Pubblichiamo qui sotto il contributo “Un sistema finanziario mondiale ultra-parassitario che beneficia di una totale protezione, di F. Chesnais” ricevuto dalla redazione de Il Pungolo Rosso e già disponibile sul loro sito (vedi qui).
Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.
Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.
Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.
Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.
Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.
L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.
S.I. Cobas
Questo testo di François Chesnais, che traduciamo da http://www.alencontre.org , illustra, con la nota competenza, il folle procedere di un’accumulazione finanziaria sempre più staccata dal processo reale di accumulazione. Mentre le previsioni sulla caduta del pil mondiale e dei singoli paesi si fanno sempre più pesanti, nel secondo trimestre dell’anno le borse hanno avuto un’avanzata travolgente: Wall Street è cresciuta del 30% (il record degli ultimi 23 anni), la borsa di Milano del 17% (il record degli ultimi 17 anni). Le banche centrali sono finora riuscite ad evitare l’esplosione di una crisi finanziaria che moltiplicherebbe l’impatto dell’acuta crisi produttiva innescata dalla crisi sanitaria, ma perfino i massimi funzionari del FMI debbono ammettere che stanno crescendo a dismisura il sistema bancario ombra e i movimenti speculativi – in una spirale di contraddizioni sempre più difficili da governare, anche perché i movimenti erratici di questi mega-capitali speculativi sono sempre più affidati a sistemi automatici, robotizzati, regolati sulla ricerca spasmodica di micro-profitti immediati. [Anche se è ben chiaro che questa folle spirale sempre più fuori controllo cerca di trovare, e può trovare, un po’ di “pace” e di “normalità” solo nella feroce intensificazione del suo comando sul lavoro vivo e del suo dominio sulle forze della natura.]
Un altro importante aspetto richiamato da Chesnais è l’imponente fuga di capitali in atto dai paesi dominati e controllati del Sud del mondo che sta generando o incubando – in particolare in Sud America e in Medio Oriente – crisi sociali esplosive (una per tutte, il Libano). Aspetti già noti e aspetti del tutto inediti (per esempio la tendenza semi-secolare al ribasso dei tassi di interesse) si intrecciano in questa che si presenta sempre più come un’epocale crisi di sistema che investe, più in profondità di quella del 2008, l’intera economia mondiale, l’intero sistema sociale capitalistico.
Molto interessante è anche il richiamo all’impegno del FMI e di altri network finanziari nell’incentivare il passaggio al “green capitalism”, che tutto è, e sarebbe, fuori che un’alternativa “sostenibile” al brutale saccheggio della natura e del lavoro proprio del capitalismo del fossile – e ci mette di fronte alla necessità di demolire criticamente e lottare nel concreto questa ed altre false soluzioni alla crisi del modo di produzione e della civiltà del capitale. Non ci salveranno nuovi modelli capitalistici di sviluppo, ci salverà solo la rivoluzione sociale. Pazienza se abbiamo davanti montagne da scalare.
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In Europa, nel corso della pandemia, il sistema finanziario ha ricevuto scarsa attenzione da parte dei media. Solo a fine febbraio/inizio marzo il brusco calo dei mercati azionari ha conquistato la prima pagina di giornali e trasmissioni televisive. In effetti, tra il 20 febbraio e il 9 marzo, abbiamo visto un crollo dei prezzi tra il 23% e il 30%, a seconda delle piazze finanziarie. Ora sappiamo che questo è accaduto grazie all’intervento della FED (la banca centrale degli Stati Uniti). Oggi il supporto fornito agli investitori finanziari non si sta indebolendo. Il 12 giugno la FED ha ridotto i tassi di interesse chiave sui suoi prestiti allo 0% e ha annunciato l’acquisto illimitato di buoni del tesoro [1]. In scia, il 18 giugno la BCE ha annunciato che stava facendo prestiti alle banche dell’area euro per un’ammontare di 1.310 miliardi di euro ad un tasso del -1%. Ad aprile 2019 ho concluso un articolo per A l’Encontre in questo modo: “La questione politica che può sorgere in uno o più paesi europei a seconda delle circostanze è un nuovo salvataggio delle banche da parte dello Stato, con la classica socializzazione delle perdite a spese dei salariati e delle salariate” [2].
