Il 31 Dicembre 2021 la Giudice Chiara Zompì del Tribunale del Lavoro di Bologna su ricorso presentato dalla Consigliera di Parità dell’Emilia Romagna Sonia Alvisi ha decretato :
– “la discriminatorietà della condotta di Lis Group srl consistente nella imposizione anche ai lavoratori e in specie alle lavoratrici con figli minori in tenera età del nuovo orario di lavoro su due turni” e ha ordinato… la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti delle discriminazioni accertate”. “Ai fini della definizione ed attuazione del piano che dovrà effettuarsi entro il termine di mesi 3 dalla comunicazione del presente decreto, la società dovrà attenersi ai seguenti criteri: assegnazione delle lavoratrici madri con i figli in tenera età (fino ai 12 anni) ad un turno centrale o altro orario concordato…
”Una sentenza attesa ed importante che rende giustizia non solo al gruppo di operaie che hanno promosso questa causa ma a tutte quelle donne che nei luoghi di lavoro non si sono volute adeguare al mantra del “profitto ad ogni costo”.
Donne che lottano ogni giorno e che non intendono chinare la testa ai “sacri comandamenti della flessibilità”, alle ragioni inderogabili dell’organizzazione aziendale improntata esclusivamente alle esigenze produttive, un’organizzazione avida di scelte e sacrifici personali, desiderosa di devozione e disciplina , pronta a colpevolizzare e ad escludere le madri più fragili, con figli piccoli, con o senza un compagno ma comunque povere, perlopiù migranti e senza una rete familiare vicina.
LA LUNGA LOTTA DELLE OPERAIE YOOX
La sentenza risponde al ricorso portato in giudizio il 28.04.2021 dalla Consigliera di Parità dell’Emilia Romagna Sonia Alvisi assistita dall’Avv. Piscitelli e a cui si era rivolto il Sicobas il 15.12.2021, ricorso diretto ad accertare proprio la natura discriminatoria dell’orario su turni adottato recentemente da Lis Group verso le lavoratrici madri con figli minori.
L’ultima udienza era stata tenuta proprio il 25 Novembre 2021 ad un anno dal primo sciopero che le operaie avevano praticato alla Yoox nella Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne.
Il giorno dopo quell’udienza la Corte d’Appello di Bologna bocciava il ricorso del sig. Gatti già condannato in precedenza e responsabile della cooperativa Mr. Job alla Yoox e che proprio verso parte di quelle operaie aveva portato avanti nel tempo maltrattamenti e condotte vessatorie.
Nel corso dell’udienza la Procura Generale nel confermare la sentenza di colpevolezza si esprimeva con rammarico notando come non fossero state adeguatamente valutate anche le molestie subite e denuciate dalle lavoratrici. Lavoratrici che difese dal’Avv. Prosperi erano state anche accusate per gli scioperi salvo poi essere tutte assolte con formula piena.
Lavoratrici che sempre in questi appalti avevano promosso importanti cause per differenze retributive anche questa volta vinte.
E’ una storia che ha dell’incredibile quella delle donne Yoox perennemente in lotta e costrettte a frequentare le aule di tribunali da anni per richiedere giustizia e dignità.
E’ una storia che dura da tempo e che le ha viste crescere e diventare madri, condizione evidentemente non più conciliabile con la nuova organizzazione Yoox.
Il 25 Novembre 2020 lo sciopero.
A quel nucleo originario di operaie se ne aggiunsero altre. Tutte avevano gli stessi problemi causati dalla nuova organizzazione su turni richiesta dal colosso della moda on line.
IL CAMBIO APPALTO E IL NUOVO ORARIO DI LAVORO
La MR.JOB era fallita e al suo posto Yoox aveva messo un’altro Consorzio CGS che poi si scoprì essere anch’esso in liquidazione, affidataria del consorzio risultava essere Lis Group srl.
I sindacati CGIL-CISL-UIL parlarono di un cambio appalto migliorativo omettendo di riferire e di accordarsi sulla restituzione del TFR alle operaie così come della restituzione di altre spettanze.
