CobasInternazionale

[FRANCIA] Cameriere all’hotel Ibis Batignolles: vittoria dopo 20 mesi di mobilitazione. A Parigi lavoratrici in festa, la lotta continua

Riceviamo dalle compagne del “Comitato 23 settembre” e pubblichiamo qui sotto questo contributo sulla vittoria delle lavoratrici del settore alberghiero di Parigi, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):

Vincere dopo 22 mesi di lotta: in questo reportage la straordinaria esperienza delle lavoratrici degli alberghi di Parigi, un gruppo di immigrate che, con la loro determinazione, hanno costretto i padroni a cedere su tutta la linea!

Alla ripresa della stagione turistica questa lotta è un esempio e un incoraggiamento per tutte le lavoratrici degli alberghi, a partire da quelle dell’hotel Gallia di Milano, da mesi in lotta per la difesa del posto di lavoro. Come ovunque, come sempre, solo la lotta paga!

Comitato 23 settembre

Francia.

Cameriere all’hotel Ibis Batignolles:

vittoria dopo 20 mesi di mobilitazione.

Tutte le vittorie sociali sono buone, ma alcune sono gustate con più piacere di altre. Quando hanno avuto quasi due anni per cuocere a fuoco lento, il sapore finale è aumentato almeno di dieci volte.

È il caso della lotta a lungo termine di una ventina di cameriere all’Hotel Ibis des Batignolles (Parigi, 17 ° arrondissement), che sarà ricordata soprattutto per la sua durata: ventidue mesi.

Ventidue mesi al termine dei quali sarà firmato un accordo, questo martedì mattina, 25 maggio, tra le mura di questo stabilimento gestito da AccorInvest, filiale del gruppo Accor, una catena di alberghi dove puliscono e preparano le stanze. Ventidue mesi alla fine dei quali hanno strappato gli aumenti di stipendio e le migliori condizioni di lavoro che chiedevano. Al tavolo devono sedere i loro rappresentanti e il loro datore di lavoro, l’azienda STN, alla quale Accor subappalta la manutenzione delle camere dell’Ibis Batignolles, ma anche il CGT-HPE (hotel prestigiosi ed economici), il sindacato che le ha seguite sin dall’inizio. Su richiesta di Liberation, AccorInvest conferma che sta per essere firmato un accordo.

“Quando abbiamo lasciato la riunione, abbiamo fatto i salti di gioia”.
Per non compromettere l’accordo, la notizia non doveva essere resa pubblica fino alla firma. Ma è trapelata a monte, venerdì, sull’account Twitter del deputato di LFI François Ruffin. Dopo di che è stato difficile evitare reazioni entusiaste. Sabato 22 maggio, in occasione di una nuova manifestazione contro la riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione a Parigi, le cameriere hanno addirittura preso il comando del corteo dopo aver celebrato la loro vittoria davanti al teatro dell’Odéon. “Abbiamo vinto contro Accor!” Tiziri Kandi della CGT-HPE ha esclamato al microfono. “La lotta paga! Anche se dura dieci anni, paga sempre ”, ha detto Rachel Keke, una delle figure del movimento.

Dopo tutto questo tempo, cosa ha cambiato la situazione? Tra i dipendenti e i loro sostenitori, alcuni ritengono che il gruppo Accor difficilmente potrebbe permettersi di avere ancora questo ingombrante conflitto tra le mani quando verrà il momento di riaprire i suoi hotel. “È stato sbloccato una decina di giorni fa, durante un terzo incontro di mediazione con la Direccte [direzione regionale dell’economia e del lavoro, ndr]”, spiega Claude Lévy, conduttore della CGT-HPE. “Quando abbiamo lasciato la riunione, abbiamo fatto i saltidi gioia, abbiamo ballato”, ha detto Rachel Keke a Liberation.

