Pubblichiamo qui sotto il contributo “Dosson/Treviso – Un presidio riuscito davanti alla ex-caserma Serena” già disponibile sul sito della redazione Il Pungolo Rosso (vedi qui).
Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.
Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.
Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.
Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.
Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.
L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.
S.I. Cobas
Dosson/Treviso – Un presidio riuscito davanti alla ex-caserma Serena
4 settembre – Ieri sera, davanti alla famigerata ex-caserma Serena, si è tenuto un presidio organizzato dal Centro sociale Django, dall’associazione Caminantes e dall’Adl Cobas. Noi vi abbiamo partecipato come Comitato permanente contro le guerre e il razzismo.
Il presidio voleva protestare contro le condizioni vergognose in cui sono tuttora tenuti centinaia di richiedenti asilo ed immigrati in questo Cas gestito dall’impresa Nova Facility – condizioni che hanno favorito la diffusione del covid-19 tra la quasi totalità degli “ospiti” (hai detto ospiti??) della struttura.
Ma la denuncia delle responsabilità della ditta che gestisce il Cas e del suo padrone Marinese, molto puntuale nell’intervento di apertura di una compagna del Centro sociale Django, si è progressivamente allargata alle non minori responsabilità della prefettura, che ne ha coperto e ne copre l’azione; della magistratura, che ha arrestato e tiene tuttora in carcere 4 immigrati, “rei” soltanto di avere preteso un trattamento umano e rispettoso della salute di tutti i presenti nella caserma; della regione che con il leghista Zaia ha trasformato gli immigrati del Cas, da vittime della totale incuria istituzionale (anche dell’Asl 2) nei confronti della loro salute e della loro dignità di esseri umani, in untori; e infine del governo attuale che, sulla scia di quelli precedenti, continua a tenere in piedi questi semi-carceri che sono al tempo stesso luoghi di concentramento, piccoli campi di concentramento per forza-lavoro da super-sfruttare in tutti i settori delle attività produttive, a cominciare dall’agricoltura per passare all’edilizia e a tutto il resto.
Proprio su questo aspetto si è concentrato l’intervento del rappresentante Adl, e anche il nostro, che ha inoltre denunciato la sanatoria-truffa varata dal governo Conte-2; una finta sanatoria che ha intenzionalmente tenuto fuori almeno 400.000 immigrati e immigrate presenti sul territorio nazionale in modo da assicurare alle imprese braccia, cervelli, vite, sommamente ricattabili, la cui condizione deve essere vista e sentita anche dagli immigrati irregolari come un rischio permanente e incombente su di loro.
Il presidio è riuscito: sia come numeri (150 partecipanti, metà immigrati, parecchi rinchiusi nel Cas negativizzati, metà autoctoni, per lo più giovani, ma anche diversamente giovani), sia come tensione, sia come contenuti.
I momenti più toccanti sono stati quelli delle testimonianze di diversi immigrati, alcuni in italiano altri in inglese, che con rabbia e con ragione hanno esposto e denunciato una condizione che è sentita come intollerabile violazione dei più basilari diritti umani, quei diritti umani di cui la nostra democrazia continua a riempirsi la bocca.
Ma il clima è stato dall’inizio alla fine attento e combattivo (non sempre succede). Molteplici i richiami al movimento statunitense del BLM e alla necessità, sottolineata anche da noi, di collegare in un’iniziativa nazionale ed europea il movimento per la chiusura di tutti i centri di detenzione per gli immigrati. E’ stata accolta molto positivamente anche la nostra proposta di un permesso di soggiorno incondizionato valido su tutto il territorio della UE per tutti gli immigrati e le immigrate presenti sul territorio nazionale, senza condizioni. Su queste rivendicazioni e sulla richiesta di scarcerazione degli arrestati si è chiusa l’iniziativa.
Alla prossima, con l’impegno di fare tutto ciò che è possibile per portare la conoscenza di questi problemi a cerchie sempre più ampie di lavoratori e giovani autoctoni.