Cominciamo, con questo testo, a pubblicare alcune delle relazioni e degli interventi che sono stati tenuti nella intensa, molto riuscita, giornata di controinformazione, denuncia e organizzazione delle lotte operaie e proletarie in difesa della salute e della vita, tenutasi sabato 17 aprile, su iniziativa dell’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi (vedi qui).
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Gli interventi che mi hanno preceduto hanno messo chiaramente in luce il fatto che la catastrofe che stiamo attraversando ha la sua origine nel sistema capitalistico, e che è una catastrofe che colpisce innanzitutto gli strati più sfruttati e oppressi della popolazione, che si possono chiaramente identificare a livello locale e internazionale in base ad una chiara appartenenza di classe e ai popoli del sud del mondo, nei loro paesi e qui come immigrati. Per completare questo quadro analitico, farò alcune considerazioni sull’impatto della pandemia sulla salute della stragrande maggioranza delle donne, la cui oppressione è uno degli elementi strutturali del capitalismo.
Innanzitutto è bene ribadire ciò che ha ricordato Bob Wallace, e cioè:
1) l’impatto della pandemia è stato tanto più grave in quanto si è abbattuto su una situazione di crisi, di devastazione naturale, di peggioramento delle condizioni di vita e di salute delle lavoratrici e dei lavoratori a livello mondiale, e di aggressione ai loro diritti fondamentali.
Quindi, quando parliamo dell’impatto che ha avuto il covid sulle masse lavoratrici e sulle donne in particolare non dobbiamo considerare le condizioni precedenti come una normalità a cui tornare, non è questo il nostro obiettivo, ma quello di contribuire all’organizzazione di una risposta di lotta alla pandemia a partire dalla denuncia delle cause che l’hanno determinata e dei suoi effetti sulla vita delle donne e di tutti i lavoratori.
L’impatto della pandemia sui molti aspetti della vita delle donne è stato denunciato in precedenti occasioni come particolarmente devastante, per brevità non lo richiamo, vorrei ora portare l’attenzione su un aspetto particolare di questo impatto, che è quello che riguarda la salute delle donne stesse.
Faccio riferimento alle ricerche internazionali sulla salute delle donne di 8 stati, tra cui l’Italia, nei quattro continenti, che mostrano un aggravamento generale della loro salute fisica e mentale dovuto a vari fattori:
1) una maggiore esposizione delle lavoratrici al virus, dovuto alla presenza maggioritaria delle donne nei settori del lavoro di cura di malati, anziani e persone che necessitano di assistenza: a livello mondiale, esse costituiscono il 70% della forza lavoro in questi settori. Lo stress e l’affaticamento dovuto a ritmi di lavoro bestiali ha indebolito le loro difese immunitarie aumentando ancor di più il rischio di contagio.
Inoltre, la preponderanza femminile in settori di lavoro precari, fortemente ricattabili, non sindacalizzati, ha creato condizioni di alto rischio, un esempio fra tutti quello delle lavoratrici degli alberghi, costrette a fare la sanificazione del posto di lavoro, e licenziate se rifiutavano di eseguire l’ordine.
2) Un secondo aspetto in cui si è verificato un peggioramento netto è quello della salute riproduttiva, dovuto allo spostamento delle risorse destinate alle strutture di assistenza, alla contraccezione e al monitoraggio delle gravidanze, verso i settori legati all’emergenza, il che ha portato, si calcola, a oltre un milione e mezzo di gravidanze indesiderate nei paesi esaminati dalla ricerca, tra cui l’Italia.
D’altro canto, un altro aspetto dell’attacco all’autodeterminazione è evidente nella diffusa insicurezza rispetto al futuro, nella mancanza di risorse economiche e di aiuti sostanziali che ha avuto serie conseguenze sui progetti di maternità e di genitorialità delle coppie.
Questo ripropone all’ordine del giorno la lotta per l’autodeterminazione e la denuncia della continua erosione al diritto all’aborto libero e assistito, alla contraccezione e alla scelta della maternità consapevole e condivisa, ponendo l’obiettivo della salute riproduttiva, come uno dei punti fermi del nostro comitato.
