Lavorare al tempo del covid!
Dopo la “pausa” estiva, caratterizzata da un ricercato ottimismo, si ripresenta un’ondata epidemica a crescita esponenziale.
Quello che i ricercatori paventavano ma istituzioni e satelliti sanitari politicizzati hanno colpevolmente sottostimato, si è ripresentato.
L’epidemia Covid-19 è riemersa di giorno in giorno con dati che azzerano i facili ottimismi utili a giustificare scelte attente solo alla salvaguardia della produzione e dei profitti, ma che riservano ai lavoratori solo lacrime e sangue.
Nella fase di allentamento del contagio nulla è stato predisposto.
Serviva attuare il reclutamento di personale e attingere alle graduatorie dei concorsi e stabilizzare i precari.
Serviva potenziare il personale ospedaliero e territoriale. Questa era ed è una priorità elusa.
Anziché attuare un piano di assunzioni straordinarie di operatori sanitari, almeno in Liguria, si è pensato bene (male) di appaltare il servizio domiciliare ai privati.
Il tanto decantato potenziamento della sanità si è risolto solo con pochi contratti a termine.
Nello stesso decreto di ieri si continua a mentire e i mezzi di informazione si
guardano bene dal chiarire che l’offerta di lavoro è solo a tempo determinato.
Perché meravigliarsi se in tanti rifiutano di immolarsi?
Dal quotidiano “La Repubblica” del 19 ottobre: “Quei premi ai manager che hanno tagliato i letti Covid lombardi.”
La norma regionale lega il bonus per i dirigenti alle visite ambulatoriali.
E ha provocato la frettolosa chiusura dei reparti creati per la pandemia.
Una settimana fa le terapie intensive erano 983 contro un obiettivo minimo di 1.446.
Ora che la regione è di nuovo nell’emergenza i pronto soccorso sono intasati e gli ospedali senza disponibilità” (Boeri-Perotti).
Licenziamenti mascherati, (in barba ai divieti) sono il preludio a ciò che potrà scatenarsi da gennaio.
I mancati rinnovi dei contratti e la repressione di ogni forma di resistenza sono il costo che si vuole far pagare ai lavoratori per preservare finanza-industria e profitti.
Gli ammortizzatori sociali restano una chimera irraggiungibile ma intanto “the show must go on”.
Costi quel che costi!
Nei passati mesi estivi non sono state attuate strategie per potenziare i mezzi pubblici, (uno degli ambiti di maggiore contagio, per chi deve recarsi a scuola e al lavoro), non è mancata però la solfa paternalistica delle raccomandazioni.
Servivano investimenti ma al loro posto sono arrivate solo giaculatorie.
Siamo nel pieno occhio del ciclone ma la Confindustria tuona “basta assistenzialismo”.
L’assistenzialismo lo vogliono solo per loro.
E’ una forzatura, è una rivendicazione classista ma nessuna reprimenda del governo contro questo cinismo.
La repressione è riservata solo alle figure popolari.
Tutto ciò che è pubblico viene semplicemente lasciato così com’è, e non è certo un bel vedere: ai primi rialzi del contagio, si assiste a un vero e proprio “si salvi chi può”, i reparti sono già al collasso, le scuole in fibrillazione da quarantene e salire sui mezzi pubblici è una roulette russa col virus in canna.
Quante volte bisogna essere eroi nella vita?
Se lo si è tutti giorni i conti non tornano.
Anche questa volta si vorrà comprare tempo e quel che e ancora peggio la vita con un altro miserabile premio per i rischio?
Ma nel mentre industriali e personaggi della élite sono coccolati come principini: testati al primo colpo di tosse, trattati nelle cliniche con tempestività e che di sicuro non rischiano il contagio prendendo il bus, ma solo nei locali alla moda, tutti gli altri sono CARNE DA MACELLO, merce sacrificabile e sostituibile con altra a prezzo
scontato.
Oltre a non abbassare la guardia al virus bisogna guardarsi dalle mire padronali e rivendicare: sicurezza sul luoghi da lavoro, aumenti salariali, riduzione dell’orario di lavoro e dell’età pensionabile, estensione degli ammortizzatori sociali a tutti i disoccupati.
Sosteniamo le lotte contro la repressione, appoggiamo lo sciopero generale dei lavoratori della logistica del 23 ottobre, manifestiamo il 24 ottobre con presidi e assemblee cittadine e nei posti di lavoro.
