Alla Procura della Repubblica di Napoli
E p.c. Al Presidente della Repubblica
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Al Ministro del Lavoro
Al Ministro della Salute
Al Ministro degli Interni
Oggetto: misure urgenti per fronteggiare l’epidemia di Covid 19 all’interno dei luoghi di lavoro
Richiesta di immediata modifica dell’art. 1 comma 7 lett. d) del Dpmc dell’11 marzo 2020
Richiesta di sospendere tutte le attività lavorative non finalizzate alla produzione di beni e servizi essenziali all’interno dei luoghi in cui non è possibile rispettare le distanze di sicurezza di cui ai decreti emanati dal Governo
La gravissima epidemia che attraversa il mondo ed, in particolare, il nostro Paese impone valutazioni e verifiche straordinarie per fronteggiare un’emergenza sanitaria e sociale drammatica.
L’emergenza sanitaria ha raggiunto picchi tali da imporre la sospensione di taluni diritti di rilievo costituzionale.
In particolare, il decreto dell’11 marzo – presentato, non a caso, con il titolo “Io resto a casa” – ha previsto un sostanziale blocco di gran parte delle attività lavorative e, per quanto concerne le tassative eccezioni a tale sospensione, ha disposto nei luoghi di lavoro il rispetto delle prescrizioni previste per contenere l’epidemia ed, in particolare, il rispetto della distanza necessaria tra ogni singolo lavoratore.
Tale regola generale non può avere applicazione per gli operai della “grande industria” – ove è prevista la catena di montaggio – atteso che per costoro il decreto sancisce espressamente che laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, vanno adottati strumenti di protezione individuale.
Chiunque abbia mai frequentato uno stabilimento produttivo, sa benissimo che in detti luoghi la distanza di un metro (in realtà gli esperti affermano che la distanza di sicurezza dovrebbe essere di almeno un metro ed ottantadue centimetri) è oggettivamente un parametro non rispettabile.
Nelle catene di montaggio, infatti, i lavoratori sono disposti a distanza di venti/trenta centimetri gli uni dagli altri.
Occorrerà, dunque – secondo quanto previsto dal decreto – dotare i lavoratori di protezioni individuali, quali, ad esempio, le mascherine.
Tuttavia ci preme evidenziare che le stesse mascherine, sia dalle autorità medico-scientifiche, che dai ripetuti interventi diffusi a mezzo stampa dal governo, non sono affatto ritenute sufficienti per evitare la trasmissione del contagio, per cui si consiglia severamente l’ottemperanza delle prescrizioni contenute nei decreti, come appunto la distanza di almeno un metro e il divieto di riunirsi determinando degli assembramenti.
E’ paradossale che quanto prescritto per il contenimento del contagio in via generale non valga per i siti produttivi, quindi per gli operai che vi lavorano, per i quali si preferiscono utilizzare le ben più modeste e insufficienti regole della mascherina e delle soluzioni igienizzanti.
La fabbrica invece è il luogo dell’assembramento lavorativo per eccellenza, migliaia di operai vi si radunano e molti per recarvisi sono anche costretti ad utilizzare mezzi di trasporto collettivi, come navette e pullman aziendali, che rappresentano un’ulteriore fonte di pericolo per l’incolumità fisica dei lavoratori e potenziali fonti di trasmissione virale.
Così le misure di sicurezza, di prevenzione, di tutela della salute, adottate in ogni ambito della società, trovano il loro limite invalicabile nella sfera produttiva.
Evidentemente il governo ha deciso che sulla salute degli operai si può transigere.
Sono cittadini di Serie B e come tali non godono delle stesse garanzie previste per altri.
I contagiati nelle fabbriche ci sono già come riportato da tutti i quotidiani ed i media nazionali.
E, se non si modifica la situazione, continueranno a crescere in modo esponenziale.
E’ possibile ed anzi doveroso sospendere l’attività in tutti i luoghi di lavoro in cui non possono essere rispettate alla lettera le prescrizioni volte a contenere la diffusione del contagio.
Con la presente sollecitiamo le autorità in indirizzo ad adottare misure urgenti e indifferibili per la chiusura delle fabbriche e di tutti i siti di produzione di beni e servizi non essenziali.
Rimettiamo inoltre agli organi inquirenti la valutazione sui possibili profili di rilevanza penale riscontrabili nell’assenza di interventi e misure atte a tutelare la salute dei lavoratori.
Occorre agire.
E bisogna farlo subito.
Domenico Mignano, Domenico De Stradis
SI COBAS FCA POMIGLIANO – USB FCA MELFI