Ed eccoci proprio a questo. Il quotidiano economico Les Echos sottolinea che, per quello che concerne la BCE, l’importo di questi prestiti è un record per un programma chiamato TLTRO (operazione mirata di rifinanziamento a lungo termine): “L’offerta è particolarmente incentivante. Agli enti che hanno sottoscritto tali prestiti verrà addebitato un tasso di interesse negativo. In altre parole, la BCE pagherà le banche perché facciano prestiti ai loro clienti. E il livello di questa remunerazione, -1%, è completamente inedito. Per ottenerla, le banche devono mantenere i loro prestiti all’economia al livello precedente l’esplosione della pandemia. Una condizione che dovrebbe essere facilmente soddisfatta grazie alle garanzie fornite dai governi per consentire alle aziende di resistere alla crisi “.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la capacità delle banche di fare prestiti, in particolare alle piccole-medie imprese, ma “diversi istituti potrebbero scegliere di investire parzialmente questi fondi ottenuti al -1% in titoli di Stato che offrono un rendimento positivo, compresi quelli italiani” [3]. Detta in breve, si tratta di ripristinare la redditività delle banche e la loro capacità di pagare dividendi ai loro azionisti.
Ma le cose non sono così semplici. La relazione trimestrale del FMI sulla stabilità finanziaria globale, il Global Financial Stability Report, dell’aprile 2020 e l’articolo messo sul blog dagli economisti del FMI, danno al contrario l’idea di una situazione senza precedenti rivelata dalla pandemia, quella di istituzioni – banche centrali e FMI – poste di fronte a una situazione senza precedenti di ingovernabilità e andamento divergente tra i mercati e l’”economia reale”, a cominciare dalle borse. Le due principali tendenze sistemiche a lungo termine che ho discusso negli articoli precedenti aiuteranno a capirne le radici.
Il contesto a lungo termine: un’accumulazione finanziaria senza fine e un continuo calo dei tassi di interesse
La prima tendenza sistemica a lungo termine è il movimento globale che ha visto crescere le attività finanziarie globali a un ritmo ben superiore a quello del PIL globale. Ne ho parlato in molti articoli pubblicati da A L’Encontre. Questa tendenza deriva dallo specifico meccanismo di accumulazione del capitale monetario/capitale di prestito in contrapposizione alla “vera accumulazione di capitale”, che Marx studia nei tre capitoli intitolati “capitale monetario e capitale effettivo” della quinta sezione del libro III [4]. Quando Marx lo studia [oltre 150 anni fa – n.], il movimento in questione è collegato al ciclo economico: una parte del capitale accumulato dai capitalisti industriali nella fase di espansione vuole valorizzarsi, durante il periodo di crisi e recessione, come capitale di prestito. Marx aggiunge in modo piuttosto laconico che l’accumulazione del capitale monetario, se è da un lato legata all’accumulazione effettiva, può anche essere in parte “il risultato di fenomeni che accompagnano l’accumulazione effettiva, ma sono da essa sostanzialmente distinti”. [5]
Quello che nel diciannovesimo secolo era un fatto congiunturale, è diventato, nel capitalismo dei nostri giorni, un processo sistemico – un processo nato anzitutto dalle relazioni imperialiste tra Nord e Sud del mondo, poi dai meccanismi istituzionali per trasformare i salari in capitale monetario attraverso i sistemi di calcolo delle pensioni per capitalizzazione, e ulteriormente alimentato dall’emissione di titoli di debito privato e sempre più massicciamente di debito pubblico nei paesi capitalisti centrali. Siamo in presenza di diritti di prelievo virtuali sul plusvalore attuale e futuro, in forma diretta nel caso di azioni e obbligazioni emesse da società, in forma indiretta nel caso di titoli del debito pubblico. Per coloro che li detengono e si aspettano un ritorno da essi rappresentano un capitale, ma dal punto di vista del movimento del capitale nel suo insieme sono capitale fittizio. [6]
Il McKinsey Global Institute ha calcolato che i titoli azionari misurati in base alla capitalizzazione di mercato, i titoli dei debiti privati e pubblici e i depositi bancari sono passati dal 100% al 200% del PIL globale tra il 1990 e la crisi finanziaria ed economica del 2007-2009.