Genova 24 ottobre ore 16.00 assemblea al CAP
20 ottobre 2020
S.I. COBAS PUBBLICO IMPIEGO
APPELLO PER UN’ASSEMBLEA CITTADINA IL 24 OTTOBRE DI TUTTE LE LAVORATRICI E I LAVORATORI COMBATTIVI, DELLE REALTA’ DI LOTTA, DEL SINDACALISMO CONFLITTUALE, DELLE RETI SOCIALI
h 15.30 – circolo CAP via Albertazzi 3r
La crisi capitalistica innescata dal covid-19 non solo persiste ma minaccia di aggravarsi ogni giorno di più.
I dati economici parlano di una caduta del PIL che sfiora le due cifre, di un incremento della disoccupazione, già ora, di oltre 500.000 unità, grazie al mancato rinnovo dei contratti a termine, ai cambi di appalto e ai licenziamenti mascherati da provvedimenti disciplinari.
Il prossimo sblocco dei licenziamenti darà modo alle imprese di ridurre la manodopera attuale, sostituendola con altra peggio pagata e avviando imponenti processi di ristrutturazione produttiva in tutti i settori, dove chiaramente, accanto all’aumento del tasso di sfruttamento, si tenterà di non dare alcuno spazio al rinnovo dei Contratti Nazionali di Lavoro, scaduti a circa 14 milioni di salariati, rispetto i quali la Confindustria ha già dichiarato di non voler riconoscere alcun aumento salariale, con buona pace del sindacalismo collaborazionista di CGIL CISL UIL e UGL .
Nel frattempo, governo, opposizioni e industriali cercano un accordo per spartirsi la torta del Recovery Plan, che peserà sulle prossime generazioni di proletari, schiacciati da un gigantesco debito di Stato, che dovranno ripagare con gli interessi a tutto lo schieramento di parassiti che vive del loro lavoro e della loro fatica, con ulteriori tagli alla sanità, ai trasporti, all’istruzione e in generale a quel che resta del welfare state.
Allo sfruttamento crescente, si aggiunge poi l’attacco diretto all’organizzazione dei lavoratori, alla libertà di sciopero.
Se alla TNT-Fedex di Peschiera Borromeo i padroni si organizzano assoldando guardie private per attaccare i picchetti operai, la magistratura si muove in modo coordinato per istruire processi-monstre come a Modena, dove andranno alla sbarra circa 150 lavoratori e lavoratrici rei di aver difeso con la lotta diritti e salario.
In quest’ottica la mobilitazione nazionale del 3 Ottobre a Modena ha voluto rappresentare una prima risposta congiunta e coordinata di più realtà, organizzazioni sindacali e militanti rispetto lo scenario di attacco padronale più volte richiamato.
Ma sarebbe ovviamente una illusione pensare di poter contrastare l’attacco in corso con iniziative una tantum, o ancor peggio pensare di potersi opporre a tale scenario con la testa rivolta al passato, con l’eterna ricerca di fantomatiche sponde e geometrie parlamentar – elettorali che dovrebbero magicamente farci uscire dal pantano o con iniziative tutte ripiegate in un approccio localistico e auto referenziale.
Dobbiamo quindi sforzarci invece di unire tutte le realtà e le avanguardie di lotta in un fronte unico anticapitalistico, che abbia al centro un programma chiaro di rivendicazioni basato sulla lotta per il salario garantito ai disoccupati, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, il rinnovo dei contratti scaduti, per imporre una sanità universale svincolata dalle logiche di mercato e fondata sulla prevenzione, per contrastare l’attacco ai diritti delle donne e il peggioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro, contro la didattica a distanza nelle scuole e il peggioramento delle condizioni del personale scolastico e della gran massa degli studenti, per la parità di diritti agli immigrati e per il completo smantellamento dei decreti sicurezza, contro il nazionalismo e il razzismo di Stato, contro l’aumento del debito per l’imposizione di una patrimoniale sul 10% più ricco della popolazione.
Per far questo non ripartiamo certo da zero, ma da quel portato di lotte reali che in questi anni e mesi si sono sviluppate dai picchetti davanti ai cancelli della logistica, agli scioperi spontanei in difesa della sicurezza e della vita durante il lockdown, alle diverse battaglie antirazziste e antimiltariste svuluppatesi sui territori, alla mobilitazione di alcuni settori della scuola e che hanno iniziato a prendere voce attraverso decine d’interventi di delegati, lavoratori, militanti e compagni appartenenti a diverse strutture politiche e sindacali – dai settori più radicali del sindacalismo di base e combattivo all’area di opposizione Cgil – nell’assemblea dei lavoratori combattivi tenuta a Bologna il 27 Settembre scorso.Nei prossimi mesi la capacità della ripresa geralizzata del conflitto di classe in Italia si dovrà misurare, a nostro modo di vedere, su alcuni nodi che come lavoratori, delegati, militanti dovremo essere in grado di sciogliere, sondando la possibilità di sviluppare e articolare la lotta, generalizzandola, coordinando il contributo delle diverse forze di classe e moltiplicandone forze e potenzialità.
