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[CONTRIBUTO] Il reato di estorsione e lo sciopero

Riceviamo e pubblichiamo dai compagni di Noi non abbiamo patria questo contributo, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):

Il reato di estorsione e lo sciopero

Il reato di estorsione è descritto nell’art. 629 del Codice Penale, esso costituisce l’aggravante se più persone si associano al fine di commettere più delitti, compreso il reato di estorsione stesso.

Perchè esiste? Perchè la legge definisce pari diritti all’interno della contrattazione sul mercato. Solo che il diritto non è tra pari, vi è sempre una parte più forte nella contrattazione e dunque la legge definisce un rapporto giuridico tra diseguali. Nel mercato capitalistico governato dal meccanismo impersonale della concorrenza esistono diverse pressioni che una parte economicamente più forte esercita sul concorrente che ha meno credito, minore resilienza produttiva, minore quantità di capitale accumulato, ossia di valore socialmente prodotto ed estorto alla forza lavoro sociale.

L’articolo 629 del codice penale recita:

Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno…

(Definizione del reato di Estorsione Articolo definito dall’Articolo di legge 628 del Codice Penale)

Signori giuristi, cosa è se non altro che estorsione la normalità del risultato della concorrenza sul mercato capitalistico?

La forza economica maggiore normalmente esercita il proprio giusto profitto a danno della forza economica più debole, la quale è sottomessa alla regola del mercato, ai prezzi di monopolio delle merci e delle materie prime, che chi ha maggiore capitale e sviluppo produttivo e tecnologico riesce a produrre merci ad un valore di scambio unitario inferiore, impone alle entità di impresa che non posseggono la stessa capacità produttiva e, quindi, i cui costi di produzione sono per merce unitaria maggiori, la vendita della propria merce ad un prezzo inferiore al valore in esso contenuto, quindi costrette ad un minore profitto. Che la materia giuridica dunque regoli come reato penale l’azione di una azienda che provi ad utilizzare metodi extra economici per contrastare nella concorrenza sul mercato forze economiche maggiori è anche questo elemento del tutto naturale, che non fa scandalo, a meno che una certa soglia ammissibile venga superata. Così come generalmente il rapporto di capitale determina bonus e premi extra a quelle figure che rappresentano le aziende nella concorrenza sul mercato, quando questo personale borghese fa ottenere alla unità aziendale economica l’aggiudicazione di un contratto, di un deal o di un business all’interno di una gara commerciale. Un premio di merito monetario concesso (contrattualmente specificato nel rapporto tra l’azienda ed il suo rappresentante aziendale) in misura percentuale su ogni contratto vinto nella competizione. In sostanza nel prezzo pattuito tra una azienda committente di un lavoro ed l’azienda fornitrice che se lo aggiudica in gara, vi è sempre una percentuale che, si sa, va a finire regolarmente e legalmente nelle tasche del rappresentante aziendale del fornitore sotto forma di premio di risultato. Addirittura alcune corporate aziendali multinazionali obbligano i propri rappresentanti – o tramite contratto o per obbligo etico – a condividere con altre figure impiegate il bonus personale ottenuto sotto le più svariate e fantasiose forme (da ultimo ho scoperto di aver ricevuto come dono a spese personali di alto dirigente della azienda per cui lavoro e di cui non conoscevo nemmeno la sua esistenza e ruolo nella multinazionale un bonus di acquisto Amazon pari a 44 Euro di una qualsiasi merce di mio gradimento), poi ci sono i premi di gruppo e di impresa devoluti a tutti i lavoratori che esercitano una contrattazione sindacale per vederli riconosciuti.

La legge stabilisce nel mercato tra forze economiche diseguali, un pari diritto, dunque un esercizio diseguale della legge, dove gli espedienti cui una forza economica inferiore ricorre per vincere la concorrenza ledono la democratica e pacifica competizione. Generalmente, dunque è la legge naturale del mercato e delle forze economiche che lo dominano a determinare il reato di istigazione a delinquere (art. 414 del codice penale). Un reato che ovviamente prevede anche la persecuzione di altri soggetti per esservi associati in concorso morale. In sostanza la Legge definisce una serie di regole, norme, reati e pene funzionali alla sostanza del rapporto di capitale nella concorrenza sul mercato, nascondendone il rapporto diseguale tra forze diseguali.

