CGIL, CISL, UIL, SNALS e Gilda avevano promosso per il venerdì 17 maggio uno sciopero nazionale.
Doveva essere uno sciopero vero contro la regionalizzazione di scuola, sanità, trasporti ecc. e un vero rinnovo del contratto della scuola.
Questo, avevano promesso!
Ma è bastato che il premier Conte e il ministro dell’istruzione Bussetti li convocassero pe revocare lo sciopero e vincolarsi ad una sorta di intesa politica pre-contrattuale.
Vengono così tradite le aspettative del comparto più numeroso e sindacalizzato del P.I., la scuola.
Questa resa senza contropartite certe, conferma la vocazione dei sindacati confederali e “autonomi” a porsi come controllori-gestori del conflitto sociale, non certo come strumento di difesa degli interessi dei lavoratori.
Gli aumenti promessi sono irrisori e senza copertura, perché il finanziamento è da trovarsi con la prossima Legge di Bilancio, su cui incombe una manovra lacrime e sangue dell’ordine di circa 40 miliardi.
Avevano promesso di opporsi alla “secessione dei ricchi” voluta dalle regioni del nord, che andrebbe a smantellare ciò che resta dello stato assistenziale.
Ma non saranno le raccolte di firme a fermare questo progetto.
Intanto, la Sanità Pubblica, da universale e gratuita, è sempre più una sanità a misura di portafoglio e i privati signoreggiano sul mercato della salute; vi erano entrati come ospiti e oggi si qualificano come i veri padroni.
Ne consegue che quote sempre crescenti di spesa sanitaria gravano sulle famiglie proletarie e altri poveri rinunciano o ritardano le cure per l’insostenibilità dei costi.
Il welfare aziendale è stato introdotto anche nella Sanità Pubblica che dovrebbe essere il santuario della salute.
Viene così affossato il principio di garantire le cure a tutti indipendentemente dal reddito.
Al contrario, si allarga la forbice tra quanti hanno un’attività stabile e il numero crescente di disoccupati, precari e lavoratori part-time.
Con l’autonomia differenziata anche l’istruzione scolastica perderebbe il carattere di universalità.
Lo stesso CCNL verrebbe svuotato, perché condizionato dalle politiche regionali: le disuguaglianze salariali, i criteri di reclutamento del personale, gli indirizzi didattici e culturali sarebbero inevitabilmente condizionati dalla differente disponibilità di spesa di ogni singola regione.
Formalmente il premier Conte ha fornito mille assicurazioni sull’intoccabilità della scuola nazionale, ma è sempre più evidente che questa materia è diventata motivo di conflitto elettorale tra Di Maio e Salvini, nonché merce di scambio per gli equilibri e la sopravvivenza del governo a danno della scuola e dei lavoratori di tutto il settore.
Solo la lotta e la riuscita dello sciopero del 17 può essere vincente!
Per fortuna non tutte le sigle sindacali hanno rinunciato alla lotta.
Hanno confermato lo sciopero: Cobas scuola, la CUB, Unicobas e ANIEF.
Oltre alla questione centrale della “regionalizzazione”, si rivendicano:
– forti aumenti salariali per recuperare quel 20% di salario perso in questi ultimi anni,
– la stabilizzazione dei precari a partire da quelli con 3 anni di servizio e senza nessun costo di formazione a pagamento.
Il SI Cobas aderisce allo sciopero e sottolinea la necessità di un fronte di lotta unitario e solidale e si impegna a partecipare alle assemblee di preparazione e alla manifestazione nazionale a Roma.
Genova, 10.05.2019