Figura 1. Crescita delle attività finanziarie globali e del PIL mondiale 1990-2010 (l’asse di sinistra e in rosso indica le attività finanziarie globali in % del PIL mondiale; l’asse di destra indica il loro importo in trilioni di dollari ai tassi di cambio del 2011)
Il McKinsey Global Institute ha cessato di pubblicare le sue stime. Per converso il sito Visual Capitalist ha pubblicato dei dati che mostrano che questa tendenza è continuata [7]. Le azioni misurate dalla loro capitalizzazione sul mercato (89,5 trilioni di dollari) e i titoli del debito pubblico e privato (253 trilioni di dollari, il 27,4% dei quali sono debito degli stati) raggiungono insieme un totale di 342,5 trilioni di dollari, 95.5 mila dei quali in depositi bancari (senza contare 35,2 trilioni di aggregato monetario in senso stretto), per un totale di 438,2 trilioni di dollari, mentre questo stesso totale ammontana nel 2012 a 225 trilioni dollari, con un aumento, quindi, del 98%. A ciò si aggiungono 280,6 trilioni di attivi immobiliari.
La seconda tendenza di lungo termine è il continuo calo dei tassi di interesse.
Figura 2. Stati Uniti: tasso di interesse sui buoni del Tesoro decennali, a prezzi costanti
Le politiche monetarie che un tempo si chiamavano “non ortodosse” (ma il termine “non ortodosso” è ormai, da lungo tempo, gradualmente scomparso dai commenti), ovvero la massiccia creazione di denaro e il sostegno permanente assicurato alle banche dalla Fed e da altre banche centrali hanno contribuito a questa discesa dei tassi di interesse. Il dipartimento studi del gruppo Natixis ha persino stimato che gli interventi delle banche centrali spiegano i due terzi del calo dei tassi dal 2009. [8] Ma gli economisti della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea hanno insistito con forza sul fatto che ciò non era abbastanza per spiegare il calo dei tassi di interesse, iniziato già nel 1995. In questo calo è impossibile, dicono, “districare ciò che è secolare e ciò che è ciclico, e individuare l’importanza rispettiva dei fattori monetari e di quelli non monetari”[9]. In effetti, le principali cause della lunga caduta dei tassi di interesse sui mercati dei titoli di debito si trovano nella ripartizione degli incrementi di produttività comandati dal rapporto tra capitale e lavoro, nella distorsione del cambiamento tecnologico e nel blocco dei meccanismi di accumulazione che li creano. La crescita del plusvalore attuale e futuro dei diritti di prelievo virtuali che costituiscono il capitale fittizio rallenta. L’insufficienza di opportunità di investimento redditizie significa che l’offerta di capitale è superiore alla domanda [10]. Date queste condizioni, i tassi di interesse non possono fare altro che scendere. In risposta a questa tendenza, gli investitori hanno aumentato di anno in anno quello che viene chiamato, a partire dall’inizio degli anni 2010, propensione al rischio, e si sono rivolti alle opportunità di micro-profitti offerte dall’intelligenza artificiale.
L’avvento dei big data e algoritmi
Il trading ad alta frequenza (THF, in inglese high-frequency trading) è stata la prima forma di “trading automatico” basato sulla decisione statistica nella gestione dei big data finanziari. Questi operatori di mercato virtuali utilizzano algoritmi complessi per analizzare simultaneamente più mercati ed eseguire ordini in base alle diverse condizioni. Mentre all’inizio del 2010 la velocità delle transazioni THF era ancora di 20 millisecondi, essa è aumentata a 113 microsecondi nel 2011.
I non specialisti nei mercati finanziari hanno scoperto il THF il 6 maggio 2010. Mentre i mercati europei si erano leggermente aperti in leggero calo a causa delle preoccupazioni per la situazione in Grecia, a Wall Street senza alcun preavviso o motivo apparente, l’indice Dow Jones perdeva in pochi minuti quasi il 10%. [11] Dopo un’indagine, le autorità di controllo statunitensi (SEC e CFTC) hanno chiamato in causa la tecnica di acquisto e vendita di attività basate sugli algoritmi. Studiando i cosiddetti contratti “e-mini” di S&P 500, dei ricercatori hanno scoperto che i trader THF hanno realizzato un profitto medio di 1,92 dollari per ciascuna transazione effettuata per i grandi investitori istituzionali e una media di 3,49 dollari per quelle realizzate per gli investitori al dettaglio [12].
