Cobasdisoccupati

[CONTRIBUTO] “Blocco” UE diviso sulla politica monetaria. Incremento dei prezzi, “esproprio” dei risparmiatori tedeschi e flessibilità

UE, POLITICA MONETARIA

SCONTRO SULLA POLITICA MONETARIA

Fonte: GFP 21/07/27 – traduzione a cura di: G. L.

La prosecuzione della politica monetaria espansiva della BCE viene aspramente criticata in Germania, perché attuata nonostante l’incremento dei prezzi al consumo; parlano di “esproprio” dei risparmiatori tedeschi; avvertono del rischio di predominio finanziario dato che la Federal Reserve continua la politica di zero tassi interesse.

La politica monetaria BCE riscuote invece la netta approvazione nei paesi dell’Europa del Sud.

Il contesto è quello dei crescenti squilibri nell’Eurozona tra il centro tedesco e la periferia dell’Europa meridionale, aggravati con la crisi del Coronavirus.

“Politica monetaria ultra-allentata”

La BCE ha deciso il proseguimento della politica monetaria espansiva (“ultra-allentata”) nella riunione del Consiglio del 22 luglio, nonostante “l’aumento dell’inflazione”.

Essa non ritiene al momento “concepibile” un’inversione di tendenza nei tassi d’interesse di riferimento, che è rimasto allo 0%, un livello storicamente basso.

Prosegue anche il programma di acquisto di obbligazioni UE, che è servito ad acquistare soprattutto i debiti governativi dei paesi euro altamente indebitati come Italia, Spagna e Francia, ed a fornire nuova liquidità al sistema finanziario.

Il quantitative easing avviato all’inizio della pandemia, e di fatto equivalente a un
programma di emissione di cartamoneta, ammonta a 1,85 trilioni di euro e deve proseguire almeno fino alla fine di marzo 2022.

Nel terzo trimestre 2021 dovrà accelerare il ritmo degli acquisti di titoli.

Secondo le nuove linee guida BCE, questa politica monetaria espansiva potrà proseguire fino a quando il tasso di inflazione supererà il 2% a lungo termine.

L’attuale aumento dei prezzi al consumo oltre il livello target del 2%, non preoccupa la BCE.

Le critiche degli economisti tedeschi e dei responsabili della politica monetaria

Economisti tedeschi come Friedrich Heinemann dell’istituto di ricerca ZEW (Leibniz Centre forEuropean Economic Research) di Mannheim riguardo al corso espansivo della BCE accusano i banchieri centrali della UE di preoccuparsi per i “rischi di nuove ondate di contagi” nel contesto della pandemia, ma di essere al contempo poco attenti ai “segnali inequivocabili di un incipiente surriscaldamento di parti dell’economia.

Heinemann rileva un “aumento quasi drammatico dei prezzi alla produzione” nella zona euro, i prezzi all’ingrosso sono cresciuti di oltre il 10% a giugno, il maggiore incremento dalla crisi del petrolio di circa 40 anni fa.

Nondimeno ci sono vari segnali che la lotta contro l’inflazione ha perso importanza nella strategia della BCE.

Si ammette che l’aumento dei prezzi è in parte dovuto al livello dei prezzi molto basso dell’anno precedente”, quando i prezzi sono crollati nel contesto della pandemia.

Il presidente di Bundesbank, Jens Weidmann, ha criticato pubblicamente la BCE dichiarando pubblicamente di aver votato contro l’aggiustamento delle previsioni dei tassi d’interesse nell’Eurozona nell’ultima riunione del Consiglio.

Ritiene che “troppo estesa la continuazione potenzialmente prolungata di bassi tassi d’interesse, e mette in guardia da un’impennata dell’inflazione che a fine 2021, secondo gli esperti di Bundesbank, potrebbe raggiungere il 5%.

“Esproprio” dei risparmiatori tedeschi

La decisione sui tassi d’interesse della BCE è stata interpretata, e aspramente criticata dai principali giornali conservatori, come la FAZ, come un allineamento alla politica monetaria americana espansiva della Federal Reserve (Fed), che ha avuto conseguenze non solo economiche ma anche politiche.

Denunciano il persistere del predominio della politica monetaria americana, e della finanza americana. I precedenti tentativi della Fed di abbandonare la politica dei tassi zero hanno portato a turbolenze sui mercati finanziari e per questo sono stati
abbandonati.