La lotta di queste cameriere, tutte africane, è iniziato nel luglio 2019, nel frastuono di pentole e tamburi su cui hanno iniziato a battere a tempo, ogni mattina, davanti al loro hotel. Le richieste erano già chiaramente poste, prima di tutto la fine del subappalto, in altre parole la loro integrazione nel gruppo Accor. In mancanza di ciò, le cameriere hanno chiesto a STN di pagare un premio di 7,24 euro per giornata lavorata e una riduzione dei ritmi di lavoro. “Oggi dobbiamo fare tre camere e mezzo in un’ora. Ma non è più possibile resistere, abbiamo dolori dappertutto. Chiediamo di eliminare la mezza stanza, di fare solo tre stanze all’ora “, ha spiegato Rachel Keke quando Liberation li aveva incontrati per la prima volta. Non hanno ancora ottenuto l’internalizzazione in Accor ma, secondo un volantino distribuito sabato davanti all’Odeon, hanno guadagnato 7,30 euro al giorno per mangiare, oltre a una tariffa ridotta a tre stanze all’ora. Hanno anche strappato le riqualificazioni con aumenti salariali fino a 250 euro mensili, nonché la reintegrazione di due persone il cui contratto a tempo determinato era stato rotto durante lo sciopero. Un orologio installato presso l’hotel dovrebbe anche consentire di tenere conto degli straordinari.

Nel 2019, pronte a resistere “fino al 2021”.

Nell’agosto 2019, le scioperanti si sono dette pronte, secondo un rappresentante della CGT-HPE, di tenere duro “fino al 2021”. Quello che era più uno scherzo si è quindi avverato. Nel marzo 2020, lo sciopero era in atto già da otto mesi quando la pandemia di Covid-19 colpì tutta l’attività alberghiera francese. Colpite da una disoccupazione parziale, le cameriere dell’Ibis Batignolles continuarono instancabilmente la loro lotta. Facevano parte di tutti i cortei sindacali, fino a quello del 1° maggio. Si sono inoltre unite ai raduni organizzati dai lavoratori degli alberghi licenziati a causa della crisi sanitaria ed economica. Allo stesso tempo, il loro destino si decideva davanti al tribunale del lavoro di Parigi, che per primo le ha licenziate quando hanno accusato il loro datore di lavoro di averle assuntein nero. Lo scorso dicembre, il loro avvocato, Slim Ben Achour, ha riformulato l’accusa chiedendo che il gruppo Accor fosse riconosciuto come co-datore di lavoro.

Fallita una prima udienza di conciliazione ad aprile, era prevista l’udienza di giudizio alla fine di quest’anno. In cambio dell’accordo con STN, queste due azioni legali verranno ritirate, secondo CGT-HPE. Ma i dipendenti dovrebbero ricevere una compensazione finanziaria, tenuta segreta.

Al di là della sua durata, se il movimento di questi dipendenti è diventato emblematico, è anche per la sua capacità di incarnare una realtà: il capitalismo prospera in gran parte su una formidabile divisione del lavoro, che si traduce in un massiccio ricorso al subappalto nelle società di servizi. In questo sistema, le aziende a volte possono accumularsi come strati di millefoglie, in modo che tutti si sottraggano alle proprie responsabilità. In fondo, gli esseri umani subiscono ogni giorno un matrimonio terribile: uno che unisce condizioni salariali degradate con discriminazione razziale e sessuale.

“Perché il gruppo Accor Hotels sceglie di esternalizzare queste attività come priorità, quando un hotel non può esistere senza cameriere e governanti?

È perché assumere donne che non hanno scelta, senza diplomi o con diplomi non riconosciuti in Francia gli consente di sfruttarli mantenendo il controllo su questi compiti la cui importanza è invisibile “, hanno scritto nel marzo 2020 diversi ricercatori e leader politici e sindacali in un articolo pubblicato da Liberation. La vittoria delle cameriere di camera dell’Ibis Batignolles è una breccia in questo sistema, ma solo una breccia.

Rachel Keke avverte: “Devi stare attento. Il subappalto esiste ancora”.

(Articolo riportato da Alencontre, traduzione di P.T.)