Dopo anni di lavoro tutto veniva risucchiato dal fallimento cooperativo nella catena degli appalti e subappalti nonostante la più che florida condizione del colosso YOOX NET-A-PORTER.
L’ elemento essenziale era far digerire il nuovo orario di lavoro alle operaie.
La nuova organizzazione prevedeva infatti un lavoro a turni.
L’annuncio venne dato a fine Dicembre in un’assemblea svoltasi il 27 Dicembre 2019 al Center Gross.
In quell’assemblea vennero annunciati i cambiamenti da cui da lì a 3 mesi le operaie sarebbero state costrette ad adeguarsi senza se e senza ma…
Alcune operaie furono invitate ad andarsene prima di accettare i nuovi contratti avendo “il vantaggio caldeggiato dai confederali” di poter percepire la disoccupazione, altre si dimisero successivamente:
CON LA SCUSA DEL COVID…
Alle richieste di incontro e spiegazione fatte dal Sicobas all’azienda seguirono poche risposte e molti rifiuti persino in realzione alla richiesta di svolgere delle assemblee sindacali all’aperto.
La risposta era pressapoco sempre la stessa “ la situazione pandemica esigeva nuovi turni, il covid non permetteva lo svolgimento delle assemblee sindacali”… ma ovviamente permetteva di lavorare.
Nel merito chiarisce l’istruttoria svolta dal Giudice: “L’istruttoria svolta ha inoltre consentito di accertare che la modifica dell’orario di lavoro, con passaggio a due turni consecutivi alternati, è stata annunciata ai dipendenti, in assemblea, già alla fine di dicembre 2019, ben prima dell’insorgenza della pandemia, quindi è pacifico e dimostrato che si tratta di misura che risponde ad una precisa scelta imprenditoriale e riposa su motivazioni che nulla hanno a che fare con la situazione epidemiologica.
L’intersse della pronuncia è pertanto sicuramente attuale perchè si discute dell’articolazione dell’orario di lavoro a regime, rispetto la quale l’attuale situazione emergenziale è appunto tale e quindi provvisoria.”
LO SCIOPERO, LE MOBILITAZIONI, LE ISTITUZIONI
Le operaie scioperavano anche per richiedere buoni pasto e maggiori pause, ridottesi nella nuova organizzazione su turni.
Quel 25 Novembre e i giorni seguenti insieme alle operaie Yoox furono da subito presento altri operai/e dell’Interporto, la rete di Non una di Meno Bologna, l’Assemblea Donne del Coordinamento Migranti, Coord.Migranti, Cua, Crash…
Si aggiunsero nel corso del tempo altre presenze solidali in un percorso fatto di scioperi e mobilitazioni che raggiunsero il centro cittadino lontano dall’Interporto.
La vertenza echeggiò anche tra le mura virtuali dei consigli comunali on line dove venne sostenuta in maniera isolata dalle 3 consigliere Emiliy Clancy, Dora Palumbo e Simona Lembi.
Il Consiglio Comunale rispose alle interrogazioni sollecitando anche l’intervento della Cgil , la quale invece sostenne la bontà degli accordi fatti.
Non doveva essere affare politico e il tutto venne deferito al giudizio dell’Ispettorato del Lavoro che nelle sue ispezioni decretò in sintesi “di non aveva ravvisato discriminazioni, che il fenomeno delle dimissioni non era preoccupante, che il lavoro notturno era applicato secondo le regole previste e che le eccezioni dovute erano giustificate dalla pandemia.
”Interessante quanto riferito in giudizio dal Giudice sul punto che qui riportiamo integralmente : “Gli esiti dell’accertamento ispettivo condotto dall’ITL , più volti invocati a propria difesa dalla società resistente non risultano tuttavia dirimenti rispetto al thema decidendum ossia alla lamentata discriminazione indiretta.
La circostanza che gli ispettori della ITL Bologna abbiano concluso escludendo la presenza di dimissioni di massa discriminatorie ed escludendo altresì violazioni della normativa sul lavoro notturno e delle previsioni del CCNL non basta di per sé a dimostrare l’insussitenza di una fattispecie di discriminazione indiretta.”