La FAZ ritiene che anche per la UE ci sia il rischio di una “crescente dipendenza della politica monetaria” dai “mercati finanziari”.

Altri autorevoli media hanno accusato la BCE di accettare la “svalutazione strisciante” dei risparmi tedeschi; i “tassi d’interesse punitivi” e l’inflazione crescente equivalgono ad uno “esproprio dei risparmiatori”, il cui patrimonio nella situazione attuale potrebbe ridursi fino al “2,5% l’anno”.

L’ex giudice della Corte costituzionale federale, Paul Kirchhof, ha detto che la BCE sta “trasferendo la proprietà da mani private a mani pubbliche” tramite la sua politica monetaria allentata.

Colpevoli di questo “esproprio” sarebbero gli stati meridionali dell’euro i quali hanno registrato “eccessi” congiunturali, a causa della loro politica monetaria espansiva – e ora, per evitare la bancarotta nazionale, hanno bisogno che i tassi di interesse rimangano bassi.

Lagarde: la politica monetaria deve essere “molto flessibile”

In risposta alle veementi critiche tedesche, la presidente BCE Christine Lagarde ha difeso la sua linea con la necessità di attenersi “fermamente” al corso monetario adottato: “Non è il momento di parlare di una strategia di uscita”; la politica monetaria deve essere “molto flessibile” e non deve “creare l’aspettativa che l’uscita possa avvenire nel giro di settimane o mesi”.

In sintonia con la Lagarde si è espresso il governatore della Banca d’Italia, Ignazio
Visco, a metà luglio: occorre evitare onde d’urto sui mercati finanziari innescate da una prematura riduzione degli stimoli monetari.

La BCE deve dimostrare determinazione nell’assumere obiettivi di inflazione più elevati.

Il capo della banca centrale italiana ha segnalato un “considerevole rallentamento” nell’economia della zona euro e il rischio di un’altra ondata di pandemie.

“Grande divergenza fiscale”

Il recente inasprimento delle divergenze politiche tra il centro tedesco e la periferia meridionale dell’Eurozona è espressione dei crescenti squilibri e delle forze economiche centrifughe nell’area valutaria dell’UE a causa della crisi, come rileva l’agenzia di rating Fitch constatando “grande divergenza fiscale” nell’Eurozona.

La pandemia ha esacerbato gli squilibri esistenti, perché il debito pubblico è aumentato in modo particolarmente marcato nei paesi dell’Eurozona già in difficoltà, che nella crisi sono entrati con livelli di debito “estremamente alti” in relazione al loro prodotto interno lordo (PIL).

Il risultato è una divaricazione in termini di debito pubblico tra gli stati dell’euro, soprattutto tra Germania e paesi particolarmente colpiti come ltalia, Spagna e Francia, dove sono stati raggiunti record di debito.

Questi paesi soffrivano già alla fine del 2020 di un enorme debito, che raggiungeva il 116% del PIL in Francia, il 120% in Spagna e il 156% in Italia.

Il debito della Germania era pari a solo il 69% del PIL.

l ritorno di Laschet a Maastricht

Questa divergenza fiscale, esacerbata dalla pandemia, ha portato a interessi divergenti del centro tedesco da quelli della periferia dell’Europa meridionale per quanto riguarda la politica monetaria della BCE.

Il Sud ha bisogno dei programmi di acquisto della BCE per finanziare i programmi di stimolo economico e generare crescita economica nonostante lo schiacciante peso del debito, mentre la Germania, orientata alle esportazioni extraeuropee, si preoccupa principalmente della stabilità monetaria; il suo monetarismo mantiene la distanza economica nei confronti del Sud, che rappresenta la base dell’egemonia politica di Berlino nella zona euro.

La politica monetaria espansiva della BCE, disprezzata da Berlino come “stampa di denaro”, serve quale ancora di salvataggio politico-finanziario per la periferia.

Invece alcune frazioni delle élite politiche tedesche tendono maggiormente ad appoggiare l’austerità UE – sul modello dell’ex ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble durante la crisi dell’euro.

Il candidato cancelliere CDU, Armin Laschet, si è già espresso a favore di una ripresa a livello europeo delle rigide linee guida del patto di stabilità di Maastricht e contrario ad una “unione del debito”: non appena la crisi sarà finita, “sia la politica tedesca che quella europea devono tornare alla politica di stabilità come concordato a Maastricht”.