Lusso e sfruttamento sfrenato all’Hotel Gallia.

La risposta di lotta delle lavoratrici

Riceviamo e pubblichiamo qui sotto il contributo ricevuto dai compagni della redazione de Il Pungolo Rosso “Lusso e sfruttamento sfrenato all’Hotel Gallia. La risposta di lotta delle lavoratrici”, già disponibile sul loro sito (vedi qui).

Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.

Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.

Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.

Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.

Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.

L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.

dicembre 2020.

S.I. Cobas

— — —

Lusso e sfruttamento sfrenato all’Hotel Gallia.

La risposta di lotta delle lavoratrici

L’hotel Gallia di Milano, l’emblema dell’accoglienza di super lusso a quanti possono permettersi una stanza da 1.000 euro a notte (ma anche 20.000, se si sceglie la suite di 1.000 metri quadri a disposizione di clienti “speciali”), prospera sulla fatica delle lavoratrici delle pulizie delle ditte d’appalto, lavoro pagato a cottimo, un tot per stanza, in un clima di ricatto continuo e vessazioni, in cui ogni scusa è buona per sottrarre denaro dalla già misera busta paga.

Alla fatica e alla precarietà di questo lavoro si è aggiunto, con le limitazioni di movimento e la diminuzione degli ospiti dovute al Covid, il licenziamento per 80 di loro. I diritti delle donne lavoratrici sono finiti negli oscuri meandri degli appalti e dei subappalti, che dilagano in Italia grazie a 25 anni di demolizione sistematica, da parte dei governi di ogni colore e del parlamento, di ogni vincolo alla precarietà, e nelle promesse ingannevoli di riassunzione del nuovo padrone.

Dopo ripetuti presidi davanti alla prefettura e davanti all’hotel, organizzati dal SI Cobas e dalla Cub, si è aperta una trattativa per il pieno reintegro delle lavoratrici nei loro posti di lavoro. Nel frattempo, in attesa di questo esito della vertenza, molte stanno cercando di arrangiarsi.

Ma non si illudano i padroni: non molleranno la presa finché non vedranno riconosciuto il loro diritto al posto di lavoro, riconquistato con la lotta!

Il Pungolo Rosso

Milano, hotel Gallia: chi c’è dietro gli appalti?

Di Alessandro Rettori, 25 Novembre 2020

[Fonte: https://www.rivistapaginauno.it/milano-hotel-gallia-chi-ce-dietro-gli-appalti/%5D

Questa storia nasce tra i corridoi dello storico Excelsior Gallia di Milano, hotel extra lusso che si affaccia su piazza Duca d’Aosta, davanti alla Stazione Centrale. Il listino prezzi dell’albergo – base d’appoggio privilegiata da molte celebrities – parte dai 330 euro a camera fino ad arrivare a 1.000, per non parlare della Katara Royal Suite, 1.000 metri quadrati di sfarzo a 20.000 euro a notte. Ebbene: il Gallia appalta la pulizia delle 235 camere a un’impresa esterna, la Ho Group srl, pagando i lavoratori, di fatto, a cottimo. A marzo, con la prima ondata di Covid-19 e il successivo lockdown, l’hotel chiude e gli 80 lavoratori rimangono a casa. L’appalto salta, i proprietari di Ho Group – al centro di un intricato giro di società srl, che vedremo – spariscono (forse…), lasciando gli 80 lavoratori nel nulla, e il 26 ottobre il Gallia riapre affidando l’appalto a un’altra impresa. Ma qui, la vicenda si fa ancora più incredibile …

Il lusso del cottimo

Maria (nome di fantasia, a garanzia dell’anonimato) è nata in un paesino del Sudamerica, e da qualche anno lavora come cameriera ai piani tra le stanze del Gallia. Il suo datore di lavoro, però, tuttora è Ho Group, con cui ha un contratto a tempo indeterminato. “Abbiamo un normale contratto a ore”, spiega Maria, “ma è risaputo che negli hotel non ti pagano mai a ore, ti pagano a stanze.

