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[ITALIA] Cronache di uno sciopero. I lavoratori Fedex-Tnt in lotta: se dobbiamo lavorare, possiamo scioperare!

ITALIA. Il Primo Maggio continua: sciopero di filiera TNT

Il 1 Maggio in Italia non è stata una giornata di festa del lavoro, ma non a causa della pandemia: uno sciopero nazionale e numerose manifestazioni da nord a sud Italia hanno preceduto l’inizio della Fase 2 con cui il Governo ha emanato la riapertura della maggioranza dei luoghi di lavoro. Sono anni che movimenti di lavoratori e disoccupati trovano in questa data simbolica una giornata di lotta, e quest’anno, in piena emergenza Covid19, neanche le stringenti misure restrittive come il distanziamento sociale hanno spezzato questa tradizione.

Le sigle sindacali che hanno promosso l’appello alla lotta, SI Cobas e ADL Cobas, sottolineano l’inefficienza delle misure adottate dalle istituzioni per garantire la ripresa sanitaria ed economica, e denunciano soprattutto l’assenza di un piano di test e tamponi di massa dagli ospedali alle fabbriche: assenza che mette inevitabilmente a repentaglio la sicurezza dei lavoratori costretti agli assembramenti per guadagnare lo stipendio: “Noi non siamo carne da macello!”

Due giorno dopo 130 forze dell’ordine hanno sfilato in mezzi blindati verso la filiale TNT Italia di Milano Est, una delle sedi della grossa multinazionale acquisita dal colosso americano della logistica Fedex. Proprio a Peschiera Borromeo gli operai avevano lanciato lo stato di agitazione a livello nazionale a seguito di licenziamenti caduti su 106 lavoratori che avevano scioperato per le pessime condizioni di sicurezza sul lavoro. E la notte del 3 Maggio, dopo il rifiuto di riassumere dei lavoratori da parte dell’Azienda, i facchini si sono riappropriati della fabbrica chiamando tutti gli iscritti degli altri magazzini a bloccare l’intera produzione nazionale per difendere quei posti di lavoro.

Il 5 Maggio mi sono recata presso l’area industriale di Teverola, a pochi chilometri da Napoli e Caserta, dopo aver saputo che un piccolo gruppo di lavoratori avevano aderito all’appello del blocco merci dell’intera filiera: “se si può tornare a lavorare si può anche scioperare. Durante il lockdown i padroni, gli stessi che non si curano di procurarci un vestiario decente da anni, che ci costringono a comprare da soli scarpe anti-infortunistiche per la nostra sicurezza e giubbotti, ci hanno regalato una maglietta per definirci EROI. Sappiate che probabilmente il 15 Maggio, non vedremo ancora uno stipendio dignitoso: la cassa integrazione non è ancora arrivata, due mesi di lockdown ci rendono solo più poveri e sfruttati, e a chi pensa di ringraziarci chiamandoci eroi, gli consigliamo di smetterla con le prese in giro e di anticipare la cassa integrazione agli operai TNT su tutto il territorio nazionale”.


Una decina di facchini in sciopero intorno alle 7:30 sono usciti dal magazzino e in poche ore hanno impedito l’accesso e lo scarico merci a 9 tir, permettendo l’uscita solo a rimorchi e furgoni senza merce.
Presto, fuori allo stabilimento varie vetture della polizia e due auto di ispettori di Aversa e Caserta hanno presieduto lo stabile nel tentativo convincere una decina di lavoratori dello snodo più importante del sud Italia, ad accettare una trattativa locale con al centro l’anticipo da parte dell’azienda della cassa integrazione.

Essendo Teverola uno snodo logistico di vitale importanza al sud Italia, TNT ha provato ad assicurare il minimo delle rivendicazioni ai lavoratori di Caserta per porre fine al blocco delle merci, ma senza assumersi la responsabilità di proporre un accordo tra FedEx e lo Stato, che versa le casse integrazioni, a tutti i lavoratori sul territorio nazionale di TNT-FedEx.

Ma le spiegazioni degli operai del SI Cobas, anche alla presenza della dirigenza TNT Italia, non hanno lasciato dubbi sulla gravità della situazione a livello nazionale, accusando l’azienda di provare a lanciare delle briciole come si fa ai piccioni. Per questo hanno rispettato la legge che “se toccano uno, toccano tutti”.

Alla determinazione degli operai, la polizia ha risposto con identificazioni di massa, anche per due fotoreporter presenti sul posto e a me, costringendomi a cancellare alcuni scatti in nome della privacy, ma di fatto provando ad evitare che svolgessi il mio lavoro come ritenevo fosse giusto.
Il blocco a Teverola si è arrestato intorno alle 13:00 quando abbiamo saputo che a Milano i facchini erano stati caricati dal reparto antisommossa. Il dispiegamento di forza superava il numero dei licenziati.

La mattina del 7 Maggio la produzione della multinazionale era quasi completamente ferma, lo spirito di solidarietà aveva fatto il giro d’Italia: scioperi a Casoria, Roma, Ancona, Parma, Alessandria, Modena, Bologna, Torino, Piacenza, Padova. Fuori i cancelli dei magazzini si allungavano le file di decine di camion, impossibilitati a depositare le merci all’interno. TNT ha provato a dirottare alcuni tir da Peschiera Borromeo verso San Giuliano Milanese, Bergamo e Firenze, ma l’intera produzione era ormai paralizzata. La dirigenza TNT ha chiuso alcuni snodi importanti come Piacenza perché saturi, dai capannoni ai parcheggi dei tir, contando un danno economico che penso sia costato al bilancio italiano della multinazionale qualche centinaia di migliaia di euro.

Fuori al magazzino della provincia di Caserta, intorno alle 14 del pomeriggio di giovedì 7, la zona circoscritta in TNT era la zona più viva dell’area industriale, con solidali da altre realtà lavorative, come i lavoratori della manutenzione stradale della Regione Campania, i licenziati politici della FIAT ed altri ragazzi in disoccupazione o cassa integrazione, che hanno vissuto il lockdown nella stessa crisi ma non si sono sottratti a mostrare supporto, con tutte le precauzioni e il dovuto distanziamento sociale per covid.

Qualcuno era seduto davanti al cancello principale, evitando il tentativo di qualche camionista di entrare a tutta velocità; un altro gruppetto era a poche centinaia di metri a sorvegliare un secondo cancello da cui potevano entrare e uscire tir; all’interno della proprietà alcuni operai, fermi sul posto di lavoro, hanno passato varie ore a giocare a pallone, in una giornata di sciopero. Mi piace pensare che abbiano trovato anche loro, forse passivamente, un modo per riprendersi qualcosa che ci hanno rubato. Se prima gli operai erano costretti agli orari straordinari per guadagnare di più, oggi con l’alibi del rischio di contagio con gli assembramenti, vedono negati ancora una volta il tempo, quello che serve per riconquistare la socialità, oggi più che mai colpita dai ritmi della produzione e del consumo.

Una lavoratrice solidale