3) Un altro fattore che ha determinato il peggioramento della salute è stato il peggioramento generale delle condizioni di vita dovuto alla perdita del posto di lavoro e all’abnorme aumento del carico di lavoro familiare che si è scaricato sulle donne.
L’aumento della precarietà e della povertà, assieme alla fondata paura di contrarre il virus, hanno determinato la difficoltà di accedere alle cure per le malattie croniche e i controlli di routine, per non parlare della prevenzione delle malattie come il tumore alla cervice e al seno, i cui effetti si vedranno nei prossimi anni: il 60% delle donne hanno posticipato il trattamento per le malattie croniche e un’alta percentuale non ha fatto controlli regolari e di prevenzione, per cui la cifra di un milione di donne morte all’anno per questi tipi di patologie è destinata paurosamente ad aumentare.
E’ evidente che la donne pagheranno più di ogni altro decenni di gestione sanitaria privatistica, che mette all’ultimo posto la prevenzione e la sicurezza delle lavoratrici che vi operano e al primo i profitti delle strutture private e delle big farma. La nostra denuncia contro la gestione governativa (e internazionale) dell’emergenza sanitaria è quindi senza sconti per nessuno.
4) La verità è che lo smantellamento dei servizi territoriali e di prevenzione si è assommato al ruolo tradizionale affibbiato alle donne, di custodia e gestione della salute della famiglia, di primo intervento e pronto soccorso, di cura quotidiana di bambini, anziani e disabili, di quel lavoro di riproduzione umana e sociale di cui si serve il sistema capitalistico, che come comitato denunciamo, a maggior ragione durante la pandemia. E’ a causa di questo incessante lavoro infatti che le donne trascurano la propria salute anteponendo il benessere degli altri membri della famiglia alla cura di sé.
Ciò ha avuto un impatto maggiore sulle donne giovani con bambini piccoli, che hanno dovuto fronteggiare una situazione insostenibile, lasciando il lavoro e precipitando così in una condizione di povertà (che come si sa non fa bene alla salute) o, nella migliore delle ipotesi, di dover combinare lo smart working con l’assistenza ai figli e agli anziani o ai familiari disabili.
5) Questa situazione infernale, vissuta in solitudine, in una situazione di privazione dei rapporti di lavoro e sociali che permettono di vivere la solidarietà, di elaborare delle rivendicazioni collettive, di progettare e praticare la lotta necessaria, ha pesato profondamente sulla salute fisica e psicologica delle lavoratrici domestiche e extradomestiche, aumentandone l’ansia, la depressione e, dove presente, anche la dipendenza da droghe, alcool e quant’altro.
Perciò denunciamo l’uso politico della pandemia finalizzato a ristrutturare profondamente le modalità del lavoro dipendente in modo da prefigurare per il futuro una nuova figura di casalinga che concilia il lavoro domestico e la cura dei figli con il lavoro extradomestico, svolto a casa senza avere più orari da rispettare, in un impegno h24, senza avere un luogo di lavoro, distruggendo quell’elemento di socialità che è stato alla base della nascita stessa del proletariato e del movimento operaio.
6) Il comitato 23 settembre, di cui faccio parte, si è costituito in occasione del processo per un femminicidio, un atto gravissimo di violenza e quindi di attacco sistematico alla salute fisica e mentale che il movimento delle donne denuncia e combatte a livello mondiale. E’, come abbiamo altre volte detto, la punta dell’iceberg di una guerra che attacca l’integrità fisica e la vita stessa delle donne e mira a piegarne con la forza la volontà di autonomia e di riscatto individuale e sociale. L’isolamento da relazioni collettive e positive, la difficoltà di accedere alle sempre più scarse strutture di aiuto, le convivenze forzate in questi tempi di pandemia, hanno fatto aumentare, in Italia, del 75%, le richieste di soccorso.
Teniamo aperti i riflettori sulla necessità di assumere, nell’insieme delle lotte contro questo ennesimo attacco capitalistico, gli specifici obiettivi di lotta delle donne oppresse e sfruttate nel mondo, come elemento essenziale che può dare forza alle lotte generali che dovranno unire i proletari del mondo intero per abbattere il sistema sociale capitalistico.