Il 1° maggio è la giornata di lotta internazionale della classe operaia
Lo scorso 17 maggio, a più di due settimane dalla manifestazione del 1 maggio a Milano, sul sito internet nazionale della CUB è apparso un comunicato dal titolo “Dopo l’esperienza del 1 maggio milanese osserviamo: …”.
Il notevole ritardo con cui viene pubblicata la ricostruzione dei fatti a dir poco fantasiosa e mistificatoria ci appare già di per sé indicativo sulle divisioni che corrono nei lidi della CUB tra chi sta definitivamente sposando l’abbandono di ogni prospettiva di lotta operaia a favore di un non meglio identificato movimentismo e chi, probabilmente in maniera genuina, vorrebbe semplicemente continuare a fare il sindacato.
I fatti
L’accusa surreale mossa dal comunicato a “una parte del SI Cobas e al FGC” è di aver tenuto atteggiamenti prevaricatori, macisti e ingiustificatamente violenti, e addirittura di aver sferrato “schiaffi e pugni alle compagne che cercavano di recuperare l’agibilità dello spazio fisico attorno al camion palco”.
Se queste deliranti calunnie fossero provenute unicamente dagli sparuti gruppetti che durante la manifestazione del 1° maggio si sono resi protagonisti di un’interminabile sequela di provocazioni nei nostri confronti avremmo senz’altro evitato di perder tempo in una inutile polemica verso chi non rappresenta niente e nessuno al di là di sé stesso.
Un po’ di chiarezza sui momenti “partecipati e condivisi” in preparazione del 1°
maggio.
Le belle parole pronunciate nella fase preparatoria della manifestazione del 1° maggio si sono rivelate parole vuote quando, a seguito di quanto successo, sono emersi gli atteggiamenti reali.
Le riunioni tra CUB, SI Cobas, e altri sindacati di base aderenti, oltre a rappresentanti del Patto d’Azione e del movimento operaio, che noi tutti consideravamo perno fondamentale attorno a cui costruire una piazza unitaria e condivisa, sono state trattate considerate unicamente come momenti di comunicazione e rettifica di decisioni prese altrove.
E questo perché, in parallelo, si è preferito ricercare la sintesi e l’unità con aree variegate ed eclettiche di “movimento”, che però non hanno – e nemmeno ricercano – alcun collegamento con le lotte dei lavoratori.
Ulteriore prova di questa modalità riguarda la decisione dello striscione unitario di testa.
La proposta delle riunioni parallele “di serie A” (+ diritti – profitti) ha visto una controproposta largamente sostenuta con lo slogan “Per un 1° Maggio di lotta – Uniti si vince!”, nata da un forte spirito unitario, per il quale si era disposti a sacrificare la tematica anticapitalista.
“La decisione è già stata presa con le altre realtà promotrici, e quindi non si può cambiare, fatevi il vostro”.
Questa l’unica risposta ottenuta.
Era chiaro i nodi sarebbero venuti al pettine, facendo cortocircuitare questi schemi malati e distruttivamente autoreferenziali.
L’apertura del corteo
Scopriamo dal comunicato della CUB che la scelta condivisa collettivamente nelle assemblee fosse di far aprire il corteo dalle donne; a quanto ci risulta quella era solamente una delle tante proposte fatte.
L’unica assemblea in cui c’è stato un confronto diretto tra i due sottogruppi, fino a quel momento tenuti sapientemente separati, ha visto l’approvazione a maggioranza della proposta di far aprire la manifestazione dalle lavoratrici ed i lavoratori in lotta, comprendendo così le vertenze TNT-Fedex e Alitalia, le principali aperte nel paese.
Tale proposta è stata poi messa in discussione nelle ultime ore, imponendo un’apertura esclusivamente femminile.
Tale imposizione ci appare tanto più singolare in occasione di una giornata quale quella del 1° maggio, nella quale la logica vorrebbe che si desse voce all’insieme del mondo del lavoro e
delle lotte, senza distinzione di sesso, categoria, razza e nazionalità anche per evidenziare il doppio sfruttamento vissuto dalle donne in una società capitalista.