Di seguito alcuni passaggi che riteniamo centrali e su cui andrà avviata una riflessione:
1. Il primo terreno che come lavoratori e lavoratrici del individuiamo é sicuramente il terreno del rinnovo dei contratti collettivi nazionali, dove si misurerà capacità di promuovere iniziativa di lotta in grado di ribaltare i diktat padronali e confindustriali e diventare segnale per i lavoratori di tutti gli altri settori coinvolti in questa tornata di rinnovi. In questo senso la giornata di sciopero nazionale della logistica del 23 Ottobre indetto come S.I. Cobas e ADL Cobas e la rottura del tavolo di rinnovo del CCNL metalmeccanico con il primo pacchetto di scioperi – seppur limitati – indetto dalla FIOM rappresentano due scadenze fondamentali dove, al di là delle chiacchiere, dovremo essere in grado di costruire maggior convergenza possibile, nelle lotte e negli scioperi, tra lavoratori, delegati, compagni appartenenti anche a diverse strutture sindacali, politiche e sociali.
2. Il secondo terreno diventa indiscutibilmente quello della difesa della sicurezza e salute per milioni di proletari – tanto sui posti di lavoro, quanto sui territori – a fronte di un quadro sanitario in veloce precipitazione, visto anche solo i numerosi casi di positività al Covid che riscontriamo in tante aziende e magazzini, a fronte dei quali i padroni non sanno che rispondere con il dogma della continuità produttiva ad ogni costo, mentre le Asl restano assolutamente evanescenti in queste situazioni. Anche su questo fronte, sviluppare iniziativa politica e sindacale, promuovere e organizzare scioperi e astensioni ove non siano garantite le minime condizioni di sicurezza, praticare il diritto d’assemblea nei luoghi di lavoro, promuovere mobilitazioni cittadine e territoriali che sappiano rivendicare diritto alla salute e diritto al salario diventa il terreno di scontro su cui unificare tutte le forze che si pongono su un terreno di classe e contemporaneamente a dare un segnale di controtendenza ai milioni di proletari passivi, disorientati e arresi all’idea che solo i lavoratori devono pagare la crisi.
3. Individuiamo, poi, un terzo terreno centrale di scontro, nella necessità di difesa pratica e immediata dell’esercizio dello sciopero e del picchetto, nella costruzione di una mobilitazione contro la repressione continuata e coordinata tra lavoratori e compagni delle diverse strutture e realtà colpite, nella difesa della libertà di organizzazione dei proletari fuori e dentro i posti di lavoro, nell’esigenza di costruire iniziativa politica e sindacale per lo smantellamento complessivo dei decreti sicurezza, la cui natura repressiva, razzista e anti – operaia non é stata messa minimamente in discussione, dalle opportuniste modifiche al pacchetto effettuate dal Governo Conte – bis.
Anche sul nostro territorio non si contano gli attacchi repressivi che soprattutto in questo ultimo anno hanno colpito lavoratori, compagni, militanti di diverse organizzazioni impegnati in importanti battaglie sindacali, politiche e sociali.
Solo come S.I. Cobas contiamo decine di denunce, decreti penali, multe, fogli di via e processi sui territori di Genova e Tortona.
Andare avanti ognuno nella sua situazione locale, sfilacciati e senza alcun coordinamento é un lusso che non ci possiamo più permettere.
In questo senso, e a partire da questi tre nodi – mentre siamo intensamente impegnati in questi giorni nella preparazione e organizzazione dello sciopero nazionale del 23 Ottobre – come lavoratori e lavoratrici del S.I. Cobas sentiamo comunque l’esigenza di lanciare un primo momento di confronto – dopo la riuscita assemblea nazionale di Bologna – per la costruzione del percorso di fronte unico di classe anche sul nostro territorio, attraverso una prima assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici combattivi/e di Genova, che vogliamo lanciare in occasione della giornata di mobilitazione nazionale del 24 Ottobre – facendo appello alla partecipazione e al contributo di tutte quelle realtà sindacali, politiche, sociali, studentesche della città, e dei tanti lavoratori e delegati del sindacalismo di base e dell’opposizione CGIL che si riconoscono in questa lotta.
Le adesioni all’assemblea e all’appello potranno essere comunicate scrivendo alla mail genova@sicobas.orgI lavoratori e le lavoratrici del coordinamento provinciale
S.I. Cobas Genova