Il THF è stato seguito da quello che viene chiamato “robo-investimento”, che secondo The Economist, rappresentava nel 2019 [13] il 35% della capitalizzazione di mercato a Wall Street, il 60% delle attività degli investitori istituzionali e il 60% degli acquisti e vendite di titoli sui mercati americani. Questa gestione assume forme diverse. Sui mercati azionari, la più comune è quella dell’ETF (in francese “fondo comune quantitativo”). Essendo programmata per seguire le fluttuazioni di un indice di riferimento, senza cercare di ottenere guadagni superiori alla media del mercato, è chiamata “gestione passiva”. In particolare nella gestione dei portafogli privati troviamo piattaforme di investimento online completamente automatizzate chiamate “robot-advisor”. I fondi negoziati in borsa monitorano automaticamente gli indici azionari e obbligazionari. Nell’ottobre 2019, questi veicoli hanno gestito 4,3 trilioni di dollari in titoli statunitensi, superando per la prima volta gli importi gestiti da esseri umani. Un software chiamato smart-beta isola una caratteristica statistica – la volatilità, ad esempio – e si concentra sulle azioni che la presentano. Poiché gli algoritmi hanno dimostrato di funzionare per azioni e derivati, ora si stanno sviluppando anche nei mercati del debito.
I gestori di fondi leggono i rapporti e si incontrano con le società in base a rigorose leggi sull’insider trading e sulla divulgazione volte a monitorare ciò che è di dominio pubblico e a garantire che tutti abbiano pari accesso ad esso. Oggi, un’accumulazione quasi infinita di nuovi dati e il costante aumento degli algoritmi stanno creando nuovi modi di valutare gli investimenti. Coloro che hanno accesso a queste fonti, hanno informazioni sulle società più aggiornate di quelle disponibili per i loro consigli di amministrazione. Finora, si può dire che l’ascesa d’importanza dei computer ha “democratizzato” la finanza permettendo di tagliare i costi. Un tipico ETF addebita lo 0,1% all’anno, rispetto forse all’1% di un fondo attivo. Puoi acquistare ETF sul tuo telefono. La guerra dei prezzi in corso significa che il costo delle transazioni è precipitato e che i mercati sono nel complesso più liquidi che mai. [14]
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The Economist si chiede se gli ETF rappresentino una minaccia per la stabilità finanziaria. [15] “I computer possono distorcere i prezzi delle attività, dal momento che molti algoritmi si concentrano contemporaneamente su titoli con una determinata caratteristica salvo poi abbandonarli improvvisamente. Le autorità di controllo temono che la liquidità evapori con la caduta dei mercati. Ma non va dimenticato che gli umani sono perfettamente in grado di causare danni da soli e che, viceversa, i computer possono aiutare a gestire i rischi. Tuttavia, si sono verificati una serie di “flash-crash” e bizzarri incidenti, tra cui un crollo della sterlina britannica nell’ottobre 2016 e un calo dei prezzi del debito a dicembre 2018. Simili incidenti potrebbero diventare più gravi e frequenti man mano che i computer diventano più potenti “.
Lo stato attuale del sistema finanziario globale
Ad aprile, il FMI ha pubblicato il suo primo rapporto trimestrale del 2020, il Global Financial Stability Report. Il direttore del Dipartimento dei mercati monetari e dei capitali ha pubblicato sul suo blog i punti salienti dell’anteprima del rapporto di giugno. [16] Egli ricorda che mentre il sistema finanziario ha conquistato l’attenzione del grande pubblico solo all’inizio di marzo, la situazione era molto tesa già da settimane. Pertanto: “A metà febbraio, quando gli investitori hanno iniziato a temere che l’epidemia si sarebbe trasformata in una pandemia globale, i prezzi delle azioni sono scesi drasticamente dai livelli eccessivi che avevano raggiunto. Nei mercati del credito, gli scostamenti tra i diversi tassi sono aumentati, in particolare in segmenti più rischiosi come le obbligazioni ad alto rendimento, i prestiti con leva finanziaria e i debiti privati, ambiti in cui le emissioni si sono praticamente fermate. I prezzi del petrolio sono crollati a causa della debole domanda globale e del mancato accordo tra i paesi dell’OPEC sui tagli alla produzione, riducendo ulteriormente l’appetito per il rischio. Questa volatilità del mercato ha provocato una corsa alle attività di qualità e il rendimento delle obbligazioni rifugio è precipitato.”[17] I paesi cosiddetti emergenti hanno vissuto una terribile fuga di capitali.