LA DISCRIMINAZIONE INDIRETTA
“… La verifica della eventuale sussistenza di una ipotesi di discriminazione di genere indiretta, infatti implica valutazioni che prescindono dalla violazione di norme di legge e questo perchè la discriminazione indiretta si realizza attraverso una condotta, una prassi, un atto aziendale di persè leciti, e quindi conformi alle normative a tutela dei lavoratori in generale (e delle lavoratrici donne e madri in particolare) che però realizzano l’effetto di porre una categoria di lavoratori, quella portarice del cd fattore di rischio (nel caso di specie rappresentato dalla genitorialità e in specie dalla maternità) in una situazione di particolare svantaggio.”
LA CONSIGLIERA DI PARITA’
Al tempo il giudizio dell’Ispettorato non venne contestualizzato né approfondito da nessun’ altra istituzione salvo che da parte della Consigliera di Parità che pervicacemente e incurante del coro di “no” con grande determinazione ed intelligenza insistette nel ravvisare la discriminazione Indiretta a danno delle operaie madri di figli minori.
LE CONTESTAZIONI, LE DENUNCE, LE PRESSIONI
Nel frattempo in azienda le lavoratrici furono raggiunte da una serie di pretestuose e dubbie contestazioni disciplinari che con particolare accanimento si concentrarono nel corso del tempo sulla delegata sindacale.
Non solo.
A Febbraio tutte le operaie iscritte al Sicobas vennero ad una ad una convocate in Caserma dai Carabinieri per rispondere a domande piuttosto circostanziate tutte incentrate sullo svolgimento della famosa assemblea tenutasi al Centergross e convocata da azienda e sindacati confederali.
Si scoprì poi che l’indagine era seguita ad una denuncia mossa da Lis Group verso l’operatrice sindacale Sicobas che seguiva la vertenza.
L’accusa era quella della “diffamazione” verso l’azienda per quanto più volte riferito pubblicamente. Le lavoratrici con le loro testimonianze riferirono la verità di quanto accaduto e le accuse caddero.Furono mesi di pressioni costanti verso chiunque sosteneva quella lotta.
“Non una di Meno Bologna ” diffuse la notizia di quanto accaduto ad un’operatrice sindacale Cgil punita e deferita ad altra sede dopo aver firmato l’appello pubblico a sostegno delle lavoratrici.
ACCORDO CONFEDERALE 8 MARZO E 12 MARZO: UNA DEROGA SOLO APPARENTE
Ma le mobilitazioni non si fermarono e le lavoratrici nemmeno, né fuori né dentro la fabbrica.La vertenza presso gli uffici della Consigliera di parità nel frattempo aveva previsto come di consuetudine la convocazione dell’azienda per un Tentativo di Conciliazione. L’azienda venne accompagnata dall’Illustre Prof. Pizzoferrato che poi seguì la vicenda anche nelle aule del Tribunale.
Nessuna volontà conciliativa venne espressa dall’azienda che profittando di una parentesi temporale richiesta per valutare le proposte si riuni’ in gran segreto con CGIL-CISL-UIL per siglare ironia della sorte proprio l’8 marzo 2021 e poi il 12 marzo un’accordo definito di “Azioni Positive”.
Accordo che abbiamo già coommentato qui:
https://www.facebook.com/sicobasbolo/posts/2878071459128883
più volte richiamato nella difesa processuale di parte aziendale.
Nel merito la giudice però sottolinea:
“La sottoscrizione dei predetti accordi non vale ad elidere l’eventuale discriminatorietà della condotta sindacale che se provata, sussiste a prescindere dal fatto che il datore di lavoro abbia concordato con le Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative misure correttive e /o compensative”.
E ancora.
