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[ITALIA] Mandiamo in pensione il governo Draghi

MANDIAMO IN PENSIONE IL GOVERNO DRAGHI!

Il “salvatore della Patria” Mario Draghi “tira dritto”: infischiandosene dei lavoratori giovani e vecchi, ha ribadito che in pensione ci si andrà a 67 anni!

Per questi andare in pensione tardi con un assegno sempre più ridotto, sarebbe la “normalità”.

Lo vuole L’Europa e di sicuro lo vuole Confindustria che plaude.

Perché stupirsene?

Tagliare Pensioni e Stato Sociale è da sempre un obiettivo prioritario dei Bonomi e dei padroni.

La lapidaria affermazione del Presidente del Consiglio riempie di gioia anche i sempre più servili media italiani, e si leva un corale elogio all’ “uomo forte”.

Si sa agli editori (cioè i padroni di TV e giornali) Draghi piace moltissimo e la “libera stampa” si piega di conseguenza.

Ieri l’innalzamento dell’età pensionabile veniva giustificata “da una aspettativa di vita più lunga”, oggi, anche a causa della pandemia l’aspettativa di vita si riduce.

Perché non applicare la stessa logica?

Perché non ammettere che 67 anni sono troppi?

Ma ci sono partiti (specialmente di sinistra) e i sindacati.

Faranno sentire la loro voce?

Il PD di Letta fa a gara per essere più “draghista” di Draghi, nello sforzo di mostrarsi compiacente con il mondo delle imprese e non ne mette in discussione la sostanza e cioè l’uscita per legge a 67anni.

Non resta che la vecchia carta dei “lavori usuranti”.

Cioè di qualcosa che il suo partito, quasi sempre al governo da decenni, non ha mai voluto definire con una legge!

Una cortina fumogena per guadagnare tempo.

E un modo per dividere ancora di più chi lavora.

La Lega proclama che “alla legge Fornero non si torna”.

Peccato che quella legge non sia mai stata cancellata, tantomeno dalla ormai defunta “quota 100”; e peccato che la stessa Fornero sia stata scelta proprio da Draghi per far parte del Governo!

In queste ore Salvini si batte non per cancellare la legge Fornero (cosa che non è mai stata nelle intenzioni della Lega), ma solo per non perdere, dopo la sua “quota 100”, anche la faccia, arrabattandosi con formule bislacche (quota 102, 103, 104…) che, oltre ad essere temporanee, oltre a riguardare una minoranza molto ristretta di lavoratori, rappresentano un evidente peggioramento rispetto a quota 100.

Dall’opposizione di estrema destra della Meloni nessun segno di vita.

Il che è tutto fuorché strano: troppo impegnati a difendere i sacri confini da… barconi carichi di migranti.

Non saranno certo quelli di FdI a mettersi di traverso rispetto a Draghi.

Né lo faranno i loro camerati – quelli che sfruttano la protesta contro il green pass, quelli che assaltano le sedi sindacali e bastonano i lavoratori in sciopero, a mettere in discussione le Pensioni.

Forti con i deboli ma debolissimi con i forti come, per definizione, sono da sempre i fascisti.

A proposito di sindacati: CGIL, CISL e UIL hanno chiesto e ottenuto un incontro con il Governo proprio per parlare di Pensioni.

Da quell’incontro sono usciti con un pugno di mosche: volevano una riforma del sistema pensionistico ma non hanno ottenuto altro che la certezza che non vi sarà alcuna riforma: 67 anni e camminare!

E qui bisogna ricordarlo: quando il governo Monti varò la legge Fornero quei tre sindacati non fecero un bel nulla.

Perché aspettarsi che facciano qualcosa ora?

SE CI SARANNO SCIOPERI (CHE COME SEMPRE PROMETTONO MA RARAMENTE MANTENGONO) NOI CI SAREMO!

Ma al netto delle burocrazie confederali, non possiamo più aspettare!

Dopo il successo dello sciopero generale dell’11 Ottobre è necessario rilanciare una solida rete di collegamento tra lavoratori, realtà del sindacalismo combattivo, collettivi operai e comitati di lotta!

Costruire una giornata unitaria di lotta contro questa ennesima riforma pensionistica che si abbatte sui lavoratori e per rivendicare aumenti salariali, riduzione dell’orario di lavoro e difesa della salute e sicurezza nelle aziende e sui territori!

Per dare corpo a questa prospettiva invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici a partecipare all’assemblea nazionale del 7 Novembre, alle ore 10, presso la sede S.I. Cobas di Bologna, promossa da tante realtà operaie e di lotta, in battaglia contro licenziamenti, sfruttamento e peggioramento delle nostre condizioni di vita e lavoro!

1 novembre

S.I. Cobas