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[PUBBLICOIMPIEGO] Pubblica amministrazione: patto per l’innovazione o per la privatizzazione?

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

PATTO PER L’INNOVAZIONE O PER LA PRIVATIZZAZIONE?

L’intesa raggiunta tra il ministro Brunetta e i segretari di CGIL, CISL e UIL sul pubblico impiego, accolta con grande enfasi da tutta la stampa, spalanca in realtà le porte alla precarizzazione e privatizzazione della pubblica amministrazione, in linea con la politica economica del governo Draghi.

Il tanto sbandierato piano occupazionale si fonda su due pilastri: ricambio generazionale attraverso nuove assunzioni -ma preferibilmente con contratti precari e non necessariamente attraverso lo strumento del concorso pubblico- e l’individuazione di nuove figure professionali, assunte con rapporti di lavoro autonomo e precario.

La revisione dell’ordinamento professionale non punta quindi a sistemare l’annoso problema del mansionismo ma a individuare nuove e più moderne figure professionali legate a nuove assunzioni reclutate con sistemi più simili a quelli del settore privato

Il riconoscimento della professionalità dei lavoratori diventa riconoscimento del merito, cioè produttività e valutazione della prestazione individuale.

In questa logica il ricorso al lavoro agile (che produce sfaldamento dei rapporti nel mondo del lavoro) diventa un elemento stabile disciplinato dai contratti, con riconoscimento di diritti ma anche con il rischio che lavorare per progetti e non più in base all’orario di lavoro comporti un prolungamento di quest’ultimo ben oltre le canoniche 36 ore.

Del mancato raggiungimento degli obiettivi, spesso stabiliti senza alcun rapporto con la realtà, diventa unico responsabile il singolo lavoratore e la singola lavoratrice, ignorando le vere cause, spesso legate alla struttura organizzativa.

Altro elemento estremamente negativo è il rafforzamento del welfare aziendale e della previdenza complementare che accetta il totale smantellamento della sanità e della previdenza pubbliche a favore di quelle private.

Nonostante il disastro del sistema sanitario nazionale, messo a nudo dalla pandemia, ci si rifugia nelle assicurazioni private invece di pretendere una sanità pubblica che funzioni per tutti.

Analogo discorso vale per la previdenza complementare: invece di pretendere pensioni pubbliche decenti, si spingono i lavoratori a giocarsi in borsa la propria liquidazione a vantaggio proprio di quei sindacati che siedono nei consigli di amministrazione dei vari fondi complementari.

Un ultimo aspetto, ma non meno importante, tutto questo avviene – come al solito- senza nessun coinvolgimento dei lavoratori ai quali viene imposta – in nome della coesione sociale – una riforma che non porterà benefici né a loro, né ai cittadini.

Diciamo con chiarezza che oggi i lavoratori sono pressoché assenti, inerti e poco reattivi a questo peggioramento, che definire epocale non è assolutamente esagerato.

L’illusione fuorviante, che i lavoratori hanno, dei possibili prepensionamenti che potrebbero riguardare il pubblico impiego (non si sa ancora se con penalizzazioni o meno), per lo svecchiamento della pubblica amministrazione per il meritato accesso alla pensione anticipata non devono farci perdere di vista l’impianto complessivo di questa riforma che va nel senso di un’equiparazione al ribasso tra settore pubblico e privato e di privatizzazione dei servizi.

24/3/2021

SI COBAS PUBBLICO IMPIEGO MILANO