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[ROMA] Contro lo sfratto dell’associazione Dhuumcatu. La solidarietà dei lavoratori in lotta

Contro lo sfratto dell’associazione Dhuumcatu

Il 10 maggio 2022 abbiamo avuto evidenza del programma sociale e economico delle forze economiche e politiche che governano la città di Roma, quando l’Associazione Dhuumcatu è stata sfrattata senza regolare preavviso dalla sua sede storica e degli spazi dedicati alla aggregazione ed al culto di Via Capua 4 a Torpignattara.

La Banca (BNL), per riprendere possesso della sua proprietà, versando 40 mila euro al Tribunale di Roma che già aveva concesso l’esecuzione delle sfratto, ha fatto eseguire l’ordinanza da più di 100 poliziotti. Successivamente, la Banca ha fatto murare con mattoni e cemento le porte della vecchia sede del Dhuumcatu appena tornata in suo possesso.

Chi è il Dhuumcatu e perché questa è una azione gravissima che va denunciata e contrastata dando il massimo della solidarietà con la lotta?

Il Dhuumcatu è una associazione della comunità Bengalese che dagli anni ’90 ha rappresentato a Roma ed in Italia un pezzo importante della lotta per i diritti delle lavoratrici e lavoratori immigrati contro il ricatto del permesso di soggiorno, contro le leggi Turco Napolitano e Bossi Fini, diventando così anche polo di attrazione di tante altre comunità immigrate di altre nazionalità. La sua sede era nel cuore di Torpignattara, nella semiperiferia della metropoli, dove la vita dei cittadini immigrati si intreccia con quella di altrettante famiglie italiane, accumunate tra loro dai problemi del lavoro a nero, legale, extra legale e della casa.

Dall’altra parte c’è il progetto di “rivalutazione della periferia” che le Banche e la Politica intendono attuare trasformando questi quartieri popolari in parchi giochi per ricchi sviluppando l’industria del turismo. E’ un programma politico che le forze politiche che governano il Comune di Roma ed il Municipio V hanno fatto proprio ma non è una novità di questo periodo.

La trasformazione della semiperiferia urbana in isole turistiche, nuove fonti di arricchimento per chi ha in mano il credito, la proprietà immobiliare e la forza della speculazione commerciale, già da tempo ha radicalmente cambiato molti quartieri della cintura periferica più vicina al centro di Roma.

Se anche Torpignattara deve seguire questo destino, come la nuova giunta capitolina al governo ed il presidente del Municipio V sostengono, il quartiere necessariamente si deve “riqualificare” dalle troppe facce nere immigrate (ed anche quelle da precari e sottoproletari bianchi) come da richiesta del mercato. Il ricatto, le intimidazioni, la disgregazione delle comunità attraverso lo sfratto delle sedi delle associazioni di immigrati è parte del processo della trasformazione urbanistica ed immobiliare.

Allora serve sfrattare il Dhuumcatu con tale dispiegamento di forza per demotivare sul nascere qualsiasi intenzione di resistere e di contrapporsi nel futuro a questo nuovo processo di espulsione della gente povera, italiana e straniera verso le estreme periferie della città, facendo accettare loro le nuove opportunità di lavoro che l’industria del turismo realizzerà a condizioni ancor peggiori di quelle attuali.
La politica capitolina ed i suoi amministratori nei municipi già svolgono questo compito assegnato: assicurano alla proprietà della Banca di riprendere possesso dell’immobile attraverso una operazione poliziesca in forze; poi il Municipio V muove in questi giorni un nuovo preavviso di sfratto al Dhuumcatu dai locali che esso aveva concesso temporaneamente alla associazione per continuare i propri lavori di supporto sociale ai cittadini immigrati.

L’amministrazione del Municipio V sollecita: “il 13 giugno dovete restituire le chiavi dei locali o ce le veniamo a prendere”.

In sostanza, si vuole costringere il Dhuumcatu ad abbandonare ogni sua determinazione di rimanere a Torpignattara, nel cuore pulsante della comunità Bengalese e non solo che intorno ad esso prova ad organizzarsi.