E’ di pochi giorni fa l’ennesima iniziativa delle Procure italiane contro il sindacato SI COBAS, che ricordiamo essere un sindacato minoritario in generale così come nell’industria logistica italiana, che negli anni è stato espressione di una lotta combattiva di tanti lavoratori immigrati sottoposti alla peggiore giungla capitalistica che governa naturalmente e secondo l’essenza capitalistica questa branca della produzione, fatta di multinazionali committenti in concorrenza agguerrita tra loro sul mercato mondiale e locale (Fedex contro TNT poi assorbita, US PS contro Fedex, Fedex contro Amazon, DHL contro SDA, Amazon contro Alibaba, UPS contro DHL e Fedex, Alibaba contro i colossi dell’ecommerce occidentali, eBay contro Amazon) ed una serie di medi committenti che per questi colossi lavorano mettendo a disposizione magazzini e macchinari ed una serie di aziende appaltatrici della forza lavoro immigrata super ricattabile. In questo contesto ogni soggetto vende la propria merce, schiacciato dall’insieme delle forze capitalistiche all’ultimo posto c’è la forza lavoro immigrata che si è necessariamente difesa con la lotta dal super sfruttamento attraverso le forme del sindacalismo di base e nel SI COBAS.

Già negli anni precedenti azioni giudiziali delle procure hanno portato all’arresto nel 2017 e poi a processo il Coordinatore nazionale del SI COBAS Aldo Milani sempre per reato di estorsione, poi pienamente assolto nel 2019. Si perde il conto delle iniziative giudiziarie passate ed in essere contro i lavoratori iscritti del SI COBAS, i loro rappresentanti delegati, i loro rappresentanti territoriali ecc. Attualmente, rappresentata dal giurilavorista Pietro Ichino, il gruppo dei supermercati Unes intende portare a processo l’intera organizzazione sindacale rea di aver procurato un ingiusto profitto pari a due milioni di euro per le iniziative di lotta organizzate e di sciopero dei lavoratori per la difesa delle proprie condizioni di lavoro e contro il super sfruttamento. Nemmeno un anno fa la Procura di Piacenza nella persona di Grazia Pradella fu protagonista di una iniziativa giudiziaria contro 29 lavoratori iscritti al SI COBAS e i due coordinatori provinciali sempre per reato di associazione a scopo di estorsione nell’ambito della infinita lotta e vertenza contro il colosso Fedex e le sue ditte in appalto. Vennero revocati dei permessi di soggiorno, imposti dei fogli di via ai lavoratori immigrati (ricordiamo che il permesso di soggiorno non solo è vincolato ad un contratto di lavoro ma anche ad un domicilio riconosciuto legalmente) e misure cautelari domiciliari nei confronti dei due coordinatori provinciali. Altrettanti reati di associazione a delinquere per estorsione del lavoro sono avanzati dalla Procura di Napoli nei confronti dei disoccupati organizzati partenopei tutti e di quelli associati nel SI COBAS.

Da ultimo la Procura di Bologna ha comunicato che quattro rappresentanti dei SI COBAS della provincia di Bologna sono indagati per il medesimo reato. Avrebbero con le loro azioni determinato l’alterazione della concorrenza sul mercato dei cambi appalto nella logistica nell’Interporto di Bologna, favorito questo o quel committente intermedio o quella o quell’altra ditta appaltatrice “per altri fini” ed in cambio di un tornaconto per i lavoratori. Avrebbero minacciato lo sciopero a quelle aziende alle prese con i rinnovi nelle gare di appalto (immaginiamo dunque strappando migliori condizioni per i lavoratori quali buoni pasto, ecc.), fino alla concessione di bonus a carico di queste aziende concesse ai rappresentanti sindacali come parte degli accordi raggiunti. Bonus che nel caso specifico si tratterebbe dell’uso di una auto aziendale che i rappresentanti sicuramente hanno utilizzato per muoversi nella provincia bolognese nella normale attività sindacale e non per andare a sciare in montagna o a gozzovigliare sui colli bolognesi. In sostanza niente di diverso o di inedito per come funzionano gli accordi tra le varie aziende sul mercato, su come funziona la concorrenza sul mercato capitalistico. Dove sarebbe lo scandalo?