Figura 3.Paesi emergenti: una terribile fuga di capitali
Si tratta principalmente di paesi africani molto vulnerabili che hanno registrato la più grande inversione dei flussi di investimenti di portafoglio mai registrata dai paesi emergenti, sia come importo in dollari che come percentuale del loro PIL. La velocità con cui si muovono i capitali speculativi riflette la paura che hanno davanti alle situazioni.
Il FMI si felicita per il fatto che “le banche centrali, nel loro complesso, si sono mobilitate per impedire che la crisi sanitaria si trasformasse in un uragano finanziario. Abbassando i loro tassi di interesse, estendendo il loro programma di acquisto di attività finanziarie, istituendo linee di swap in valuta tra di loro, o concedendo agevolazioni creditizie e denaro contante.” La situazione che gli economisti mainstream designano con il termine (contro-intuitivo) di rischio morale, ovvero “quando un’entità (in questo caso, una banca o un fondo pensione) è incoraggiata ad aumentare la sua esposizione al rischio perché sa che non sopporterà tutti i costi”, risale alla dottrina del “è troppo grosso per fallire”, vale a dire al salvataggio della Continental Illinois National Bank nel 1983 [18], dottrina che da allora non ha smesso di espandersi, con l’unica eccezione, nel settembre 2008, della Lehmann Brothers. Il FMI riconosce che nel 2020 il cosiddetto rischio morale ha avuto il suo ruolo, e compie la seguente messa in guardia: “L’uso senza precedenti di strumenti non convenzionali ha indubbiamente attutito il contraccolpo della pandemia sull’economia globale e ridotto il pericolo immediato per il sistema finanziario globale – era questo l’obiettivo previsto. Tuttavia, i responsabili politici dovrebbero stare attenti alle possibili conseguenze indesiderate, come il continuo aumento delle vulnerabilità finanziarie in un ambiente di condizioni finanziarie facilitate. L’aspettativa di un sostegno continuo da parte delle banche centrali potrebbe trasformare la valorizzazione di attività già piuttosto stiracchiate in una vera e propria vulnerabilità, specialmente in un contesto in cui i sistemi finanziari e il settore privato hanno esaurito le loro riserve durante la pandemia.”
Le banche centrali hanno aiutato così tanto le banche, i fondi pensione e gli altri investitori che, dopo la caduta di fine febbraio, il prezzo delle attività a rischio è rimbalzato, a cominciare dal prezzo delle azioni. I mercati azionari stanno vivendo una divergenza senza precedenti tra l’evoluzione dei prezzi e la realtà dell’attività economica caratterizzata dalla caduta del PIL e dal rapido aumento della disoccupazione. Lo prova la risalita a razzo degli indici azionari statunitensi a fronte della caduta della fiducia dei consumatori, due indicatori che storicamente si sono evoluti insieme, “il che solleva interrogativi sulla sostenibilità del rimbalzo se non fosse che per la spinta data dalla banca centrale.” [19]
Figura 4. Stati Uniti: le traiettorie si separano, le borse e la fiducia dei consumatori non sono più sincronizzati
La divergenza tra la situazione economica e il livello dei prezzi delle azioni si applica anche ad altri paesi. In Francia, mentre il PIL è già diminuito dell’8% e la disoccupazione ha raggiunto il livello più alto dal 1996 con la distruzione di 500.000 posti di lavoro a maggio, il CAC 40 è rimbalzato dai 3.755 punti del 18 marzo ai 5.198 punti del 6 giugno, un recupero di 864 punti rispetto al 20 febbraio.
Come l’FMI si occupa del cambiamento climatico
Nel rapporto di aprile c’è un capitolo che non ha nulla a che fare con la pandemia. È dedicato ai cambiamenti climatici. [20] Scritto su richiesta della Network for Greening the Financial System [21], mostra in modo spettacolare la sollecitudine del FMI per gli investitori (per gli enti finanziari). Lo citerò quindi a lungo. Il FMI rileva che, alla luce delle “tendenze climatiche, le autorità preposte alla stabilità finanziaria temono che il sistema finanziario non sia pronto ad affrontare l’aumento potenzialmente rilevante del rischio fisico, nonché il rischio del passaggio ai cambiamenti politici, tecnologici, legali e di mercato che si verificheranno nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio”. E, per continuare, “in primo luogo, un rischio climatico può trasformarsi in una catastrofe se si verifica in un’area in cui l’esposizione è elevata e la vulnerabilità è elevata. Una tale catastrofe colpisce le famiglie, le imprese non finanziarie e il settore pubblico a causa della perdita di capitale fisico e umano, causando in tal modo perturbazioni economiche che possono essere importanti. Le società del settore finanziario sono esposte a questi shock attraverso le loro attività di sottoscrizione (assicuratori), le loro attività di prestito (principalmente le banche) e i portafogli dei titoli interessati (tutte le società finanziarie).