A questo ricatto concertato si aggiungono atti di intimidazione razzista da parte di “ignoti”, che domenica 5 giugno hanno dato fuoco alle installazioni del Dhuumcatu presso i pratoni di via Prenestina 231, che gli immigrati stavano preparando per una iniziativa pubblica di protesta.

La “riqualificazione” del territorio delle periferie a ridosso del centro metropolitano in nome dell’industria del turismo chiama interessi economici molto forti. L’interesse economico suscita la smania di arricchirsi e di procedere a passo spedito. Il razzismo si rafforza da questa aspettativa, che richiede prima di tutto di cacciare i cittadini stranieri dai loro quartieri: “via gli immigrati da Torpignattara”!

Ma anche il cittadino italiano di Torpignattara non vedrà la propria condizione di precariato sociale migliorata, mentre la riqualificazione delle periferie di stampo razzista rafforzerà la sua stessa condizione di marginalizzazione sociale.

Coloro che già oggi, lavoratori e lavoratrici, precari o disoccupati hanno difficoltà a sbarcare il lunario, verranno sospinti dalla semiperiferia agli estremi margini isolati della metropoli a causa della stessa speculazione immobiliare.

Il quadro sociale che la cosiddetta “riqualificazione delle periferie” realizzerà attraverso le nuove isole turistiche per soli ricchi una ulteriore estensione e peggioramento delle condizioni di lavoro precario, sottopagato e privo di diritti, rafforzando la concorrenza tra lavoratore italiano ed immigrato, che difficilmente potrà rimanere confinato all’interno del suo recinto.

Come sindacato non pensiamo che possiamo difendere la nostra condizione nel magazzino, se intorno ad esso nel territorio dilaga un maggiore sfruttamento per i lavoratori immigrati ed italiani.

Per questo come SI Cobas avvertiamo che lo sfratto del Dhuumcatu dalla sua sede, e gli ulteriori ricatti cui la sua comunità è sottoposta da parte dagli amministratori locali, sia parte di un attacco più generale che riguarda tutti i lavoratori. Cancellarne la sede o determinare le condizioni del suo allontanamento dal tessuto sociale che organizza, significa rendere ancora più debole ogni tentativo di lotta degli immigrati contro il ricatto del permesso di soggiorno.

Riconquistare con la lotta uno spazio sociale e una sede per il Dhuumcatu nel quartiere di Torpignattara per la comunità del Bangladesh aperta a tutti i cittadini immigrati e a tutti i lavoratori nel quartiere diviene una necessità che proveremo a sostenere e a diffonderne le ragioni.

11 giugno

SI Cobas Roma

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“RIQUALIFICHEREMO LE PERIFERIE ROMANE”.

LO DICONO AMMINISTRATORI LOCALI, PRESIDENTI DI MUNICIPIO, LE FORZE POLITICHE CHE GOVERNANO LA CITTÀ DI ROMA.

LO DICONO I MAGISTRATI, LA POLIZIA E SOPRATTUTTO LE BANCHE. “

LO FAREMO ATTRAVERSO IL TURISMO!”

Il 10 maggio 2022 abbiamo iniziato ad intuire che cos’è questo programma brandito dalle forze economiche e politiche che governano, quando l’Associazione Dhuumcatu è stata sfrattata senza regolare preavviso dalla sua sede storica e degli spazi dedicati alla aggregazione ed al culto di Via Capua 4 a Torpignattara.

La Banca (BNL) per riprendere possesso della sua proprietà ha perfino versato al Tribunale di Roma che già aveva concesso l’esecuzione delle sfratto altri 40 mila Euro per ottenere una forza di polizia extra per l’esecuzione dell’ordinanza. Invece del solito ufficiale giudiziario e di un paio di volanti della polizia che usualmente intervengono a scacciare i residenti e mettere i lucchetti alle porte, 100 poliziotti (CENTO) si sono recati a Via Capua 4: un plotone militare.

