Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso. già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Riprendiamo qui di seguito due pezzi informativi sulle proteste e gli scioperi del prossimo “Black Friday” (26 novembre) contro Amazon, che si svolgeranno in almeno 20 paesi. Come si è visto lo scorso anno, e si tornerà a vedere anche questa volta, sono compresenti in questa giornata spinte e impostazioni tra loro divergenti, anzi: alternative, che vanno dall’impostazione istituzionale, sotto-riformista di UNI Global Union, il sindacato dei servizi aderente all’ITUF (International Trade Unions Confederation), a quella di classe, militante in Italia (SI Cobas), in Polonia (OZZ Inicjatywa Pracownicza Amazon) e in alcuni paesi asiatici, con la presenza in diversi paesi (a cominciare dalla Germania) di nuclei proletari combattivi dentro le stesse strutture istituzionali.
Su questa eterogeneità fa premio, secondo il nostro punto di vista, l’azione internazionale congiunta di protesta e di sciopero decine di migliaia di proletari attraverso il mondo, che è comunque un terreno favorevole al maturare di un sentimento internazionalista, di comunità di interessi e di destini dei lavoratori che sono sotto il comando dispotico di Amazon, ed anche al di là dei confini di Amazon.
Durante il Black Friday, un gruppo di sindacati e organizzazioni di base, conosciuto come Make Amazon Pay Coalition, organizzerà proteste e scioperi coordinati in almeno 20 paesi per chiedere ad Amazon di pagare ai lavoratori un salario dignitoso, rispettare il loro diritto di aderire ai sindacati, pagare la sua giusta quota di tasse e impegnarsi per la sostenibilità ambientale.
Le azioni pianificate includono: un massiccio sciopero dei corrieri di Amazon in Italia; un’interruzione del lavoro nei magazzini Amazon in Francia; dimostrazioni nel cantiere in costruzione dei nuovi uffici regionali di Amazon in Sud Africa; proteste dei lavoratori tessili in Bangladesh e Cambogia.
Negli Stati Uniti, l’Athena Coalition terrà azioni digitali e in presenza #MakeAmazonPay rivolte contro Whole Foods e Amazon, un’assemblea cittadina sul futuro dell’organizzazione dei lavoratori in California e un panel di lavoratori in Illinois sulle interruzioni della catena di approvvigionamento.
Le azioni del 26 novembre in tutto il mondo evidenzieranno la portata del ruolo di Amazon nell’economia globale.
La coalizione Make Amazon Pay è stata lanciata lo scorso anno con una giornata di proteste durante il Black Friday, quando ha presentato una serie di richieste comuni da parte di 50 organizzazioni per la giustizia sociale, tra cui Progressive International, Athena Coalition, GreenPeace, Our Revolution, Oxfam e Sunrise Movement.
Da allora, la coalizione si è allargata a più di 70 sindacati, organizzazioni di base, osservatori fiscali e gruppi ambientalisti. “Le azioni di quest’anno dovrebbero essere molto più grandi con scioperi e proteste pianificati in più città in almeno 20 paesi in ogni continente abitato della terra”, ha affermato un comunicato stampa per questo evento globale.
“La giornata mondiale di azione riunirà attivisti di diverse lotte – lavoro, ambiente, tasse, dati, privacy, anti-monopoli – mentre sindacalisti, attivisti della società civile e ambientalisti organizzeranno azioni congiunte”.
Per Amazon il Black Friday e il Cyber Monday segnano i maggiori eventi di vendita dell’anno. Ma per i magazzinieri e gli autisti delle consegne di Amazon, ciò significa maggiori carichi di lavoro, giornate lavorative più lunghe e un accresciuto rischio di lesioni. Tra il Black Friday e il Natale, gli infortuni dei magazzinieri aumentano, secondo un rapporto del 2019 del Reveal Center for Investigative Reporting.
Oltre ai paesi sopra elencati, le azioni del Black Friday si svolgeranno in Canada, Argentina, Messico, Brasile, Sud Africa, Regno Unito, Polonia, Germania, Slovacchia, Austria, Lussemburgo, Spagna, Irlanda, Turchia, Australia, Nuova Zelanda, Bangladesh, India e Cambogia.
“I lavoratori, i sostenitori e i delegati eletti che si sono riuniti per #MakeAmazonPay hanno catturato l’immaginazione del mondo e stanno cambiando il modo in cui la gente percepisce Amazon”, ha affermato Christy Hoffman, segretario generale di UNI Global Union.
“Nei giorni di azione globale come il Black Friday, stiamo vedendo come il movimento che spinge per cambiare le regole della nostra economia e sfidare il potere aziendale sta diventando più audace e più forte. La coalizione #MakeAmazonPay è guidata da UNI Global Union, una federazione sindacale globale, affiliata a 150 sindacati che rappresentano 20 milioni di lavoratori in tutto il mondo, e Progressive International, un’organizzazione internazionale che unisce gruppi di attivisti di sinistra.
