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[CONTRIBUTO] Lo sciopero del 29 gennaio, i fatti di Piacenza, Draghi: il cuore del problema

Pubblichiamo qui sotto il contributo dei compagni della Tendenza internazionalista rivoluzionaria “Lo sciopero del 29 gennaio, i fatti di Piacenza, Draghi: il cuore del problema“, già disponibile sul sito della redazione Il Pungolo Rosso (vedi qui).

Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.

Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.

Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.

Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.

Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.

L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.

S.I. Cobas


Lo sciopero del 29 gennaio, i fatti di Piacenza, Draghi: il cuore del problema

La piena riuscita dello sciopero del 29 gennaio – piena soprattutto nella logistica – ha avuto a Piacenza un’immediata risposta da parte del padronato e del governo uscente con il tentativo, per ora fallito, di spezzare il picchetto operaio organizzato dal SI Cobas, che durava da più giorni, con un’aggressione della polizia di stato fatta di lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, manganellate e intimidazioni.

La risposta operaia a Piacenza, dei lavoratori Tnt e di altre imprese immediatamente accorsi in solidarietà, è stata forte e decisa al punto da costringere la polizia del governo di centro-sinistra a battere in ritirata. Questo tipo di risposta operaia si deve alla scuola di lotta che questi proletari hanno fatto in un percorso durato un decennio di lotte vere, fatte di scioperi veri, di picchetti veri, di veri coordinamenti tra le diverse realtà, con piattaforme di lotta vere, e non semplicemente esibite per poi dimenticarle al primo intoppo. Un’esperienza vera di auto – organizzazione dal basso, agìta da proletari immigrati, che si è incontrata con un pugno di militanti internazionalisti di lungo corso diventando un’esperienza di organizzazione sindacale realmente combattiva, di fatto – che piaccia o no – unica nel contesto del cosiddetto sindacalismo di base. Però non si debbono nutrire illusioni sul fatto che il pericolo sia definitivamente scampato – perfino se dovesse uscirne, per il momento, qualche concessione da parte padronale (come sembra possibile nel caso dell’azienda fornitrice Lintel).

Con l’attacco prima a Peschiera Borromeo e ora a Piacenza, doppiati da quello in Belgio a Liegi, Tnt-Fedex si è candidata a svolgere nella logistica il ruolo di punta dell’attacco anti-operaio, quello che ebbe anni fa l’FCA nella metalmeccanica. Poco importa la “nazionalità” di queste imprese transnazionali, dal momento che ognuna di esse risponde solo e soltanto all’imperativo capitalistico ferreo della massima profittabilità. Importa, invece, capire il tempo e l’obiettivo dell’attacco per apprestare un’efficace azione di difesa.

Per Tnt-Fedex il tempo è ora, perché è partito un rapido processo di ristrutturazione delle attività logistiche, di riduzione dei costi di produzione, a seguito dell’irruzione del super-gigante Amazon e delle tante incognite che la crisi pone, nonostante tutto, anche in questo settore; e perché vuole impedire che si consolidi l’organizzazione sindacale realmente combattiva che le ha già dato molto filo da torcere. Non solo Tnt-Fedex, tutti i grossi operatori della logistica hanno registrato, con inquietudine, il forte esito, in qualche caso plebiscitario, degli ultimi tre scioperi indetti dal SI Cobas. Ma il 29 gennaio dice qualcosa in più dei due precedenti: il proletariato della logistica in lotta, in larga parte immigrato (mai dimenticarlo), ha iniziato a tessere fili di collegamento sempre più numerosi con altri settori della classe e del lavoro salariato, e con un’avanguardia del mondo studentesco. Ecco perché Tnt-Fedex e il padronato della logistica nel suo insieme hanno fretta di colpire subito. Ed è necessario che l’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi colga in pieno la pericolosità della sfida.

Nello stesso tempo, è risultato ancora una volta evidente che il governo Conte-2 è un esecutivo che ha risposto e risponderà fino all’ultimo giorno della sua esistenza agli ordini del padronato. E chi non lo ha voluto vedere, conferma, con la sua ostinata cecità, i legami impliciti o espliciti che mantiene con schegge o settori dell’attuale maggioranza di governo e delle istituzioni del capitale.

L’incarico a Draghi segna il brusco passaggio all’ulteriore incrudimento dell’attacco padronale e statale all’intera classe lavoratrice. I passaggi immediati in cantiere erano stati già annunciati dal Conte-bis dimissionario: la fine del “blocco dei licenziamenti” – mai esistito per centinaia di migliaia di precari e, soprattutto, di precarie; la fine, o il drastico ridimensionamento, della cassa integrazione che già ha prodotto il taglio dei salari; la liquidazione alla svelta dei contratti con qualche spicciolo, o anche senza spiccioli; l’ulteriore restrizione degli spazi di agibilità sindacale sui luoghi di lavoro e altre misure antisciopero (non bastassero quelle dei tanti, infami decreti sicurezza); le contro-riforme che saranno a breve “giustificate” dal sensazionale incremento del debito di stato, etc.

