficoltà di conciliare gli orari di lavoro con quelli scolastici dei figli) e niente si prevede per rendere possibile la condivisione di questi compiti all’interno della coppia, salvo colpevolizzare la donna se non se li accolla.

Una donna su cinque impegnata nel lavoro extradomestico è costretta a lasciarlo dopo la nascita del primo figlio.

E giovani e giovanissime hanno di fronte a sé la prospettiva di un precariato a vita e sono costrette /i a vivere in famiglia ben oltre l’adolescenza.

L’instabilità sociale e le accresciute aspettative che le donne hanno rispetto al loro destino incidono profondamente sulla decisione di fare figli, che spesso non arrivano, anche quando desiderati, per fattori ambientali, di inquinamento, di stress ecc.

Cosa prevede questa bella gente riunita a celebrare la famiglia per far fronte a questi problemi?

Cosa prevede per i 260.000 bambini sotto i 14 anni che lavorano, per il milione e trecentomila minorenni che vivono in povertà assoluta e per le loro famiglie, per i grandi anziani costretti a gestire in solitudine difficoltà economiche e malattie?

Prevede di accettare il lavoro a qualunque distanza da casa, con buona pace dell’unità della famiglia!

Prevede per le donne ulteriori sacrifici, aumento di lavoro, sottomissione al destino, perdita di autodeterminazione.

Prevede di scaricare sulle famiglie del Sud del mondo il prezzo della difesa delle “nostre” famiglie.

Prevede politiche sovraniste e nazionaliste che dividono il fronte degli sfruttati, indicando negli immigrati e nei loro “costi esorbitanti” la ragione dell’impoverimento e del degrado dei “nostri” quartieri popolari.

Da queste politiche locali e mondiali le donne nel mondo avranno solo da perdere.

Ma chi sono questi campioni del focolare domestico?

Non sono solo dei biechi oscurantisti che vogliono smantellare le (relative) conquiste delle donne, sono al tempo stesso i rappresentanti di una strategia di uscita dalla crisi mondiale che prevede lo schiacciamento dei diritti di tutti i lavoratori, l’asservimento dei popoli del sud del mondo e lo scontro bellico con la Cina in forte ascesa e i suoi potenziali alleati.

Si incontrano infatti non solo i rappresentanti mondiali dell’ecumenismo integralista, dagli evangelici Usa fan di Steve Bannon, ai cattolici lefevriani e neocatecumenali (di cui il famigerato Pillon è autorevole rappresentante), ai vescovi ortodossi amiconi di Putin e nostalgici dello Zar Nicola II, ma anche, in un abbraccio micidiale, le forze di governo sovraniste e suprematiste polacche, ungheresi, moldave, ucraine, russe e da buon ultimo italiane, non solo della destra considerata “estrema” (Forza nuova o Casa Pound) ma della Lega, il cui massimo rappresentante nonché vicepresidente del consiglio si è detto onorato di ospitare e partecipare all’evento.

In questa strategia complessiva è il campo religioso, da sempre difensore di una morale funzionale all’ordine capitalistico, che converge su queste politiche reazionarie di uscita dalla crisi, che prevedono lo scontro generalizzato (anche bellico), non solo col mondo islamico ma anche con le crescenti potenze antagoniste, in primis la Cina, scontro cui ci si prepara mettendo a punto i “valori” da difendere, vecchi e nuovi ma sempre opposti a quelli necessari alla nostra comune liberazione.

Sono valori tutt’altro che medioevali, anche se comportano una messa in discussione delle conquiste del movimento delle donne e di tutti i movimenti di lotta.

E’ la rimodulazione dello schiacciamento delle masse femminili, dei lavoratori, dei popoli del sud del mondo.

Un progetto da respingere dalla A alla Z

L’ipocrita difesa della famiglia è tanto più vomitevole in quanto è sbandierata dai principali distruttori e disgregatori di famiglie attualmente in azione.

Da un lato, i rappresentanti dei paesi occidentali che con le loro politiche di rapine e di guerre impoveriscono le popolazioni del Sud del mondo, negando alle famiglie e agli individui la possibilità di una vita dignitosa e la stessa sopravvivenza.

Un esempio su tutti è il destino riservato alle donne palestinesi, in lotta da decenni per la sopravvivenza propria e delle proprie famiglie, costantemente sotto la minaccia di sterminio.

Dall’altro, i campioni delle cricche al governo nei paesi dell’est Europa, che collaborando attivamente all’attuazione delle riforme neoliberiste imposte da FMI e Banca mondiale, hanno creato milioni di disoccupati e hanno spinto milioni di donne a emigrare, per sopravvivere, lacerando in modo spesso irreversibile le loro vite e le loro famiglie, (e “salvando” le economie dei propri stati con le loro rimesse).

L’ordine gerarchico che deriva dalla forma di famiglia che viene propagandata è basato sull’assunto che “c’è sempre stato chi comanda e chi deve obbedire, perché inferiore”, quindi ci sono individui inferiori, classi inferiori, razze inferiori, popoli inferiori da sottomettere (o, se vogliamo, guidare verso la civiltà).

Il progetto politico generale portato avanti da questa accozzaglia di soggetti va respinto dalla a alla z, avendo ben presente la sua dimensione internazionale come internazionale è stata, pur se con diversa intensità, la risposta del movimento femminista negli ultimi anni. 

Ma è evidente che non può bastare ciò che si è mosso finora: è necessario andare oltre gli obiettivi specifici della condizione delle donne estendendo la denuncia alle molteplici forme di oppressione e sfruttamento e all’insieme dei rapporti sociali capitalistici.

È necessario battersi per estendere il fronte di lotta, e, qui in Italia, manifestare la solidarietà attiva con il movimento di lotta dei facchini immigrati e i militanti sindacali e politici colpiti da una repressione statale sempre più pesante. 

Una solidarietà che si è già espressa nell’ultimo 8 marzo, con la partecipazione non solo simbolica dei lavoratori attivi nei sindacati di base, e in particolare nel S.I. Cobas, alla giornata di sciopero internazionale delle donne.

Non è una lotta per la “modernità” o per cambiamenti culturali che ci aspetta, ma una battaglia contro l’azione del governo Lega – 5 Stelle e, a livello internazionale, contro un sistema sociale barbarico, qualunque sia il volto che ci presenta: la modernità falsamente tollerante e inclusiva dell’individualismo competitivo o la tradizionale galera dei rapporti sociali codificati.

Li batteremo entrambi!

Cuneo rosso – NUR Universitari contro l’Apartheid Israeliana – Comitato permanente contro le guerre e il razzismo (com.internazionalista@gmail.com)