“Dall’estrazione delle risorse naturali, alla produzione; dalla spedizione e conservazione dei prodotti in tutto il mondo alla consegna ai consumatori; dal controllo di quantità incalcolabili di dati e gestione all’influenza sui nostri governi: Amazon imbroglia i lavoratori, la gente e il pianeta”, ha affermato Casper Gelderblom, coordinatore di Make Amazon Pay presso Progressive International. “Amazon può essere ovunque, ma lo siamo anche noi”, ha continuato. “Ad ogni anello di questa catena di abusi, stiamo combattendo perché Amazon paghi. Il Black Friday del 26 novembre 2021, in tutto il mondo, lavoratori e attivisti si ribelleranno in scioperi, proteste e azioni per far pagare Amazon”.
Vedi anche:
https://www.vice.com/en/article/59n7e8/silicon-valley-owes-us-dollar100-billion-in-taxes-at-least
IL SI COBAS ADERISCE
ALLA CAMPAGNA INTERNAZIONALE “MAKE AMAZON PAY”
E PROMUOVE UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE PER IL 26 NOVEMBRE
Il S.I. Cobas nazionale ha deciso nei suoi organi di vertice di scendere in campo per il “black Friday” del prossimo 26 novembre, coordinandosi con oltre mille realtà sindacali in tutto il mondo (Germania, Francia, Stati Uniti, Giappone…) nell’ambito della campagna “make Amazon pay”.
L’obiettivo dichiarato è il modello di lavoro precario promosso dalla multinazionale Amazon e in via di estensione nel mercato del lavoro.
L’iniziativa si tradurrà in scioperi e blocchi su tutti i siti Amazon in Italia, compreso quello di Piacenza.
Lo sfruttamento diretto da Amazon crea un precedente per tutto il territorio italiano, ponendo le basi per la rovina di una intera generazione di lavoratori.
Gli effetti nefasti non si fermano infatti ai magazzini Amazon o ai siti dove operano i corrieri di Assoespressi, loro partner nel trasporto merci, ma arrivano a influenzare negativamente tutti i posti di lavoro, che a quei modelli contrattuali si adeguano.
Da marzo scorso, il S.I.Cobas ha stilato una piattaforma rivendicativa nazionale volta a tutelare tutti i facchini impiegati direttamente e tutti i corrieri operanti nelle numerose aziende federate ad Assoespressi, piattaforma nella quale si richiede l’adozione del corretto contratto nazionale, quello della logistica, che prevederebbe il rispetto dei sabati e delle domeniche a differenza di quello “commercio” attualmente in uso.
Non solo: a fronte dell’estremo sacrificio dei lavoratori, si richiedono ticket mensa, premi di produzione, investimenti nella sicurezza e soprattutto la fine del ricorso smodato ai contratti precari, oggi ampiamente al di fuori del tetto massimo del 25% previsto dalla legge.
Fondamentale anche la riduzione dei carichi di lavoro per i driver di Assoespressi e la riduzione di responsabilità in caso di danni e franchigie.
Tutti queste rivendicazioni risultano ad oggi bloccate dal ruolo complice svolto dai sindacati confederali.
In questi anni, essi hanno messo in campo blande azioni simboliche che non hanno ottenuto nessun risultato se non il loro riconoscimento da parte dell’azienda e il conseguente versamento di qualche quota sindacale.
Non solo: ad ogni manifestazione davanti ad Amazon tenutasi nell’ultimo anno, è regolarmente seguita una recrudescenza ingiustificabile in termini repressivi: denunce, fogli di via, avvisi orali.
Ciò rende ancora più grave la situazione di extra-legalità di Amazon.
La richiesta del ritiro immediato di tutte queste misure a carico dei sindacalisti e dei lavoratori diviene quindi un punto della piattaforma.
Che sia Amazon a pagare le scelte politiche repressive delle istituzioni italiane.
Il 26 novembre, data tristemente nota come “black Friday”, sarà quindi una giornata dalla enorme valenza politica, a cui invitiamo tutti gli attivisti impegnati a vario titolo nella lotta per un mondo più umano e in cui il lavoro non sia una merce di scambio con la dignità.
Ci appelliamo a disoccupati, studenti, militanti, operatori sanitari già sfruttati in prima fila contro il Covid: il 26 novembre deve essere un segnale di unità che veda tutti uniti nel blocco di 24 ore alle attività di Amazon, blocco che mai arriverà altrimenti da parte dei sindacati che in tutti questi anni hanno recitato la parte per permettere che nulla cambiasse.
Solo il blocco degli interessi padronali può impensierire i nuovi “padroni del vapore” e aprire uno spiraglio su un domani più degno di essere vissuto.
16 novembre
Coordinamento nazionale SI Cobas