L’avvento di Draghi rompe gli indugi. Il suo programma di governo è contenuto per intero nel documento del G-30 del dicembre scorso che non a caso il Sole 24 ore, il giornale di Confindustria, ha immediatamente riproposto. Nel linguaggio asettico, robotico dei banchieri globali si prospetta una politica di lacrime e sangue per il proletariato. Scongiurata la crisi di liquidità generalizzata delle imprese con l’immissione di ingenti quantità di moneta a bassissimo costo, si deve ora passare ai tagli selettivi segando senza indugi tutte le imprese che stanno in piedi solo con gli “aiuti” di stato. Altrimenti il rischio è quello di creare “masse di imprese zombie”. Dunque la scure si deve abbattere su una massa di imprese, ossia su una massa di lavoratori e lavoratrici. Per i titolari di queste imprese si potrà mettere mano ad una legislazione “amichevole” per accompagnarli nei fallimenti, mentre per i lavoratori colpiti si prevede un’“assistenza nella transizione”… alla disoccupazione. Invece alle imprese che promettono buoni o alti livelli di redditività, si assicurano finanziamenti abbondanti, minori vincoli (minori di quelli di oggi?) e ulteriori sgravi fiscali. A presiedere a tutto questo processo di “distruzione creativa” ci saranno – è ovvio – il sistema bancario e “gli investitori”, gli unici che hanno la competenza necessaria a simili operazioni. Quanto al debito pubblico, non è stato un problema moltiplicarlo in una prima fase, ma è il momento di fare anche qui una selezione tra il “debito buono”, a sostegno diretto dell’accumulazione, e il “debito cattivo”, ossia la spesa “improduttiva” per fini sociali. E suona quanto mai minaccioso il riferimento alla Grecia come esempio positivo. Analizzeremo nei dettagli questo documento e il programma specifico del governo Draghi quando sarà presentato (magari, è possibile, con qualche accorgimento che ne mitighi la spietata durezza della sua sostanza di classe), ma è sicuro che saranno questi i principi-guida del suo operato, e che da un simile governo Tnt-Fedex e soci, Confindustria e soci, si sentiranno incoraggiati a sferrare altri affondi. Del resto già la Borsa di Milano ha preso il volo, specie i titoli bancari …

A quanti a “sinistra”, alla coda dei bucanieri di Libero, sono già pronti a “sparare a zero” contro Draghi in quanto amerikano al servizio di Goldman Sachs, o alla coda della banda di Paragone in quanto eurocrate al servizio del capitale franco-germanico, ansiosi di arruolarsi in crociate nazionaliste e reazionarie contro i “capitali stranieri” che “ci” vessano e impoveriscono, opponiamo da subito che questi principi-guida sono i principi-guida del capitale globale, fatti propri dal sistema bancario e dal sistema imprenditoriale made in Italy – che è e resta, con il suo governo e il suo apparato statale, il nemico n. 1 della classe lavoratrice.

La possibilità di resistere a questo incrudimento dell’attacco padronale e statale, e preparare una controffensiva, è tutta e solo nell’ampliamento del fronte di lotta che si deve perseguire, proiettandoci con convinzione verso la massa delle lavoratrici e dei lavoratori e dei giovani nati senza privilegi che sono all’oggi fermi per paura, disorientamento, scoramento. Prospettando con una determinazione ancora maggiore di quanto finora avvenuto la via della lotta organizzata contro il padronato, il governo, le istituzioni europee, senza artificiali e opportunistiche divisioni tra sindacale e politico – una lotta condotta su obiettivi unificanti, quali quelli contenuti nella piattaforma rivendicativa del Patto d’azione, a partire dalla lotta per la riduzione drastica e generalizzata della giornata lavorativa a parità di paga e per il salario medio operaio garantito a disoccupati e precari.

La vicenda Tnt-Fedex, come ieri quella di FCA, sta lì a dimostrare che la sfida che ci viene portata ha un carattere internazionale, globale, e possiamo rispondere ad essa anche in questo caso solo incardinando la risposta di lotta su una linea di coerente internazionalismo militante. Altro che vie nazionali di uscita dalla crisi, Italexit e simili balle e veleni, riedizione in sedicesimo delle vecchie nefaste “vie nazionali al socialismo”. Altro che nuove lunghe marce nelle istituzioni democratiche, a partire dai sottogoverni locali. Anche dalla vicenda Tnt-Fedex ci viene la richiesta di un di più di internazionalismo effettivo. Alle devastanti tempeste in arrivo su scala globale, che sono state solo ritardate di qualche mese dalla classe dominante, essa stessa sorpresa dalla portata della sua crisi, si potrà rispondere in modo efficace solo con la globalizzazione delle lotte e dell’organizzazione di classe. È questo il cuore del problema. A quanti sono rimasti finora alla finestra, indecisi se unirsi o no alla nostra iniziativa, l’appello a rompere il prima possibile la loro indecisione. I tempi dello scontro duro possono precipitare anche all’improvviso. Non rimandate al domani quello che è possibile (e necessario) fare oggi.

3 febbraio

Tendenza internazionalista rivoluzionaria

Vi segnaliamo anche un post pubblicato mesi fa su questo blog nel quale si analizzava un articolo di Draghi sul Financial Times, nel quale costui esponeva la propria visione della crisi e della soluzione della crisi: “Risposta a Mario Draghi, di Junior“.