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[FCA] Mettetevelo in testa… non ci fate paura: la lotta dei lavoratori va avanti, contro sfruttamento e repressione

METTETEVELO IN TESTA… NON CI FATE PAURA

I padroni attaccano le avanguardie degli operai per bloccare le lotte e intimorire la massa operaia.

Nel mirino ci sono principalmente i militanti del SI Cobas.

L’ennesimo provvedimento nei confronti di Mimmo Mignano di questi giorni della Prefettura di Napoli, va nella stessa logica: attacca direttamente un rappresentante del SI Cobas, sindacato protagonista di diverse mobilitazioni ai cancelli della FCA di Pomigliano e dà un segnale agli operai della FCA che vedono nella fusione PSA FCA l’ennesima fregatura.

Il provvedimento “ordina” a Mignano di pagare 4131,60 euro per un presunto blocco stradale attuato a luglio 2014 a Napoli insieme ad un gruppo di “antagonisti”.

Tutto il presunto blocco durò 20 minuti.

Dopo più di cinque anni, la prefettura stabilisce la sanzione.

Mignano era presente ai fatti come in altre manifestazioni a fianco di chi lotta.

Nel ricorso legale che fece tempo dopo dichiarò: “La laconica e indeterminata contestazione impedisce allo stato allo scrivente di poter articolare una compiuta difesa … in ogni caso non vi fu alcun blocco stradale … lo scrivente in particolare, non ha affatto impedito con la propria persona, il flusso veicolare”.

Il verbale che lo ha coinvolto in questo presunto blocco fu scritto il 22/08/2014 nel commissariato di P.S. , un mese dopo l’avvenimento.

A giugno, due mesi prima del verbale, Mignano era stato licenziato dalla FIAT per aver inscenato il finto suicidio di Marchionne per protestare contro i suicidi veri dei suoi colleghi di Nola.

Il licenziamento di Mignano e di altri quattro operai scatenò una campagna di solidarietà nei loro confronti.

Il clima era arroventato e la FIAT aveva bisogno di dimostrare che quegli operai era giusto licenziarli.

L’azienda mise in campo tutta la sua forza economica e d’immagine per eliminare questo gruppo di operai ribelli.

Era il periodo degli immaginifici piani Marchionne, gli operai di Pomigliano erano stati sottomessi ai nuovi ritmi e alla nuova disciplina di fabbrica inaugurata in FIAT proprio a Pomigliano qualche anno prima.

Serviva un esempio per tutti gli operai.

Chi si ribellava alla politica aziendale doveva essere messo fuori.

Dopo una sentenza del tribunale di Nola che confermava il licenziamento dei cinque operai per aver leso «l’immagine della società e del suo amministratore delegato».

Motivazione che oggi fa ridere dopo le belle figure che la dirigenza FIAT ha fatto in America per aver corrotto capi sindacali.

Nel 2016, dopo una grande campagna di solidarietà, il tribunale d’appello di Napoli annullò quella prima sentenza ribaltandola completamente.

Ma la FIAT non si arrese, con i soldi che guadagna con lo sfruttamento degli operai se lo può permettere, mobilitò avvocati di grido e giornalisti e mosse tutte le pedine che aveva a disposizione.

L’epilogo è stato un nuovo ribaltone.

Con una sentenza che molti giuristi hanno definito vergognosa, la Cassazione confermò il licenziamento nel 2018.

Per il blocco stradale contestato a Mignano nel luglio del 2014 è stata appurata solo la sua presenza a Napoli nel luogo dei fatti.

Era uno conosciuto.

Era un ribelle.

Era giusto metterlo in mezzo.

E’ solo una sanzione, non va in galera, non serve farlo.

La FIAT lo ha condannato alla miseria della disoccupazione. I problemi economici possono imbrigliare più delle sbarre.

E’ una regola che il padrone conosce benissimo.

Tra Daspo, sanzioni in denaro, multe e licenziamenti, Mignano appare come un pericolo pubblico.

Non ha mai rubato, non ha mai compiuto un atto violento, non ha mai corrotto nessuno.

Come gli altri compagni del SI Cobas si è ribellato alle leggi del profitto e deve essere criminalizzato.

SI COBAS FCA