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[CONTRIBUTO] Contro l’attacco all’autodeterminazione, le donne del Nord e Sud America rispondono con la mobilitazione e la lotta

Riceviamo e pubblichiamo dalle compagne del Comitato 23 settembre questo contributo, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):

Contro l’attacco all’autodeterminazione le donne del Nord e del Sud America rispondono con la mobilitazione e la lotta! (1)

120 associazioni, 650 manifestazioni in 50 stati : questa la risposta delle donne all’attacco sferrato contro il diritto all’autodeterminazione e all’aborto assistito in molti stati negli Usa.

Un attacco partito dall recente legge del Texas, che limita a sei settimane la possibilità di interrompere la gravidanza, anche in caso di violenza e stupro o gravi malformazioni del feto, e incoraggia i privati cittadini a denunciare i casi di aborto di cui sono a conoscenza.

Non è un caso isolato: in molti altri stati sono in atto campagne legali e azioni restrittive da parte di governi locali legati al partito repubblicano, alle associazioni religiose integraliste, e alle varie espressioni del potere che pensano di risolvere la crisi del sistema sulla pelle delle donne.

La corte suprema, a maggioranza sostenitrice di Trump, ha manifestato l’intenzione di rivedere la legge del ’73 che sanciva il diritto all’IVG entro le 24 settimane di gravidanza.

Una dichiarazione di guerra a cui le donne non hanno risposto sul piano delle diatribe legali, ma scendendo in piazza in massa, consapevoli della portata politica di questo attacco, poichè la loro dignità, i loro diritti sono da sempre il bersaglio preferito nel generale attacco agli sfruttati di ogni latitudine.

Questo accanimento è espressione della necessità dello stato e dei padroni di avere a disposizione lavoro di riproduzione coatto, lavoro di cura non riconosciuto e non pagato, lavoro produttivo ultraprecario e sotto pagato, lavoro di trasmissione di valori basati sulla gerarchia e sulla subordinazione dei popoli del sud del mondo, delle classi sfruttate, delle donne nella famiglia e nella società.

Una lotta che negli Usa vede in primo piano la denuncia del fatto che le prima a pagare le conseguenze di questa catena di provvedimenti restrittivi saranno quelle che non possono permettersi di andare ad abortire negli stati in cui questo diritto è ancora concesso.

La subordinazione, l’obbligo di accettare la gravidanza in ogni caso, condita con lo stigma sociale di chi non l’accetta, si collega con l’obbligo di accettare condizioni di vita e di lavoro sempre peggiori, assieme all’impossibilità di avere cure decenti, alloggi non fatiscenti, all’insicurezza e diffusione della droga nei quartieri degradati, ad una istruzione di infimo livello: tutte caratteristiche della società statunitense che la pandemia ha spaventosamente aggravato.

Una situazione che si manifesta anche in Italia e che deve essere affrontata nella sua globalità, come sintomo di un sistema tanto più mortifero quanto più si maschera da difensore della vita.

Questa lotta continentale assume caratteristiche specifiche nel resto del continente americano, (ne parliamo in un prossimo post), anche in Europa e in Italia questo terreno di lotta deve restare di attualità, collegato alle sempre più articolate forme di violenza ed oppressione che ci colpiscono e che colpiscono tutti i lavoratori.

Solo la nostra mobilitazione permanente potrà sconfiggerle!

Comitato 23 settembre