Da parte loro, gli istituti finanziari potrebbero anche essere esposti a rischi operativi (nei casi in cui le loro strutture, sistemi e personale siano direttamente interessati da un evento) o a un rischio di mancanza di liquidità (se un disastro innesca un significativo ritiro di depositi dei clienti). Gli assicuratori svolgono un ruolo speciale nell’assorbimento degli shock. La fornitura di assicurazione concentra l’impatto dello shock sul settore assicurativo e riduce l’impatto sugli altri attori economici. I governi svolgono generalmente un importante ruolo di ammortizzatori fornendo determinate forme di assicurazione, nonché assistenza e supporto in caso di calamità. La pressione sui bilanci pubblici dopo una catastrofe potrebbe avere un impatto sulla stabilità finanziaria, dato lo stretto legame tra governi e banche in molte economie. (….) Grandi catastrofi potrebbero esporre gli istituti finanziari al rischio di mercato se comportassero un forte calo dei corsi azionari a causa della diffusa distruzione delle attività e della capacità di produzione delle imprese, o di un calo della domanda per i loro prodotti “.
Ingovernabilità di parte del sistema finanziario globale e mercati “scorrelati”
L’articolo pubblicato online sul blog del FMI contiene un’ammissione sorprendente per la sua franchezza quando parla di un “sistema di governance impigliato nelle sue contraddizioni”. In effetti, se “alle banche sono stati imposti dall’accordo internazionale noto come Basilea III, dei coefficienti di liquidità, dei requisiti patrimoniali e perfino un inizio del controllo dei loro prestiti con effetto-leva, questo ha spostato il mercato dei prestiti con effetto-leva verso il settore non regolamentato, fa prosperare le CLO (titoli di debito emessi da un veicolo di cartolarizzazione) e aumentare il turnover di fondi di investimento altamente speculativi. I confini del sistema finanziario ombra sono ancora più difficili da tracciare rispetto al 2008.”
Il capitolo 2 del Global Financial Report descrive al meglio “l’ecosistema finanziario dei mercati del credito societario ad alto rischio, in cui il ruolo degli istituti finanziari non bancari è aumentato e il sistema è diventato più complesso e opaco”. Per assaggiarne un po’ il sapore, lascio il primo sottotitolo in inglese: Rapid Growth of Risky Credit Has Raised Red Flags (la rapida crescita del credito a rischio ha fatto sollevare bandiere rosse). Le potenziali vulnerabilità includono “una qualità creditizia più bassa dei mutuatari, standard di sottoscrizione più flessibili, rischi di liquidità nei fondi di investimento e maggiore interconnessione”. Se le banche sono diventate più sicure, non conosciamo i legami che gli investitori istituzionali mantengono con il settore bancario e potrebbero causare perdite in caso di perturbazioni del mercato”. Le banche centrali dispongono di “pochi strumenti per affrontare i rischi di credito e di liquidità nei mercati dei capitali globali”, mentre “la propensione al rischio si è persino diffusa nei mercati emergenti. I deflussi aggregati dei portafogli si sono stabilizzati, e alcuni di questi paesi hanno nuovamente sperimentato afflussi modesti”.
