Riceviamo e pubblichiamo questo contributo delle compagne del Comitato 23 settembre, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):
Verso l’8 marzo.
La guerra in casa
Si, la guerra che si sta scatenando in Ucraina ci riguarda da vicinissimo.
185.000 donne provenienti da quel paese si prendono cura, qui in Italia, e molte altre nel mondo, delle nostre famiglie, dei nostri anziani, dei nostri bambini.
Ad esse è stata dichiarata, molti anni fa, una guerra senza quartiere: o emigrate, lasciate le vostre case e i vostri cari, o per voi e per loro non ci sarà un futuro decente. Una vita di fatica e sofferenza ne è seguita per molte di esse. Le invisibili. Hanno tenuto duro sperando in un futuro migliore, che spesso non è arrivato. La salute e l’ equilibrio psichico di molte di esse è stato compromesso per sempre. 7 milioni di Ucraini hanno lasciato il paese, che è ora uno dei più poveri d’Europa. Di questo nessuno parla.
Noi ci battiamo contro la guerra economica e sociale che dura da trent’anni e contro la guerra militare che è cominciata oggi in Ucraina, consapevoli che essa comporta un aggravamento spaventoso delle condizioni di vita dei lavoratori e della gente comune, lì come in ogni luogo dove gli interessi del profitto la hanno scatenata.
E ancora una volta a pagarne un prezzo del tutto speciale saranno le donne. Dovranno assistere alla distruzione delle loro case e alla perdita dei loro beni, al loro ulteriore impoverimento. La presenza degli eserciti e la forza delle armi ridurrà le donne a prede, a merce di scambio, le costringerà a subire abusi sessuali e alla prostituzione, a provvedere con enormi carichi di lavoro a se stesse ai propri figli, ai propri anziani.
Tutti i paesi dominati dalle guerre e dal colonialismo hanno visto eserciti di ragazze asservite alle necessità sessuali degli invasori. E’ sempre stato così: nei secoli passati, ma anche, nei tempi più recenti, basti vedere il destino delle donne in Vietnam, durante l’occupazione Usa, in Cina, durante l’invasione giapponese, e via via in Afghanistan (liberate dal burka????), in Iraq, un paese demolito, con migliaia di ragazze profughe in Siria. La stessa Siria, ormai irrimediabilmente rasa al suolo, è diventata centro di raccolta e di vendita di corpi a disposizione dei clienti provenienti da tutto il Medioriente.
Tutta l’Africa è percorsa da guerre ben viste e foraggiate dalle potenze occidentali, che proseguono indisturbate le loro rapine, basti vedere cosa pagano le donne palestinesi, esempi di resistenza indomita, che sono costrette a difendere casa per casa, ulivo per ulivo la loro sopravvivenza quotidianamente minacciata dall’occupante israeliano, e a fare figli per cercare di frenare in qualche modo la politica di pulizia etnica cui è sottoposto il loro popolo.
Qualcuno o qualcuna dirà: ci dispiace per le donne ucraine, siamo affettuosamente vicine a loro, ma che c’entriamo noi con tutto questo?
C’entriamo eccome. Il nostro governo, nel mentre ci bombarda con continue misure economiche che rendono sempre più difficili le nostre vite quotidiane, e cerca di cooptarci ai suoi piani con una altrettanto costante pressione ideologica, ha proprio in questi giorni stabilito un aumento consistente delle spese militari. E’ presente con le sue truppe in 25 paesi con 9000 militari. Si prepara, col nuovo bilancio, a finanziare la ricerca per nuove armi, se possibile più efficaci e letali di quelle esistenti.
Naturalmente questo spreco di denaro viene dalle nostre tasche. Non solo porterà morte e distruzione in altri paesi, ma si ritorcerà contro di noi. Saremo bombardate da valanghe di schifosa propaganda, trascinate a chiederci chi ha ragione o chi ha torto, convinte a pensare ad altro mentre il governo si da’ da fare per il nostro bene.
Intanto, guerra o non guerra, il costo della vita sale vertiginosamente, le donne sono sempre più povere, i posti di lavoro non ci sono, le spese sociali e la sanità pubblica un vago ricordo dei tempi andati. Le lotte in campo vengono sistematicamente represse, tuttavia nessun risultato può essere raggiunto senza una mobilitazione generale. Non abbiamo scelta. La nostra unica e potentissima arma è la lotta collettiva.
L’otto marzo che si avvicina deve essere l’occasione di una presa in carico di più ampi obiettivi, da parte di tutte le donne senza privilegi e di tutta la grande massa degli sfruttati.
Solo questa grande forza organizzata potrà fare emergere e imporre il diritto ad una vita finalmente umana, libera da oppressione, sfruttamento e guerra, libera dal sistema che le produce!
Comitato 23 settembre