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[POSTE] Di Covid si può morire: la salute non è una merce, non siamo carne da macello

Di covid si può morire…

Ci sembra incredibile dover fare un volantino con questo titolo dopo quanto è accaduto in primavera e ciò che si sta ripetendo, con previsioni molto gravi, in questi giorni.

Eppure pensiamo sia indispensabile.

Non vogliamo fare inutili allarmismi ma richiamare i lavoratori delle poste a prestare attenzione a quanto sta accadendo intorno a loro.

Oggi, più che nella prima ondata, i centri postali di Milano se provincia sono al centro della pandemia.

Non può essere altrimenti ovviamente, vista la diffusione del virus sul territorio milanese e lombardo, per questo motivo quanto sta accadendo è inaccettabile.

Cresce il numero dei contagiati, crescono le assenze dal lavoro per malattia, ma tutto sembra dover restare come sempre, come se nulla fosse.

Poste sta facendo lavorare le persone in uno stato di precarietà psicologica
insostenibile.

Non vi sono comunicazioni sul numero dei casi effettivi riscontrati in ogni singolo ufficio; non si sa – i lavoratori non sanno – se chi è assente lo è perché infetto, perché è entrato in contatto col virus ed è formalmente in quarantena, oppure se manca solo per autodifesa nei confronti del disastro in corso.

Pensiamo che in queste condizioni non sia possibile lavorare; nessuno ce lo può imporre.

Poste ha l’obbligo di applicare precise norme e procedure nel caso vi siano dei dipendenti contagiati; anzi, anche nel caso di un semplice sospetto sintomatico, deve attivarsi per porre in sicurezza il soggetto e tutti i colleghi a lui prossimi.

Poste, in presenza di un caso di positività, deve attivare il medico competente e l’ATS – che procederanno alla definizione delle quarantene -, operando nel contempo sanificazioni straordinarie; deve soprattutto garantire a tutti i lavoratori degli uffici di poter lavorare senza doversi porre il problema di indagare sul motivo delle singole o molteplici assenze, in un clima di sospetto non accettabile.

La privacy va certamente tutelata, nessuno vuole marchiare i positivi, ma va garantita un’informazione esatta e tempestiva a tutti i dipendenti sulla presenza del virus e sui contagiati.

Poste ha l’obbligo ineludibile di garantire la salute e la sicurezza dei propri dipendenti, che si tratti di rischio da contagio da covid come per qualsiasi altro fattore.

E’ bene che questo principio venga scolpito nella mente di noi lavoratori.

Non c’è margine di tolleranza, non possono esserci tentennamenti, patteggiamenti, pacche sulle spalle, senza sicurezza non si deve lavorare, a nessuna
condizione.

Ciò detto, mentre va imposto il rispetto delle regole e delle misure di sicurezza ufficiali, si deve ragionare collettivamente per capire se quanto è previsto sia sufficiente per non pregiudicare la nostra salute; se queste misure non bastassero, se fossero male applicate, o altro, vanno contestate apertamente, senza timori di sorta.

Sul tema della difesa della salute e della sicurezza non possono esserci margini di “trattativa” con Poste; o ci sono le condizioni sufficienti o, in caso di rischio immediato, ci si può astenere dal lavoro, lo dice la legge (art. 44 Dlgs 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza sul Lavoro).

Non possono esserci neppure ricatti o minacce, più o meno esplicite, per svolgere prestazioni aggiuntive e straordinari.

Il principio è elementare: meno si sta in ufficio e meno si rischia, quindi meglio aderire agli scioperi che indiciamo mensilmente con gli altri sindacati di base contro areole e straordinari, ne va della vostra salute.

Per finire, occhi aperti, testa alta e cervello attivo; la nostra salute al primo posto. Poste fa i suoi interessi, pensa ai bilanci, ai dividendi per gli azionisti.

Anche i soliti sindacati pensano ai loro interessi; noi lavoratori dobbiamo pensare ai nostri.

Così come stanno le cose ora in poste, lo sciocco slogan della primavera scorsa “andrà tutto bene” non potrà che essere smentito da quest’altro: “non andrà tutto bene, se non diventiamo responsabili garanti dei nostri interessi”.

La salute non è una merce, non si baratta.

Non siamo carne da macello.

S.I. Cobas Poste

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