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[CONTRIBUTO] L’Italexit, come la giri e la rigiri, è veleno nazionalista

Pubblichiamo qui sotto il contributo dei compagni della redazione Il Pungolo Rosso “L’Italexit, come la giri e la rigiri, è veleno nazionalista – Fabio84” già disponibile sul loro sito (vedi qui), che riprende la questione già affrontata nel contributo della Tendenza internazionalista rivoluzionaria “Italexit: un passo avanti per i lavoratori o una pericolosa deviazione di percorso?” (vedi qui).

Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.

Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.

Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.

Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.

Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.

L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.

S.I. Cobas


L’Italexit, come la giri e la rigiri, è veleno nazionalista – Fabio84

Il testo “Italexit: un passo avanti per i lavoratori o una pericolosa deviazione di percorso?”, scritto dalla Tendenza internazionalista rivoluzionaria, che abbiamo pubblicato su questo blog alcune settimane fa, è stato ripreso, tra gli altri, dal sito del SI Cobas, da Sinistra in rete, da Il pane e le rose.

L’articolo esaminava le posizioni dello statistico Domenico Moro, sostenitore dell’Italexit, che non ha risposto finora alle ficcanti critiche ricevute. Nel frattempo, però, è uscito un suo libro, Eurosovranità o democrazia? Perché uscire dall’euro è necessario, presentato su Sinistra in rete da un’intervista all’autore, che esplicita ancora meglio le sue posizioni. Un nostro lettore e simpatizzante, uno dei lavoratori combattivi presenti all’assemblea di Bologna del 27 settembre, ci ha inviato il seguente commento alle posizioni espresse in quella intervista da Moro, che volentieri pubblichiamo. Lo ha fatto precedere dalla frase: l’Italexit come programma politico, come la giri e la rigiri, è veleno nazionalista. Ben detto, compagno.

«Il messaggio che D. Moro manda in questa intervista è semplice, e non si può equivocare: bisogna spezzare le catene dell’euro per ridare ossigeno al capitalismo nazionale, solo così ci potrà essere spazio per una politica sociale che non sia di austerità e per gli aumenti salariali. Questa è una maniera di ragionare da nazionalisti. E, secondo me, è anche un modo di ragionare infantile, perché non considera che siamo in una crisi del capitalismo mondiale che tanti giudicano epocale. Uscire dall’euro non può far uscire il capitalismo italiano dal mercato mondiale su cui infuria una concorrenza all’ultimo sangue. All’ultimo sangue operaio.
«Andate a leggere l’appello dei rosso-bruni per la manifestazione di sabato 10 ottobre a Roma, ci troverete una grande comunanza di temi. Metti le due piattaforme politiche l’una sull’altra, e quasi si baciano: la Costituzione del 1948 è la stella polare di tutte e due; l’Unione europea, e non la classe capitalistica italiana e lo stato italiano, è il nemico n. 1 per entrambe; l’uscita dall’euro, la riconquista della sovranità monetaria, la democrazia “sociale” sono gli obiettivi programmatici proposti in tutti e due i casi. Si tratta di nazionalismo. Un nazionalismo che Moro motiva con ragioni “sociali”. Ma anche Fusaro, Paragone, Grimaldi e personaggi del genere fanno la stessa cosa. Quelli che, come Moro, sostengono che “uscire dall’euro è necessario, ma non sufficiente”, tirano la volata a loro, ai rosso-bruni.»

«Ho fatto questa critica politica alle tesi di Moro, e un suo sostenitore mi ha preso in giro (su Sinistra in rete): tu non capisci niente di economia, vai alla scuola elementare. Allora ho discusso con altri compagni che di critica dell’economia politica ne sanno certamente più di me, e dopo una settimana gli ho risposto così.

«Quella di Moro è una visione superficiale e distorta perché dà alla sovranità monetaria, e alla moneta, il primato su tutti gli altri aspetti dell’economia capitalistica. Attribuisce quindi all’entrata dell’Italia nell’euro la caduta dei salari e tutti gli altri mali che hanno colpito negli ultimi venti anni i lavoratori.

«In questa impostazione ci sono un grave errore, un abbaglio, e un falso.

«Il grave errore è questo: Moro ragiona sull’euro e sull’Italia, come se l’euro e l’Italia fossero fuori dal contesto dell’economia mondiale. E come se non fossimo dentro una crisi catastrofica del capitalismo globale. Poi, fatto questo grave errore, sragiona sulla possibilità di ritornare indietro ai tempi della lira, una moneta che tra l’altro non era per niente sovrana.