“… Gli accordi prevedono la possibilità di assegnazione di lavoratori e lavoratrici al c.d. Turno centrale o altro orario concordato in un’unica ipotesi , ossia nel caso di presenza di figli al di sotto di anno di età… Tale previsione pattizia non solo evidentemente non attinge a tutta la platea delle lavoratrici discriminate , ma ha portata così riduttiva da risultare, di fatto, sostanzialmente inapplicata, come provato dall’istruttoria. Quella che l’azienda ha indicato come la principale misura correttiva è dunque restata, fino ad ora, del tutto inapplicata, come provato dall’istruttoria… gli accordi raggiunti in sede sindacale attualmente di fatto non consentono a nessuna delle lavoratrici madri di accedere al turno unico centrale, prevedendo condizioni così stringenti da vanificare, nella sostanza, la deroga apparentemente concessa.
E sul ricorso al part time :
”Anche la seconda misura correttiva prevista dall’accordo, ossia la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale a richiesta dei lavoratori /delle lavoratrici con figli di età inferiore ai 3 anni, non appare risolutiva ove si consideri che la riduzione dell’orario di lavoro ovviamente implica una riduzione dello stipendio, che può dissuadere le lavoratrici madri dal giovarsi della previsione. L’applicazione di quell’accordo non sortì infatti alcun miglioramento né variazione per le lavoratrici poichè quello era lo scopo per il quale era stato concepito con benedizione della politica cittadina. “Fingere che tutto cambi per assicurarsi che nulla possa cambiare davvero…”
L’accanimento con il quale i sindacati confederali hanno protetto Yoox tuttavia non si è fermato qui ed è arrivato sin nelle aule di giustizia dove la Segretaria della Filt- Cgil di Bologna si è presentata a favore dell’azienda chiamata a testimoniare proprioda Lis Group nella causa per discriminazione sostenuta dalla Consigliera di Parità regionale dell’Emilia Romagna.
Una causa a tutela di operaie madri che richiedevano solo di poter continuare a conciliare tempi di vita e di lavoro.
A chi legge nel merito lasciamo esprimere il proprio gudizio politico. Intanto al lavoro il 29 e il 30 Dicembre le operaie venivano raggiunte da una serie di comunicazioni aziendali.
Una più generale annunciava loro il rinnovo annuale degli accordi dell’8 marzo e del 12 marzo che sarebbero scaduti da lì a poco proprio il 31 Dicembre .
Contemporanemante alcune di loro venivano raggiunte da comunicazioni più dirette che unilateralmente riferivano la cessazione entro il 15/01/2022 della “flessibilità Covid” concessa come deroga ai nuovi orari.
Il 31 Dicembre 2021 pomeriggio veniva emessa la sentenza di cui riportiamo ulteriore estratto a chiusura di questo lungo comunicato che solo parzialmente riferisce delle sofferenze patite dalle operaie.
A loro e a tutte/i coloro che le hanno sostenute in questa lunga battaglia dedichiamo questa vittoria:
GIUDIZIO
“… Ritiene il Tribunale che la nuova organizzazione dell’orario di lavoro adottata dalla Lis determina, nel suo complesso una discriminazione indiretta in danno dei genitori lavoratori e in particolare delle lavoratrici madri (soggetti che cumulano il fattore di rischio costituito dal sesso femminile con il fattore di rischio costituito dalla maternità). L’istruttoria orale ha provato con certezza che il nuovo orario di lavoro adottato dalla convenuta non solo possa svantaggiare ma effettivamente e concretamente svantaggi i suddetti gruppi tipizzati rispetto ai dipendenti non genitori, rendendo estremamente difficoltosa – se non francamanete impossibile – la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la fruizione degli istituti giuridici a ciò preposti esponendo gli stessi figli minori a gravi disagi e ad alterazioni dei ritmi e abitudini di vita, potenzialmente foriero di conseguenze sul loro benessere psico fisico.
D’altro canto l’effetto oggettivamente discriminatorio della nuova organizzazione dell’orario di lavoro nei confronti dei lavoratori e in particolare delle lavoratrici con figli minori non ancora autosuficienti appare evidente sulla base, ancor prima che delle deposizioni richiamate, dello stesso senso comune e della comune esperienza”.
S.I. Cobas Bologna