Peraltro questa, come una sorta di ammiccamento mediatico e ipocritamente “politically correct” come le mimose dell’8 marzo, stride profondamente con l’assenza concreta di attenzione sulla condizione di oppressione e di doppio sfruttamento nei confronti delle donne lavoratrici, manifestandosi chiaramente come un generico alibi per mettere insieme una piazza.
Ci chiediamo a tal proposito dov’erano queste/i paladine/i delle donne lo scorso 8 marzo, quando come Patto d’azione eravamo in piazza assieme alle lavoratrici della logistica, del settore alberghiero o del pubblico impiego, come nello sciopero vincente alla DHL di Settala.
O verrebbe da chiedersi come mai la CUB, che oggi tanto impugna la questione femminile come clava contro il SI Cobas e il Patto d’azione, nei giorni precedenti l’8marzo ha provveduto a revocare lo sciopero nella scuola senza neanche darne comunicazione alle altre realtà del sindacalismo di base…
Noi, da inguaribili anticapitalisti, continuiamo a pensare che la lotta per l’emancipazione delle donne dall’oppressione del patriarcato vada condotta dentro, e non contro il più generale movimento dei lavoratori e degli sfruttati.
Una contraddizione di genere con una sua fondamentale specificità da porre all’interno dello scontro tra capitale e lavoro, per il superamento della quale crediamo ci sia molta, moltissima strada ancora da fare anche all’interno degli stessi movimenti di classe contro il prevalere di machismo sessismo e paternalismo e che il femminismo sia un valore in sé pieno di contenuti più che un involucro di atteggiamenti.
Non esiste rivoluzione senza liberazione delle donne!
Non esiste liberazione delle donne senza rivoluzione!
Le aggressioni
Che la presenza organizzata, cosciente e consapevole della classe e delle avanguardie di lotta fosse a dir poco non gradita ad alcuni di questi personaggi che la CUB ha deliberatamente deciso di ergere a comprimari tra gli organizzatori, appare chiaro dall’inclusività a senso unico vista nei giorni antecedenti il corteo.
Fa riflettere per l’indifferenza – quando non palese ostilità – di queste persone verso i lavoratori che stanno conducendo in queste settimane lotte esemplari che tengono oggi aperta una prospettiva di opposizione a questo sistema.
Chiarissimo è il messaggio di costoro: la feroce repressione delle lotte operaie a colpi di multe, denunce, fogli di via e manganelli ci interessa poco, non merita la nostra solidarietà.
Ci chiediamo come faccia la dirigenza della CUB a preferire questa strada cieca piuttosto che la costruzione di un fronte unito dei lavoratori (come è stato chiesto nei due incontri dal SI cobas) per rispondere alle sfide che l’attuale crisi economica ci pone di fronte.
Forse – potremmo addirittura pensare – è più facile, e rientra nei propri schemi piccolo borghesi, gestire il “povero” migrante quando gli si porta la propria solidarietà umana, mentre è più difficile mostrare il proprio rispetto non paternalistico quando il proletario immigrato si organizza e si fa protagonista incazzato, anzi incazzatissimo, della propria esistenza.
Forse per questo sentimento diffuso, nonostante la richiesta di attendere l’arrivo imminente dei pulman dei lavoratori giunti da altre parti d’Italia, quella parte minoritaria della piazza ha deciso di far partire il corteo dopo soli 15 minuti dall’orario di concentramento, cercando di anticipare i tempi e sacrificando qualunque spirito condiviso della piazza in nome di interessi effimeri di bassa lega.
Così, un’escalation di confusione, ha portato la parte di gran lunga più numerosa dei manifestanti ad attardarsi e giungere ai piedi del duomo con la zona adiacente il palco già occupata, relegando la maggioranza della piazza ai margini, esclusa dalla possibilità di avvicinarsi al microfono, aperto a tutti, tranne che ai lavoratori e alle posizioni del movimento operaio.