La conclusione al World Economic Outlook pubblicato all’inizio di luglio. Vi si legge che “secondo le nuove proiezioni, il PIL mondiale dovrebbe contrarsi del 4,9% nel 2020, vale a dire di 1,9 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto nel rapporto di aprile 2020. La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto negativo maggiore del previsto sull’attività nella prima metà del 2020 e la ripresa dovrebbe essere più lenta del previsto. Nel 2021, la crescita globale dovrebbe raggiungere il 5,4%. Nel complesso, il PIL del 2021 dovrebbe quindi essere di circa 6,5 punti percentuali al di sotto delle previsioni fatte nel gennaio 2020, prima della pandemia di Covid-19. L’impatto negativo sulle famiglie a basso reddito è particolarmente grave e potrebbe minare i notevoli progressi compiuti nella riduzione della povertà estrema nel mondo dagli anni ’90. “E per colpire alla grande: “L’ampiezza della recente ripresa dei mercati finanziari appare non collegata all’evoluzione delle prospettive economiche, come indicato nell’aggiornamento del Rapporto sulla stabilità finanziaria nel mondo (GFSR)”. [22]
Note
[1] https://www.federalreserve.gov/monetarypolicy/2020-06-mpr-part2.htm
[4] K. Marx, Il capitale, Libro III, vol. 2, Editori Riuniti, 1970, capp. 30-32.
[5] Ivi, cap. 32, p. 203.
[6] Per una presentazione più ampia, rinvio al mio articolo del 26 aprile 2019 http://alencontre.org/economie/la-theorie-du-capital-de-placement-financier-et-les-points-du-systeme-financier-mondial-ou-se-prepare-la-crise-a-venir.html
[7] https://www.visualcapitalist.com/all-of-the-worlds-money-and-markets-in-one-visualization-2020/
[9] Peter Hördahl, Jhuvesh Sobrun and Philip Turner, Low long–term interest ratesas a global phenomenon, BIS Working paper n° 574, August 2016
[10] Questo uso della domanda e dell’offerta è legittimo sul piano teorico. Nel capitolo XXII del libro III che tratta della determinazione del livello del tasso di interesse, Marx scrive che “il capitale produttivo d’interesse, sebbene una categoria assolutamente distinta dalla merce, si trasforma in merce sui generis, e perciò l’interesse ne diventa il prezzo che, come per il prezzo di mercato della merce ordinaria, è di volta in volta fissato dalla domanda e dall’offerta. (…) Il saggio generale del profitto attinge quindi in realtà la sua determinazione da cause ben diverse e assai più complicate che non il saggio di mercato dell’interesse, determinato direttamente e immediatamente dal rapporto tra domanda e offerta”. Il capitale, libro III, vol. 2, cit., pp. 40-1.
[11] https://en.wikipedia.org/wiki/High-frequency_trading#May_6,_2010_Flash_Crash
[12] https://sevenpillarsinstitute.org/high-frequency-trading-1-empirical-assessment/ 13 marzo 2020
[13] https://www.economist.com/leaders/2019/10/03/the-rise-of-the-financial-machines
[14] https://investorjunkie.com/41363/robo-advisors-vs-financial-advisors/ et la liste des mieux notés https://www.investopedia.com/best-robo-advisors-4693125
[15] https://www.economist.com/leaders/2019/10/03/the-rise-of-the-financial-machines
[16] https://blogs.imf.org/2020/06/25/financial-conditions-have-eased-but-insolvencies-loom-large/
[17] Executive summary https://www.imf.org/en/Publications/GFSR/Issues/2020/04/14/global-financial-stability-report-april-2020
[18] https://en.wikipedia.org/wiki/Too_big_to_fail#Moral_hazard
[19] https://blogs.imf.org/2020/06/25/financial-conditions-have-eased-but-insolvencies-loom-large/
[20] https://www.imf.org/en/Publications/GFSR/Issues/2020/04/14/global-financial-stability-report-april-2020, capitolo 5.
[21] Il Network for Greening the Financial System è un gruppo di banche centrali e autorità di vigilanza. Su Internet, si può vedere che la Bundesbank e la Banque de France lo presentano in modo molto diverso. Anzitutto, il gruppo ha espresso preoccupazione per il fatto che i rischi finanziari legati ai cambiamenti climatici non si riflettono pienamente nelle valutazioni delle attività e ha chiesto di integrare tali rischi nel monitoraggio della stabilità finanziaria (https: / /www.bundesbank.de/ Bundesbank / green-finance / network-for-greening-the-financial system-808978). In secondo luogo, l’obiettivo del gruppo è contribuire a rafforzare la risposta globale necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi e rafforzare il ruolo del sistema finanziario per gestire i rischi e mobilitare capitali per investimenti verdi e per basse emissioni di carbonio nel più ampio contesto di sviluppo ecologicamente sostenibile.” (https://www.banque-france.fr/en/financial-stability/international-role/network-greening-financial-system)