Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Guerra e ambiente:
un nuovo appello ai Friday for Future
e a tutti i veri ambientalisti
Sono passati quasi 80 anni e ancora vengono allo scoperto bombe, proiettili, armi del Secondo Conflitto Mondiale. Guerre di ogni dimensione territoriale e di ogni intensità si susseguono, e sappiamo come ognuna di esse porta al massimo livello tutte le contraddizioni politiche e sociali, falcia intere generazioni di giovani, avvelena la terra e i suoi elementi naturali per decenni e decenni, non risparmia nulla alle generazioni che l’hanno vissuta e a quelle che vengono dopo di esse. Non si può restare in silenzio su questo aspetto del disastro ambientale, e invece l’ambientalismo nostrano sembra essere all’improvviso scomparso.
In una precedente lettera aperta avevamo chiesto espressamente che la manifestazione del 30 ottobre dell’anno scorso non restasse fine a se stessa, non fosse un misto di passerelle e folklore, un’altra occasione sprecata. Oggi vi rinnoviamo l’appello ad unire la vostra protesta alle lotte dei proletari e degli strati sociali più colpiti dalla crisi politica ed economica del capitalismo perché è sempre più evidente che è lì la radice, l’origine, la causa principale dell’aggressione alla natura ed al lavoro vivo.
Questo sistema economico, questo modo di produzione non ha ancora deposto le armi in Ucraina e già pensa a come sfruttare la grande distruzione che esso stesso ha prodotto, a come lucrare sulla ricostruzione in Ucraina, in Russia, in tutte le parti del mondo più o meno coinvolte nella guerra. La tanto sbandierata transizione ecologica, nemmeno progettata, già viene negata anche nei paesi non colpiti direttamente dalla guerra. E’ stata proprio questa la prima decisione che i governi di tutti i paesi hanno preso. I piani di transizione ecologica, a cominciare da quello del governo italiano, erano già stati giudicati da noi come un cumulo di falsità. Oggi sono tornati nei cassetti dei ministeri e sostituiti da piani di estrazione di gas nell’Adriatico, da progetti di nuove trivellazioni, da proposte di riprendere l’uso del carbon fossile e la costruzione delle centrali nucleari, dall’importazione di gas liquefatto dagli Stati Uniti, insomma da tutto il peggio della devastazione climatica. Il Parlamento Europeo non ha perso tempo e ieri stesso ha dato via libera agli investimenti per estrazione ed impiego di metano e per l’estensione del nucleare, messi entrambi in una lista degli investimenti “green” opportunamente rifatta. Uno schiaffo a tutto il movimento ed alle lotte di donne e uomini di molti paesi che negli scorsi decenni si sono mossi per la tutela dell’ambiente.
E’ talmente evidente l’ipocrisia e la falsità dei propositi della green economy di stampo capitalista che non stupisce più di tanto il silenzio totale dei partiti che siedono nel parlamento italiano davanti a questo spettacolare, ancorché solo formale, voltafaccia: non una parola né dalla falsa sinistra patriottarda né da quella belante che ogni tanto chiede l’elemosina di qualche provvedimento legislativo in difesa dei “più deboli” e dell’ambiente, salvo ritirare subito le sue iniziative per non sembrare anti-patriottica, per non urtare le esigenze dei più ricchi, degli speculatori professionali, delle corporazioni. Si dimostra ancora una volta quanto inutile e controproducente sia il chiedere giustizia ai tribunali e ai parlamenti anziché rivendicarla nelle piazze e nelle strade, anziché unirsi al proletariato internazionale, al suo movimento, alle sue lotte anche se queste sono ancora parziali, anche se la classe operaia è ancora esitante e su questi temi appare, ed è, ancora in grande ritardo!
In Italia e più ancora in molti altri paesi, nella stessa Amerika, si stanno facendo i primi passi, stanno sorgendo le prime proteste specifiche contro il “mondo dell’economia”. Sono nati comitati contro la guerra, momenti assembleari e discussioni, dibattiti ed iniziative che tentano di riprendere il filo di una opposizione generale al modo di produzione e di distruzione del capitale. In nessuno di questi momenti abbiamo notato la presenza dei movimenti ambientalisti. Le loro tematiche sono state riprese, spesso con incisività, da singole persone, da comitati sorti per l’occasione, da elementi spontanei, o in luoghi di contro-informazione decisamente efficaci. Ma il movimento ambientalista organizzato sembra essersi dissolto: è nell’imbarazzo perché non può di nuovo proporre i soliti fallaci percorsi “istituzionali”. Eppure, ecco spuntare l’ennesimo cartello “rosso-verde” tra SI e Verdi ‘storici’, che – quale che sia la percentuale elettorale – sarà comunque una bolla di sapone nella contesa con interessi del grande capitale che procedono più cingolati che mai.
Noi insistiamo nel riproporre a voi, ai militanti di Fridays for Future e a quanti si sono impegnati in difesa dell’ambiente, a tornare in piazza unendo le vostre istanze, i vostri temi a quelli dell’opposizione militante alla guerra. Chiediamo di ritornare nelle piazze globali contro i governi, gli stati e le multinazionali delle guerre del capitale e della devastazione ambientale. La lotta per la difesa dell’ambiente deve essere parte integrante delle lotte dei proletari, delle lotte delle donne per i loro diritti di autodeterminazione. Non si tratta di istanze di “settore”, non si tratta di obiettivi da specialisti o da tecnici della rivoluzione ambientale: la battaglia è una sola, ed è per l’autonomia delle classi proletarie dalla borghesia e dai suoi scopi, è per l’emancipazione definitiva dal modo di produzione capitalistico.