Invitiamo a seguire il profilo di Francesco Floris (vedi qui), giornalista freelance molto stimato, che ogni giorno pubblica un post dove analizza le accuse della Procura di Piacenza contro i sindacalisti arrestati.
Un lavoro accurato, serio e preciso che merita lettura e ampia diffusione per comprendere meglio i fatti successi.
S.I. Cobas Piacenza
Piacenza, un’inchiesta razzista?
di Francesco Floris
Naturalmente risulta facile indottrinare le maestranze a forte prevalenza di migranti”.
Pagina 77 della Richiesta di applicazione di misure cautelari ai sindacalisti di SI Cobas e Usb di Piacenza.
Questa è la frase più esplicita ma tutta l’indagine, e le sue 800 pagine fra Procura e Gip, sono attraversate da una sorta di razzismo intrinseco e inconsapevole, il peggiore che esista, peraltro tipico di ampi settori della società, inclusi i sindacati e incluse le forze dell’ordine.
Quello del: tu povero migrante che non sai cosa vuoi.
Nessuno si pone una domanda: perché sarebbe più facile indottrinare i migranti secondo la Procura?
Non lo fanno perché l’unica risposta sarebbe: perché sono latinos e maghrebini.
Non ce ne è un’altra.Il problema è che l’impianto stesso diventa contradditorio: gli 8 sindacalisti sottoposti a misure cautelari – di cui il 50% maghrebini che evidentemente si sono autoindottrinati con lo Spirito Santo – continuano a ricevere supporto e consensi, anche oggi, anche dopo essere stati arrestati.
Il motivo è semplice: hanno contribuito – anche con gli avvisi di garanzia che periodicamente ricevono – a migliorare le condizioni di vita di quei lavoratori.
Non tutti i lavoratori.
Quelli iscritti al sindacato per lo più (anche se esistono degli effetti a cascata sui non iscritti quando firmi un accordo di secondo livello).
Per la Procura questa ‘cernita’ fra lavoratori sarebbe discriminazione e “rete clientelare”.
La realtà è che quando una persona prova la differenza fra vivere con 500 euro e due figli o vivere con 1.800 euro e due figli le chiacchiere stanno a zero.
A voglia a “indottrinare”, ha ben presente chi sta dalla sua parte e chi no.
Questa idea che senza che ci sia un singolo episodio di violenza coercitiva, Carlo Pallavicini (SiCobas) o Roberto Montanari (Usb) in qualità di uomini bianchi avessero il potere di obbligare centinaia di persone a tesserarsi, a rivolgersi a loro, ad andare in giro per le strade trattandoli da punti di riferimento, solo perché i lavoratori immigrati sarebbero dei poveretti incapaci di intendere e di volere fa ridere oltre ad essere profondamente xenofoba e razzista.
E questo al netto di alcuni episodi messì lì per infangare e che non costituiscono reato e non sono oggetto delle ipotesi accusatorie: per esempio le intercettazioni a carico dei sindacalisti Usb mentre 32 operai licenziati occupano il tetto della Gls (in seguito tutti reintegrati) in cui si discute di come si dovrebbero o non si dovrebbero comportare i bambini figli dei facchini durante le manifestazioni davanti ai giornalisti.
Una cosa messa lì per gettare un po’ di fango facendo passare l’idea della ‘piovra’ che tutto controlla e per far indignare le anime belle.
Come sa bene chiunque faccia il giornalista il 90% delle conferenze stampa e delle notizie che escono, anche quelle strappalacrime o che scandalizzano, sono organizzate.
Sono organizzate quelle per il Fine Vita dell’associazione Luca Coscioni, sono organizzate le interviste alla moglie che ha ucciso il marito o viceversa.
Sono organizzate le domande in conferenza stampa ai politici spesso e volentieri.
Come anche sono organizzati i dettagli di un’indagine di polizia per come escono e quando escono.
Perché chi decide di comunicare un fatto – che non è mai neutro – lo vuole fare dando a quell’evento il suo storytelling, il suo imprinting.
E questo non toglie nulla al ‘valore’ della notizia in sé.In questa indagine non c’è nessun poveretto straniero sfruttato per la sua evidentemente inferiorità intrinseca presupposta dagli inquirenti.
I poveretti sono altrove.
Per esempio chi non aspetta nemmeno 48 ore per cominciare a utilizzare l’artiglieria pesante nelle indagini dopo l’approvazione del decreto Sicurezza nel 2018.
Viene convertito in legge l’1 dicembre di quell’anno.
Il 3 dicembre partono le “attività tecniche” (intercettazioni, software spia etc.) della Digos coordinata dalla Procura di Piacenza.
Tempismo curioso, parrebbe quasi con una regia a prima vista.
Grazie al decreto Sicurezza – invocato a gran voce, e forse non solo con la voce, dai giganti della logistica, quelli che sarebbero “ricattati” e “estorti” dai sindacati di base – si può togliere il permesso di soggiorno allo straniero che mette in atto un blocco stradale per protesta.
Mettendolo nella peggior condizione di ricatto che ci sia in Italia, quella basata sul binomio lavoro-documenti che non a caso nessuno governo dal 1998 si sogna di rompere.
Se la Procura di Piacenza vuole occuparsi di poveri migranti vessati parta pure da qui.
Altrimenti arresti chi deve arrestare ma risparmiandoci almeno il buonismo da quattro soldi dei privilegiati e dei loro guardiaspalle.
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