Quindi se noi impieghiamo otto ore per pulire cinque camere, veniamo pagate il tempo assegnato per le cinque camere: per le suite ti danno 55 minuti, per tutte le altre 42. Che la camera sia sporca, pulita, che sia come sia, abbiamo 42 minuti. Tutto il tempo in più non ci viene pagato. Ci sono persone che rimangono in hotel anche undici ore ma vengono pagate otto. Perché 42 minuti non sono mai sufficienti, neanche per la camera più piccola, a meno che il cliente non sia uno di quelli che viaggia per lavoro, che dorme e appoggia le sue cose e niente altro: in questo caso ci mettiamo 40 minuti”.

L’appalto è fittizio, in quanto la gestione del servizio è solo formalmente affidata in autonomia alla società esterna. Racconta Maria: “È l’hotel che stabilisce la tempistica per la pulizia e la comunica a Ho Group: se per tagliare i costi il Gallia decide: «Da domani questa camera sono dieci minuti in meno», noi dobbiamo arrangiarci e cercare di stare dentro questi termini”. Lavoro a cottimo perché, di fatto, ai fini della retribuzione in busta paga viene conteggiato solo il tempo prestabilito per la pulizia della camera, escludendo i momenti ‘morti’: “Il tempo che impiego ad arrivare ai piani non mi viene pagato, il tempo per riempire il carrello con le lenzuola, gli asciugamani, i bagnoschiuma e tutto il resto non mi viene pagato, neanche per il passaggio tra una camera e l’altra vengo pagata”. Non solo. “Quando finiamo una camera” continua, “arriva il nostro supervisore a ispezionarla, dopodiché passa a controllare anche la governante dell’hotel Gallia, e se la stanza presenta qualche difetto viene segnalato a Ho Group che quella camera non gli verrà pagata. Magari noi ci abbiamo messo un’ora a pulirla e manca una penna, e l’hotel Gallia non paga. Poi però mette la penna e assegna la camera a un cliente, ovviamente, e noi ci ritroviamo un’ora di lavoro non pagata per una penna, per una cravatta non piegata o una ciabatta non allineata bene. Mi è successo personalmente, non sto scherzando”.

La convenienza del Gallia nell’appaltare la pulizia delle camere a una società esterna è evidente: meglio avere manodopera a cottimo piuttosto che lavoratori assunti direttamente con un normale contratto a paga oraria. Una pratica non certo nuova, in tanti settori e non solo in quello alberghiero – dalla logistica alla manifattura – e che ha visto proliferare il mondo delle cooperative e delle srl. Una pratica che permette al committente – l’hotel, in questo caso – anche di utilizzare personale qualificato senza farsi carico di nulla: non solo ferie, permessi, malattia, infortuni, maternità ecc. non lo riguardano, ma nemmeno i licenziamenti o l’accesso alla cassa integrazione. Nel momento in cui non ha più necessità dei lavoratori, infatti, al committente basta sospendere o chiudere l’appalto, oppure chiedere alla società esterna meno personale. Esattamente ciò che ha fatto il Gallia a marzo scorso: causa Covid l’hotel ha chiuso, e da quel momento le vicissitudini dei lavoratori non lo hanno riguardato. ‘Non sono alle mie dipendenze’, ha sempre risposto l’albergo alla richiesta del sindacato di un incontro per risolvere una situazione che, come vedremo, si è rivelata particolarmente intricata.

Questo è il Gallia, quindi: camere da 1.000 euro a notte da una parte, lavoratori a cottimo dall’altra.