È a quel punto che, con una delegazione di lavoratori e di compagni del Patto, abbiamo deciso di raggiungere il camion-palco rivendicando il nostro diritto sacrosanto a parlare, protestando in maniera decisa ma del tutto civile e pacifica.
Su 31 interventi solo 6 (uno per il SI Cobas) erano destinati a chi aveva portato in piazza il numero maggiore di percorsi di lotta aperti e combattivi.
Ed è stato proprio in quel momento che qualche capetta, autonominatasi tale, ha iniziato ad aggredire e spintonare insieme ad altre 4 ragazze i delegati e i lavoratori del SI Cobas, arrivando a colpire al volto e gettare a terra gli occhiali di un lavoratore del SI Cobas che per placare gli animi si era permesso di dire “parliamo non c’è bisogno di litigare”e a gridare all’indirizzo di qualche operaio che cercava di creare lo spazio tra gli oratori e i manifestanti.
Questa “simpatica” provocazione non è stata raccolta solo grazie al senso di responsabilità dei compagni del Patto d’azione, i quali sono rimasti lucidi e pacifici per tutto il tempo e hanno volontariamente rifiutato di accettare il terreno di confronto (leggasi trappola) scelto da questi personaggi.
Ma, come spesso accade quando le provocazioni non vanno a segno, il fallimento del piano diventa motivo di ulteriore ira e rancore da parte di chi lo ha ordito, a cui non resta altro da fare che rifugiarsi nel ribaltamento della realtà dei fatti, nella calunnia, nella mistificazione e, in definitiva, nell’infamia.
D’altronde, non si capisce come mai la segreteria della Cub si sia fatta promotrice di questa ricostruzione menzognera dell’aggressione, subita e non certo agita, dal SI Cobas e dal FGC, e non abbia invece speso una sola parola di censura verso l’aggressione questa sì evra, avvenuta davanti agli occhi di tutti, con calci e pugni reali a un compagno dell’opposizione Cgil da parte di altri manifestanti, nel mentre questi stava semplicemente esprimendo la propria opinione al microfono…
Invitiamo quindi gli autoproclamatisi promotori di Serie A a farsi una bella analisi di coscienza: calunniare i lavoratori e le realtà di lotta presenti in piazza il 1° maggio a Milano può essere un comodo alibi per celare la realtà di una piazza che, senza i lavoratori della logistica e senza le realtà del Patto d’Azione, sarebbe stata quasi totalmente priva del protagonismo operaio, ma non servirà cero ad occultare il livello di autoreferenzialità in cui da tempo tanti generali senza esercito si sono inesorabilmente condannati.
Per quanto ci riguarda, non offriremo ulteriori occasioni di replica a una polemica creata ed alimentata ad arte: crediamo invece fortemente nella prospettiva di unità delle lotte reali dei lavoratori e nella costruzione di un fronte unico di classe, che parta dalle battaglie quotidiane contro i padroni, le istituzioni e i loro apparati repressivi e che lo strumento da noi scelto sia l’ inclusività e la ricerca dell’unità sul terreno concreto delle lotte.
Crediamo infatti esista una stragrande maggioranza tra i lavoratori della CUB e numerose avanguardie di lotte coraggiose, che non possa condividere la scelta scellerata di inseguire sui gossip e le calunnie un “movimento” che è oramai la pantomima di se stesso, sposando addirittura certe ricostruzioni false e infamanti che abbiamo smontato nel presente comunicato.
Proprio perché riteniamo non ci sia più tempo da perdere per la classe, cogliamo l’occasione per invitare tutti, specialmente coloro che rifiutano e rigettano questa deriva antioperaia, al fondamentale appuntamento dell’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi – Lombardia per Sabato 5 Giugno presso il circolo Arci F. Pessina dalle ore 14, per un confronto aperto e serrato tra lavoratori.
S.I. Cobas
Fronte della Gioventù Comunista