«L’abbaglio è questo: se fosse vera la sua tesi, nei paesi dotati di sovranità monetaria i salari e i diritti dei lavoratori avrebbero dovuto essere in questi decenni preservati. La realtà è completamente diversa. Anche nel paese che ha la massima sovranità monetaria al mondo, gli Stati Uniti, i salari reali sono stagnanti da quasi mezzo secolo. E l’attacco ai diritti e alle condizioni di vita dei lavoratori è durissimo. Ricordo soltanto l’esempio di Marchionne che di colpo dimezzò il salario dei lavoratori Chrysler neo-assunti; eppure il salario era pagato in dollari.

«Il falso è questo: in Italia la compressione dei salari è cominciata molto tempo prima della introduzione dell’euro. Paradossalmente dopo l’introduzione dell’euro la dinamica di caduta del salario relativo si è un po’ rallentata, come hanno dimostrato Riccardo Bellofiore, Maurizio Donato e altri seri studiosi.

«Quella che Moro presenta come un’anomalia italiana dovuta alla dittatura dell’euro, è invece una tendenza agente da decenni in tutti i paesi occidentali dovuta alla dittatura del capitale globale, o dei capitali globali. Questa tendenza affonda le radici anzitutto nella mondializzazione della produzione industriale, nella messa in concorrenza diretta tra i proletari dell’Occidente e i proletari del Sud del mondo. Ancora una volta la causa fondamentale dei processi economici è nella produzione di valore, non nella produzione di moneta. Non dico che è l’unica, dico che è la fondamentale.

«Il problema centrale che Moro, e tutti gli Italexit, eludono è questo: tu puoi uscire dall’euro, ma non puoi uscire dal mercato mondiale e dalle sue determinazioni. È su quello che devi fare concorrenza. Prendiamo la Brexit. Puoi uscire dall’euro o, come è il caso del Regno unito, dall’Unione europea, ma puoi farlo solo per entrare nell’orbita del dollaro e degli Stati Uniti. E prendere poi legnate dagli Stati Uniti, che non hanno alcuna possibilità di fare regali a nessuno, neppure al caro e fedele Regno Unito. Nessuno può smentire questo fatto. Gli Italexit, lo capiscano o non lo capiscano, tirano solo la volata agli Stati Uniti. E al nazionalismo borghese italiano.

«Ci sono un altro paio di questioni: Moro è per la crescita illimitata del debito di stato e la crescita controllata dell’inflazione. Secondo lui sono favorevoli alla classe operaia e sfavorevoli al capitale.

«Ma il debito pubblico, afferma Marx, è “l’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che passi effettivamente in possesso collettivo dei popoli moderni”. Era vero ieri, è verissimo oggi che il debito di stato è diventato gigante come durante le guerre. E anche di più. Gli economisti marxisti, i marxisti veri, sono per disconoscere il debito di stato.

«I sovranisti di tutti i colori, invece, sono contro il disconoscimento del debito di stato perché comporta un duro scontro di classe. E un duro scontro di classe è il contrario di ciò che i sovranisti vogliono. Per loro il nemico n. 1 è all’esterno del paese, non all’interno.

«L’idea di Moro secondo cui l’inflazione è cosa buona per i lavoratori, cattiva per i capitalisti, è tutta da discutere. Per me è una semplificazione molto discutibile. Perché l’inflazione mangia proprio i piccoli risparmi (dei salariati che ancora ne hanno), attacca in modo brutale i sistemi pensionistici a capitalizzazione, etc., e consente dall’altro lato una lenta svalutazione dei grandi debiti delle grandi aziende.

«Moro pretende di proteggere i salari e i diritti dei lavoratori con l’Italexit. Usciamo dall’euro, e per magìa tutto andrà per il meglio. Noi lavoratori combattivi, invece, sappiamo bene che è solo con la lotta, con la nostra lotta, con la lotta di classe decisa e organizzata che potremo riconquistare posizioni, e lanciare un vero attacco, un attacco nostro, come classe lavoratrice, all’UE. In questo attacco ci possono essere alleati i lavoratori di tutta Europa. Gli Italexit ce li presentano come nemici, concorrenti, o almeno ci insegnano a non prenderli in considerazione, fanno come se non esistessero. Invece sono i nostri soli possibili alleati. In questi due decenni la gran parte di loro hanno sofferto come noi di tagli al salario, ai diritti, al welfare, etc. E non parliamo dei proletari doppiamente sfruttati e oppressi dall’Europa in Africa, Medio Oriente, etc. Per noi proletari, la sola via della riscossa è la globalizzazione delle lotte e dell’organizzazione di classe alla scala europea e internazionale – proprio come abbiamo stabilito a Bologna-27 settembre. Mentre, come la giri e come la rigiri, la miracolosa medicina degli Italexit è per noi lavoratori una truffa. E un veleno.»