Sai quello che perdi, non sai chi ti ritrovi

Il 26 ottobre il Gallia riapre le porte. Maria, come abbiamo visto, ha in mano un contratto a tempo indeterminato con Ho Group ‘presso il Gallia’, così è scritto, ma non viene richiamata a lavorare. “Si sa che il Gallia ha preso lavoratori da altri alberghi”, ci racconta il 24 ottobre Simonetta Sizzi, rappresentante sindacale Si Cobas che sta seguendo in prima persona l’evolversi della situazione, “mentre tutte le lavoratrici e i lavoratori di Ho Group presso l’hotel Gallia sono in cassa integrazione da marzo. Con Ho Group ci siamo incontrati a luglio e ci hanno detto di aver perso l’appalto, che era subentrata un’altra società, la Keep Up, con la quale non siamo riusciti ad avviare un confronto né ha mai risposto alle nostre PEC. Tutto questo è avvenuto senza avvisare i sindacati e soprattutto escludendo 80 lavoratori”. Il Si Cobas ha avanzato “varie richieste di incontri in prefettura a cui né Ho Group né il Gallia si sono presentati. Ho Group è proprio sparita, nel senso che il responsabile legale non si sa che fine abbia fatto” conclude Simonetta Sizzi.

Torniamo allo scorso luglio, precisamente al 17 luglio, poco prima che gli 80 lavoratori perdessero le tracce del loro datore di lavoro: “Ho Group ci ha fatto chiamare, dicendoci: «Guardate, noi non abbiamo soldi, non abbiamo neanche l’appalto, non abbiamo niente ma vi vogliamo bene»” racconta Maria, “hanno detto tante belle parole e di essere preoccupati per noi, e ci hanno proposto di firmare una conciliazione tombale: volevano che ci licenziassimo, dicevano che così avremmo preso la disoccupazione, promettendoci che avremmo avuto la nostra liquidazione a partire da gennaio 2021, perché in quel momento non avevano soldi”. Questa non era però l’unica promessa messa sul tavolo. “Alcune ragazze hanno firmato l’accordo” continua Maria, “e anche un foglio su cui era scritto che se una certa Keep Up avesse preso l’appalto con il Gallia, le avrebbero richiamate a lavorare a settembre. Erano convinte di aver fatto bene, appunto perché così prendevano la disoccupazione, visto che la cassa integrazione per noi è bassissima. Ma il Gallia ha riaperto e nessuna delle ragazze che ha firmato il tombale è stata richiamata”.

“Praticamente le hanno costrette” sottolinea Simonetta Sizzi, “non hanno neanche fatto leggere quello che stavano firmando: le hanno chiamate da un giorno all’altro e hanno detto: «Firma oppure non sarai più riassunta». Ho Group non ha pagato neanche la maternità a tre lavoratrici: sembra che non abbia pagato contributi o altre cose…”

Insomma, che fine ha fatto Ho Group?

A, B, M

Sauro Anceschi è nato in un paesino dell’Emilia Romagna nel lontano 1934 e dopo anni vissuti in mezzo ai cantieri edili (con la Anceschi strutture srl), nei magazzini del commercio all’ingrosso di materiali edilizi (IAMA Solutions srl), negli stabilimenti delle fabbriche di rubinetti e valvole (M.M.V.I. srl) e strutture metalliche (A.G.S. snc di Anceschi e Proserpi), nell’elaborazione dati (Suoni srl) e dopo una capatina a Londra (E.Net srl) e una in Slovacchia (Lumenor s.r.o.), decide di reinventarsi nel mondo dell’hotel outsourcing. È il 24 luglio 2020 quando Anceschi sbarca a Milano, acquista la quota maggiore (34%) di Ho Group e si addentra nella giungla delle esternalizzazioni dei servizi alberghieri; lo accompagnano in questa nuova sfida l’esperienza di Djambasova Jecova Snejanca (classe 1946) e Debout Claudine (classe 1943), che entrano in società con il 33% a testa.

Veniamo alla controparte delle tre acquisizioni: Anceschi ha acquistato le quote da François Attardo, Djambasova da Giovanni Borriello e Debout da Vincenzo Monteleone. Attardo, Borriello e Monteleone sono i nomi ricorrenti di una galassia di srl di cui posseggono quote e/o nelle quali ricoprono o hanno ricoperto diverse cariche. La galassia è talmente intricata che, solo per le società che qui ci interessano, occorre ricorrere a mappe concettuali per raccapezzarsi, mentre rimandiamo a una tabella in coda all’articolo per un elenco storico delle varie imprese facenti capo ai tre attivi imprenditori. Qui cerchiamo di semplificare.