Quindi che cosa muove questa nuova iniziativa repressiva della Procura di Bologna contro il SI COBAS? Non si tratta di una semplice ritorsione o tentativo di diffamazione di un piccolo sindacato minoritario.

La giungla di mercato in cui la forza lavoro immigrata è gettata e che attraverso un decennio di lotte è riuscita strappare alcune garanzie nell’industria della logistica, oggi sta subendo una offensiva molto dura alla propria condizione proprio perchè nella concorrenza generale sul mercato i grandi colossi aumentano il volume dei profitti ma diminuisce il margine relativo netto e tutti gli alberi della giungla ne risentono scaricando determinando in basso quella procura di ingiusto profitto cui necessariamente tutti gli attori su questo mercato sono coinvolti, fino a presentare l’intero conto al terminale più debole, ricatto e sfruttato che sono i lavoratori.

L’intenzione delle Procure sta tutto nel teorema sostenuto dalla Procuratrice Grazia Pradella di un anno fa. Cosa si sostiene? Si sostiene nei fatti che il limite imposto alla normale azione sindacale viene analizzato col microscopio del diritto giuridico formale capitalistico, il quale vuole imporre una soglia legale dello sfruttamento al di sotto della quale l’azione extra economica della associazione dei lavoratori attraverso la lotta è consentito, se viceversa i lavoratori già stanno subendo una condizione di minor sfruttamento, lo sciopero, il picchetto, il blocco della produttività costituisce fattore di procurato ingiusto profitto per l’azienda, dunque ex legis reato di estorsione. In sostanza le Procure stanno disegnando la norma della soglia di super sfruttamento all’interno dell’industria della logistica oltra la quale la lotta è consentita, al di sotto è illegale: criterio che segue la regola democratica spontanea del mercato che da comunisti combattiamo.

Di fatto l’azione delle Procure è parte di quella forza extra economica a sostegno della forza economica che normalmente esercita il suo dominio sui lavoratori, le loro azioni sono esse che realizzano quei fattori di violenza e minaccia descritti dall’articolo di legge con il quale si vuole punire il SI COBAS.

Viceversa se una azienda apre una procedura di mobilità nei confronti dei lavoratori ed esercita la sua forza economica per ottenere da questi la firma vincolante di non opposizione al licenziamento da parte del lavoratore, prospettando in cambio una monetizzazione del licenziamento e con la esplicita minaccia che se i lavoratori non accettano sarà peggio per tutti i lavoratori ed il numero delle mensilità devolute sarà zero, questo non implica alcun reato di estorsione, nè tentata corruzione.

Ed è razionale ammetterlo che sia cosi, che infatti, l’azienda non compia alcun reato. Dunque, indipendentemente dalle risultanze circa i fatti indagati ed ancora non noti dalla Procura di Bologna contro i quattro rappresentanti provinciali bolognesi del SI COBAS, siccome la contrattazione della forza lavoro agisce nella realtà del mercato e non tra le pieghe del diritto penale e civile, questo blog rivendica la piena legittimità di qualsiasi azione intrapresa dai lavoratori bolognesi del SI COBAS e del SI COBAS per esercitare la propria forza di contrattazione sul mercato, che sappiamo essere di minore forza nei confronti delle forze economiche che lo dominano come contro parte dei lavoratori, con tutti i mezzi che non siano a discapito della lotta stessa; che se la Procura di Bologna pretende di punire il SI COBAS per averlo colto con le mani nella “marmellata”, questo blog sostiene che sia rivendicabile e legittimo il tentativo di averci messo sopra le mani; se poi la marmellata non fosse stata condivisa tra i lavoratori, questa è una faccenda cari Signori che non vi riguarda, perchè la condanna dei lavoratori che lottano dovrebbe essere sempre nei confronti del corruttore capitalistico che sta sempre sopra e che naturalmente e spontaneamente corrompe attraverso il mercato!

Nell’esprimere solidarietà piena e sostegno incondizionato al SI COBAS ad una riflessione si è chiamati di fronte a questa ulteriore stretta repressiva: non vi è alcuna possibilità di ottenere il riconoscimento politico come parte legittima dalle controparti senza essere dominati dalle regole del gioco stesso.