Oggi la vecchia sede del Dhuumcatu ha le porte di accesso ostruite non da una catena con lucchetto, ma da un muro in mattoni e cemento tirato su nei giorni passati.

Chi è il Dhuumcatu e perché questa è una azione gravissima che va denunciata e contrastata dando il massimo della solidarietà con la lotta?

Il Dhuumcatu è una associazione della comunità Bengalese che dagli anni ’90 a Roma ed in Italia è un pezzo della lotta per i diritti delle lavoratrici e lavoratori immigrati contro il ricatto del permesso di soggiorno, ed è divenuto così anche un polo di attrazione di tante altre comunità immigrate di altre nazionalità: non solo dell’India, del Pakistan, ma anche per donne dell’Africa nord orientale, del Maghreb, del Latino America, Filippini, Albanesi, Moldavi e Rom che insieme hanno provato a rivendicare i propri diritti con le lotte. La sua sede ora sfrattata era nel cuore di Torpignattara, nella semiperiferia della metropoli, dove la vita dei cittadini immigrati si intreccia con quella di altrettante famiglie italiane, accumunate tra loro dai i problemi del lavoro a nero, legale ed extra legale.

Significa trasformare uno sfratto in una azione dimostrativa di forza per demotivare sul nascere qualsiasi intenzione di resistere e di contrapporsi nel futuro a questo nuovo processo di espulsione della gente povera, italiana e straniera, verso le estreme periferie della metropoli.

La politica già svolge il suo compito assegnato: assicura alla proprietà della Banca di riprendere possesso dell’immobile, consentendo un’azione poliziesca in forze; ed essa stessa muove in questi giorni un nuovo preavviso di sfratto al Dhuumcatu, dai locali del Municipio V concessi temporaneamente alla associazione per continuare i propri lavori di supporto sociale ai cittadini immigrati. L’amministrazione del Municipio V sollecita: “il 13 giugno dovete restituire le chiavi dei locali o ce le veniamo a prendere”.

Già nei giorni precedenti abbiamo visto i primi risultati di questa operazione. Gli immigrati del Dhuumcatu, che presso i pratoni di via Prenestina 231 domenica 5 giugno stavano preparando una iniziativa pubblica, nella mattinata hanno subito una intimidazione di stampo razzista da parte di ignoti, i quali volontariamente hanno appiccato un incendio alle loro installazioni.

La “riqualificazione” della periferia per la sua trasformazione in parco giochi turistico dei ricchi chiama interessi economici forti. L’interesse economico suscita la smania di arricchirsi e di procedere a passo spedito. Il razzismo si rinforza di questa aspettativa, che richiede prima di tutto di cacciare i cittadini stranieri dai loro quartieri: “via gli immigrati da Torpignattara”!

Ma anche il cittadino italiano di Torpignattara non vedrà la propria condizione di precariato sociale migliorata, mentre la riqualificazione razzista rafforzerà la sua condizione di disgregazione e di marginalizzazione sociale. Coloro che già oggi, lavoratori e lavoratrici, precari o disoccupati hanno difficoltà a sbarcare il lunario, verranno sospinti dalla semiperiferia agli estremi margini isolati della metropoli a causa della stessa speculazione immobiliare.

Non vogliamo lasciare attuar questo giro di vite senza creare ostacoli. Come romane e romani solidali intendiamo sostenere qualsiasi iniziativa di lotta dei cittadini delle comunità straniere di Torpignattara per rendere più lontana possibile e meno accessibile l’apertura del nuovo “parco di divertimento” per ricchi e per soli bianchi. Torpignattara ha tanti colori, lingue, sapori: difendiamo il territorio comune, insieme, con la lotta.

Riconquistiamo una sede per il Dhuumcatu nel quartiere di Torpignattara, una “nuova” casa comune per la comunità del Bangladesh aperta a tutti i cittadini immigrati e italiani.

Lunedì, 13 giugno ore 19:00 – ASSEMBLEA CITTADINA

presso “Ex Sala Consiliare” di Piazza della Marranella

– Via dell’Acqua Bullicante 2