Fonte: Registro imprese

Nel 2013 Attardo, Borriello e Monteleone sono i tre soci di Ho Group; contemporaneamente sono anche i soci unici di altre tre società: Attardo per la AMB Group srl, Borriello per la BMA Team srl e Monteleone per la MBA Jobs srl. Ho Group e le tre società possiedono rispettivamente il 96% e, ciascuna delle tre, l’1% di HPoint SL (società consortile a responsabilità limitata); di conseguenza Attardo, Borriello e Monteleone possiedono anche il 99% di HPoint. Questo fino al 24 luglio, quando vendono ad Anceschi (e alle due compagne di avventura) non solo Ho Group ma anche AMB, BMA e MBA, e quindi anche HPoint.

Nel mezzo dell’estate ritroviamo perciò la galassia di società attiva nell’hotel outsourcing non più in mano a A, B e M ma al signor Anceschi – 86 anni, che diviene presidente del CdA di tutte le imprese – e alle relative socie – di 77 e 74 anni. Sorge spontaneo, a questo punto, chiedersi se non siamo davanti a tre prestanome – ne hanno tutta l’aria – dietro cui ancora si muovono Attardo, Borriello e Monteleone, senza nulla rischiare – visto che pare non abbiano pagato nemmeno i contributi. Oppure, è altrettanto lecito chiedersi se la mossa non sia il primo passo verso la dichiarazione di fallimento di Ho Group, che lascerebbe 80 lavoratori nel nulla. Si trascinerebbe dietro anche HPoint? E AMB (92 dipendenti al 30 giugno 2020, secondo i dati del Registro imprese)? E BMA (41 dipendenti)? E MBA (21 dipendenti)?

C’è un’altra questione, poi: questa Keep Up nominata a luglio, chi è?

Non i due e neanche i tre, ma il quarto vien da te

Keep Up spa è un’impresa costituita nel 2018, attiva dal 29 luglio 2020, che fa capo ad Andrea Grisolia – amministratore e socio unico di STF srl, che dal 1° luglio scorso detiene il 70% di Keep Up. Dopo l’ennesimo presidio del Si Cobas e dei lavoratori davanti al Gallia, il 29 ottobre, proprio Grisolia ha accettato di incontrare il sindacato. Ha affermato che Keep Up ha preso l’appalto del Gallia per la pulizia delle camere e ha proposto lo stesso schema messo sul tavolo a luglio da Ho Group: i lavoratori dovrebbero licenziarsi da Ho Group, così Keep Up potrebbe assumerli. Da noi contattato telefonicamente, Grisolia ha affermato di stare facendo tutto quanto in suo potere “per risolvere la situazione nel modo migliore possibile” e salvaguardare “l’occupazione per tutti”, nonostante il momento critico che vivono gli alberghi; ha affermato che Keep Up non ha alcun legame con Ho Group; ha affermato di conoscere Attardo, Borriello e Monteleone ma di non avere legami con loro (“tante persone si conoscono in questo mondo…”, dice Grisolia); ha affermato in particolare, su nostra domanda, di non avere legami con Borriello.

Fonte: Registro imprese

Davvero Keep Up è altra cosa rispetto a Ho Group, o siamo ancora davanti al gioco delle tre carte? Facciamo un passo indietro e torniamo ai nostri A, B e M. Nel 2018 i tre sono soci in HPoint srl – un’altra società, non HPoint SL che abbiamo già incontrato –; il 1° luglio 2020 la società cambia nome e forma giuridica e diviene la nostra Keep Up spa. Grisolia al telefono conferma infatti di aver “rilevato” la società ma ribadisce che Keep Up è una nuova impresa, ricapitalizzata e senza legami con la galassia A, B e M. Eppure punti di contatto ce ne sono altri.

Nel 2019, Attardo, Borriello e Monteleone possiedono ciascuno il 31% di Semplice Service srl, e il restante 7% è in mano a Morena Mazzoleni la quale, stando al suo profilo Linkedin, da marzo 2015 ricopre anche il ruolo di responsabile amministrativo di HPoint SL (società ora in mano ad Anceschi, Djambasova e Debout); e il 1° luglio 2020, Mazzoleni è divenuta anche proprietaria del 30% di Keep Up.

In aggiunta, Grisolia siede nel CdA di Iron srl, società attualmente inattiva e nella quale Borriello è presidente, situazione confermata dallo stesso Grisolia al telefono.

Fonte: Registro imprese

Unisci i puntini

Facciamo il punto: A, B e M il 1° luglio 2020 vendono HPoint srl a Grisolia e alla Mazzoleni, i quali la trasformano in Keep Up spa e contestualmente, stando al Registro imprese, ne modificano il codice Ateco e l’attività prevalente, che passa da “servizi di disinfestazione e sanificazione” a “corsi di formazione e aggiornamento professionale”; il 17 luglio avviene l’incontro tra Ho Group e i lavoratori con la proposta di conciliazione, e in rappresentanza di Ho Group, racconta Maria, si presentano Borriello e Attardo: sono loro a proporre il tombale e a parlare dell’entrata in scena di Keep Up come impresa titolare di un nuovo appalto con l’hotel Gallia. Certo, è quantomeno singolare che due settimane dopo aver venduto la società, Borriello e Attardo se ne facciano portavoce: a che titolo lo fanno se, come ci ha detto Grisolia, Keep Up spa è una società rilevata, ricapitalizzata e non ha alcun legame con A, B e M? Anomalo anche che un’impresa con un codice Ateco per corsi di formazione, divenga titolare di un appalto di pulizie presso un albergo. Comunque sia, quasi tutti i lavoratori rifiutano di firmare la conciliazione tombale e rimangono dunque dipendenti di Ho Group. E il 24 luglio A, B e M vendono Ho Group e le tre società AMB, BMA e MBA (e dunque anche HPoint SL) a un uomo di 86 anni, il signor Anceschi, e a due donne rispettivamente di 74 anni (Djambasova) e 77 anni (Debout). Segue il silenzio.

Attardo, Borriello e Monteleone da quel momento risultano irreperibili. Da marzo a settembre, 80 lavoratori possono fare affidamento, con due mensilità di ritardo, solo su una cassa integrazione di circa 300 euro al mese, come dimostrano le buste paga di Maria. “La CIG è scaduta a settembre e non l’hanno rinnovata: ora non prendiamo nulla. Ci sono ragazze in maternità che da giugno non vengono pagate, e l’Inps ha detto che non può far nulla perché secondo loro questi soldi li hanno già dati, sono già stati conguagliati da Ho Group. Abbiamo chiamato i numeri di telefono di Ho Group, abbiamo provato con le email, siamo andati al loro indirizzo ed è chiuso… zero totale”.

Infine, ecco che sul finire di ottobre compare Grisolia con la Keep Up: afferma di avere l’appalto del Gallia e chiede ai lavoratori di licenziarsi da Ho Group con la promessa di riassumerli in Keep Up. La stessa promessa fatta a luglio da Borriello e Attardo.

Ma “ora che Ho Group è sparita, i soldi che ci deve dove andiamo a prenderli?” chiede Maria. Una domanda che andrebbe posta al signor Anceschi, new entry dell’hôtellerie di lusso (ci abbiamo provato, ma è stato impossibile rintracciarlo). O, perché no, a Grisolia e alla Mazzoleni, new entry al Gallia. O direttamente al Gallia, committente dell’appalto. O potrebbe essere, chissà, che la risposta ce l’abbiano solamente Attardo, Borriello e Monteleone se solo non fossero spariti nel nulla, in un posto lontano lontano. Ma che forse è più vicino di quello che sembra.

Fonte: Registro imprese